VITA OPERATIVA DEGLI INCROCIATORI LEGGERI Classe “CONDOTTIERI”

Gruppo “RAIMONDO MOTECUCCOLI”

 

Edizioni dell’Ateneo S.p.A. – Roma

n. 4 - 1982

 

Attività nel periodo precedente la guerra

 

 

Impostato presso il Cantiere Ansaldo di Genova-Sestri il 1° ottobre 1931 e varato il 2 agosto 1934, il Raimondo Motecuccoli nella primavera del 1935 eseguì le prove in mare; venne consegnato alla Regia Marina il 30 giugno.

Minor tempo si impiegò nella costruzione del Muzio Attendolo sullo scalo dei Cantieri Riuniti dell’Adriatico di Trieste: impostato il 10 aprile del 1933 e varato il 9 settembre dell’anno successivo entrò in squadra il 7 agosto 1935.

Entrambe le unità vennero dislocate a La Spezia e perfezionarono l’allestimento e l’addestramento degli equipaggi; sull’Attendolo in particolare si imbarcarono in Arsenale i pezzi dell’armamento secondario ed antiaereo. Insieme al duca d’Aosta costituirono la 7^ Divisione Incrociatori (Ammiraglio di Divisione Salza) inquadrata nella 2^ Squadra navale.

In quel periodo, e sin dal 1928, le Forze Navali vivevano divise in due Squadre dislocate la 1^ a Taranto e la 2^ a La Spezia con zona di competenza sui rispettivi versanti della penisola; soltanto nelle grandi manovre annuali a partiti contrapposti le “due Marine” si incontravano. Nel settembre 1935 però, in vista dell’imminente guerra d’Etiopia si era istituito un designato “Comando in Capo delle Forze Navali Riunite” da imbarcare sull’Incrociatore pesante Pola, che emise norme per il combattimento uniformanti i criteri tattici ed evolutivi delle due Squadre rimaste però sulla carta e mai sperimentate. Accadde quindi che la prima riunione si ebbe a guerra iniziata il 9 luglio 1940 nel combattimento di Punta Stilo.

Una prima navigazione portò il Montecuccoli, insieme al duca d’Aosta, ad Augusta e poi a Taranto; era la fine dell’agosto 1935 e le due unità rientrarono dopo una settimana.

Successivamente il 12 ottobre scorarono una Divisione navale francese che trasportava in Marocco la salma del Maresciallo Lyautey; con mare decisamente mosso e brillante manovra incontrarono di prora le unità francesi al largo di Tolone e defilando controbordo sulla sinistra a 30 nodi accostarono ad un tempo assumendo posizione di scorta laterale, il Montecuccoli sulla sinistra e l’Aosta sulla dritta. Lasciarono la formazione in vista delle Baleari ed a causa del mare ingrossatosi ancora di più persero il contatto; dopo due giorni di navigazione nel mezzo di una violenta tempesta si riunirono a levante della Corsica.

Il 15 settembre del 1936 il Montecuccoli, unitamente alle unità della divisione ormai al completo, Eugenio di Savoia, Duca d’Aosta ed Attendolo e la Squadriglia CT “Maestrale” raggiunse Porto Ferraio dove il Capo di Governo salì a bordo dell’ammiraglia Eugenio; seguirono un trasferimento a Napoli ed un’esercitazione tattica sulla rotta di rientro a La Spezia.

Il 26 ottobre la divisione raggiunse Napoli, dopo una sosta a Gaeta, per partecipare alla rivista navale in onore dell’Ammiraglio Horthy reggente d’Ungheria.

Scoppiata intanto nel 1936 la guerra civile spagnola e deciso l’intervento italiano in favore dei nazionalisti, non tanto per motivi ideologici quanto per contrastare una rivoluzione che avrebbe reso possibile una strettissima collaborazione franco-spagnola, le unità da guerra italiane furono impiegate in crociere protettive del traffico e per evaquazione di connazionali e profughi.

In seguito poi all’azione del Comitato Internazionale di non intervento, a nazioni ufficialmente neutrali come Italia e Germania, venne affidato un compito di sorveglianza per la limitazione del traffico di materiali bellici diretti alle due parti; conseguentemente le nostre navi poterono agire protette da una veste di legalità nella direzione delineata dal Governo che nel novembre 1936 aveva firmato un protocollo segreto di appoggio militare e diplomatico alla causa nazionalista.

L’Attendolo nel luglio 1936 trasportò profughi da Malaga e Barcellona a La Spezia, eseguendo poi diverse crociere di scorta indiretta a convogli del corpo di spedizione nazionale; il Montecuccoli partecipò ad una sola crociera di protezione nel febbraio 1937.

Nel marzo dello stesso anno le unità della 7^ Divisione furono a Tripoli, dal 14 al 21, unitamente alle due Squadre in occasione di una visita del Capo del Governo alla Colonia.

Nel maggio si svolse a Napoli una seconda rivista navale in onore del Maresciallo del Reich von Blomberg; il Montecuccoli rimase a disposizione del Sottosegretario e Capo di Stato maggiore della Marina Ammiraglio Cavagnari per un giro di ispezione in Sicilia con soste a Messina, Augusta, Siracusa, Pantelleria e Trapani. Durante la navigazione come d’abitudine il comandante C.V. Da Zara ogni volta che si incontrava un piroscafo mandava l’equipaggio a posto di combattimento svolgendo un’esercitazione cinematica sul bersaglio.

Il 27 agosto 1937 tutte le unità delle due Squadre presenziarono a Genova al varo della prima delle nuove navi da battaglia, il Littorio.

Per il Montecuccoli alla fine del mese arrivò l’ordine di muovere immediatamente per l’Estremo oriente allo scopo di rafforzare la nostra stazione navale in Cina in un periodo in cui intorno giapponesi e cinesi si combattevano con pericolo per le Concessioni internazionali; la direttiva per il C.V. Da Zara era di nippofilia ad oltranza.

Con la partenza da Napoli il 30 agosto, si iniziò una navigazione di 17 giorni che portò la nave nelle acque del Woosung dopo aver attraversato il Mar Rosso durante una violenta tempesta di sabbia e soste a Porto Said, Aden, Colombo e Singapore.

L’unità aggiunse al titolo di “miglior tiratore” della Regia Marina conquistato nelle ultime esercitazioni, quello di “più valido camminatore”.

La vita a Shanghai degli addetti e dei comandanti militari stranieri si svolgeva nei grandi alberghi tra colazioni, bridge, corse di cavalli, mentre tutt’intorno crepitavano le mitragliatrici, scoppiavano le bombe e dalle terrazze illuminate per trattenimenti danzanti una folla in abito da sera osservava di notte gli incendi ed i fuochi pirotecnici della contraerea.

Dipendevano dal C.V. Da Zara, Comandante superiore navale, le navi Lepanto e Carlotto, Mille granatieri di Sardegna, il battaglione di stanza a Tientsin, la guardia navale della Legazione di Pechino ed un piccolo reparto ad Hankow. In Cina si combatteva ovunque, contro i giapponesi o in improvvisi eccessi di xenofobia; era quindi necessario proteggere gli italiani delle Dogane, delle Poste, le Missioni, i piroscafi battenti bandiera nazionale, i Consolati e partecipare al tempo stesso alla difesa di tutti i bianchi ed alla tutela dei loro interessi.

Nell’autunno, occupata Shanghai dai giapponesi, la guerra si spostò oltre lasciando in città una certa calma di retrovia.

Il 16 dicembre il Montecuccoli mosse per Sydney per presenziare il 25 gennaio alla celebrazione del 150° anniversario della fondazione dello Stato del New South Wales. In Australia era ancora vivo il ricordo della visita dell’Incrociatore leggero Diaz (C.V. Jachino) nel 1934; ovunque la colonia italiana si accalcò sulla banchina per salire a bordo, provenendo dalle più lontane località dell’interno, approfittando del sabato e della domenica che di proposito venivano inclusi nelle soste.

Da Sydney a Hobart, da Adelaide a Freemontle, da Brisbane a Melbourne, seguirono quaranta giorni in cui tutti i connazionali fecero un pieno di orgoglio e nostalgia.

Pervenne quindi l’ordine di rientrare a Shanghai via Batavia e Saigon, rifornirsi e partire per Yokoama, Giappone, con sosta a Nagasaki, Beppu e Kobe; ovunque si registrarono accoglienze trionfali e successioni ininterrotte di visite, cerimonie e ricevimenti.

Il rientro in Cina avvenne con rotta nord per poi scendere per gli stretti di Tsugaru e Tsushima; i primi di giugno videro il Montecuccoli di nuovo a Shanghai. Nell’estate seguì una crociera in Mar Giallo con sosta in porti cinesi e coreani.

Il 23 agosto si iniziarono i preparativi per il rimpatrio ma il 1° settembre con le macchine ormai in moto un contrordine rinviò la partenza in attesa di istruzioni; nel mentre il clima in città era mutato per la crisi in Europa che si ripercuoteva in tutti gli ambienti con nervosismo e perplessità nei rapporti sociali. Da Zara in assenza di ordini, decise di salpare per il Giappone unitamente al Lepanto, lasciando il Carlotto impossibilitato a muovere e dopo ave ricevuto garanzie dai giapponesi per le truppe italiane; il 29 diresse per Yokoama. In arsenale ottenne di poter far eseguire lavori di manutenzione, in special modo al rivestimento degli assi portaelica, dopodiché ritornato a Shanghai il 5 novembre mise la prora ad occidente. Singapore, Colombo, Massaua, dove incontrò il Colleoni che andava a rilevarlo in Estremo Oriente, Porto Said furono le tappe prima di Napoli ove giunse il 7 dicembre.

L’unità necessitava di ripristinare la piena efficienza e riprendere il posto in Squadra; nelle 50 mila miglia percorse in sedici mesi l’uso e la manutenzione delle apparecchiature erano stati comunque tali da non dover ricorrere ad officine o cantieri; solo due volte ad Yokoama entrò in bacino, quella già menzionata e per la pulitura della carena.

Nel mentre l’Attendolo aveva partecipato alle normali attività addestrative e preso parte alla rivista navale svoltasi in onore del Cancelliere tedesco il 5 maggio 1938. Il 5 giugno 1939 da Napoli uscì per incontrare la formazione del convoglio che riportava in patria i legionari italiani reduci dalla Spagna dove la guerra civile era terminata con la vittoria dei nazionalisti.

Nel 1939 le esercitazioni vennero intensificate ed in conseguenza della situazione internazionale nella seconda metà dell’anno si richiamarono a bordo i complementi di guerra.

 

 

ATTIVITA’ DURANTE IL CONFLITTO SINO ALL’ARMISTIZIO

 

All’inizio della guerra, il 10 giugno 1940, Montecuccoli ed Attendolo erano sempre inquadrati nella 7^ Divisione Incrociatori Leggeri con Eugenio (Ammiraglio di Divisione Sansonetti), Aosta e la 13^ Squadra CT, Granatiere, Fuciliere, Bersagliere ed Alpino; la Divisione apparteneva alla 2^ Squadra (Ammiragli di Squadra Paladini) unitariamente alla 3^ Divisione Incrociatori Pesanti (Trento – Ammiraglio di Divisione Cattaneo) ed alla 2^ Divisione Incrociatori Leggeri (Bande Nere – Ammiraglio di Divisione Casardi). Nella suddivisione organica delle Forze navali principali in quella data appartenevano alla 1^ Squadra (Ammiraglio di Squadra Campioni) sulla Nave da Battaglia giulio Cesare, la 5^ Divisione Navi da Battaglia (Conte di Cavour – Ammiraglio di Divisione Bruno Brivonesi), la 9^ Divisione Navi da Battaglia (in addestramento, Littorio – Ammiraglio di Divisione Bergamini), la 1^ Divisione Incrociatori Pesanti (Zara – Ammiraglio di Divisione Matteucci), la 4^ Divisione Incrociatori Leggeri (Da Barbiano – Ammiraglio di Divisione Marenco), l’8^ Incrociatori Leggeri (Abruzzi – Ammiraglio di Divisione Legnani).

Montecuccoli ed Attendolo ebbero una vita operativa particolarmente attiva e quasi sempre intrecciarono il loro destino con Eugenio ed Aosta.

 

 

10 GIUGNO 1940

 

Montecuccoli ed Attendolo si trovavano a Napoli con la Divisione. Con le caldaie già accese, in assemblea i comandanti avevano commentato la dichiarazione di guerra della nazione a Francia ed Inghilterra; presero il mare alle 19,10 per riunirsi all’Ip Pola, ammiraglia della 2^ Squadra proveniente da Messina e la 3^ Divisione, il mattino dell’11, spingendosi sino a nord di Favignana, in appoggio ad esplorazioni notturne e posa di mine eseguite da cacciatorpediniere della 10^ Sq “Maestrale” ed agli incrociatori leggeri del Gruppo Da Barbiano 4^ Divisione, nell’intento di contrastare eventuali forze anglo-francesi. La sera dell’11 rientrarono alla base.

 

 


 

LUGLIO-AGOSTO 1940

 

Movimenti navali legati al trasporto di truppe e materiali da Napoli e Catania a Bengasi e ad un’analoga operazione inglese verso Malta, portarono le Forze Navali italiane e quelle inglesi di Alessandria allo scontro del 9 conosciuto come “Battaglia di Punta Stilo”. La 7^ Divisione destinata anche ad assumere eventualmente la salvaguardia del convoglio unitamente alla scorta diretta in caso di presenza di forze nemiche, uscì da Palermo nel pomeriggio del 7, alle dipendenze della 2^ Squadra. Alle 01,50 dell’8 diresse sul convoglio dirottato su Tripoli; alle 07,10 in seguito al risultato negativo dell’esplorazione degli idro imbarcati, riprese la rotta per Bengasi unitamente al convoglio. Nel pomeriggio alle 19,20 dal Comandante Superiore in mare, Ammiraglio di Squadra Campioni (Nb Cesare) giunse l’ordine di lasciarlo perché ormai in zona sicura, per iniziare il rientro verso lo stretto di Messina, tenendosi sulla sinistra del grosso della flotta.

Intanto alle 22,00 Campioni ricevette da Supermarina un messaggio in cui si prevedeva la presenza della Mediterranean Fleet il pomeriggio del 9 a levante della Sicilia con intenzioni offensive e si prescriveva la riunione delle Forze navali: alle 14,00, 65 miglia a S.E. di Punta Stilo. Anche la 7^ Divisione nella prima mattina ebbe l’ordine di dirigere per il punto di riunione ed alle 09,00 le disposizioni per le posizioni da assumere una volta stabilito il contatto, in linea di fila sulla dritta delle due colonne centrali su navi da battaglia ed incrociatori pesanti, protette sulla destra dagli incrociatori leggeri della 4^ ed 8^ divisione. Questa disposizione permetteva di avere in testa sui due lati incrociatori leggeri, con compiti di esplorazione e di impegno di unità leggere e siluranti nemiche.

Verso le 13,30 le unità della 7^ Divisione vennero rilevate dalla Cesare per 210° e scambiate per Nb nemiche per l’angolo di visuale sotto cui si presentavano e per la posizione nella direzione del sole; alle 14,05 mentre erano in corso di riunione da S-S-O iniziò su rotta 10° la marcia di avvicinamento al nemico.

Il primo avvistamento fu tra le 15,05 e le 15,08 della 7^ divisione incrociatori inglese da parte della 4^ e 8^ italiane ed a quest’ultima spettò di aprire il fuoco alle 15,20; l’azione balistica durò per una decina di minuti con tiro ben diretto reciprocamente ma senza colpi a bordo se si eccettuano delle schegge sull’incrociatore Neptune. L’interruzione dell’azione fu dovuta, mentre la 7^ Divisione segnalava l’avvicinarsi del grosso inglese, all’intervento delle nostre navi da battagli ed incrociatori pesanti che intendevano impegnare il nemico senza indugi presupponendo fosse ancora in condizione di inferiorità di navi maggiori e prima che potesse tagliare la rotta per Taranto.

Alle 15,53 le Nb italiane aprirono il fuoco fino a quando l’Ammiraglio Campioni dopo che un proietto da 381 aveva colpito il fumaiolo poppiero della Cesare, decise alle 16,00 di rompere il contatto ordinando alle Squadriglie di Ct di attaccare e stendere cortine di nebbia per il disimpegno delle navi maggiori. Durante tutta l’azione le unità della 7^ Divisione non poterono aprire il fuoco perché rimaste scadute; tirarono solo con i pezzi antiaerei contro ricognitori nemici, alle 11,11 il Montecuccoli ed alle 13,44 l’Attendolo. Passato lo stretto di Messina invece di rientrare a Palermo venne loro ordinato di dirigere per Napoli ove giunsero tra le 08,25 e le 09,00 del 10.

Alle 21,00 del 13 Montecuccoli ed Attendolo, con la Divisione si trasferirono a Palermo ove rimasero ferme in porto, il 29 il secondo il 30 il primo tornarono a Napoli dopo una sosta ad Augusta, percorrendo il basso Tirreno come scorta indiretta di un convoglio per la Libia.

Fermi sino al 14 agosto, furono a Palermo il 16 ed a Brindisi il 29.

 

 

SETTEMBRE 1940

 

Supermarina era venuta a conoscenza nella giornata del 30 agosto di una complessa operazione inglese, la "Hats": il trasferimento da Gibilterra ad Alessandria di unità destinate a rinforzare notevolmente la Mediteranean Fleet, contemporaneamente all'invio da Alessandria a malta di un convoglio di rifornimenti pesantemente scortato.

Dispose quindi l'uscita in mare di tutte le forze disponibili comprese le unità della 7^ Divisione partite da Brindisi intorno alle 03,00 del 1 settembre con l'ordine di riunirsi al grosso verso mezzogiorno.

Quel mattino però il vento di intensità sempre crescente si trasformò in violenta burrasca che costrinse le navi ad uscire di formazione ed a rientrare alle basi nella mattina del giorno successivo.

Alla fine del mese gli incrociatori Liverpool e Gloucester con forte scorta avevano imbarcato 2.000 soldati per rinforzare la guarnigione di Malta; il mattino del 29 la presenza in mare delle unità avversarie venne segnalata a Supermarina che dispose l'uscita unitamente alle Navi da Battaglia dell'8^ Divisione e soltanto del Montecuccoli e dell'Attendolo della 7^. La presenta però di ricognitori unita all'insufficiente conoscenza dei movimenti avversari ed al peggioramento del tempo, suggerirono la rinuncia al contrasto dell'iniziativa avversaria.

 

 

OTTOBRE-NOVEMBRE 1940

 

Le due unità rimasero a Brindisi con un trasferimento a Taranto il 10 ottobre ed il rientro il 16.

Nella notte sul 15 del mese successivo effettuarono una crociera di interdizione e vigilanza nel basso Adriatico. Il 28 aerei nemici bombardarono il porto e le unità ormeggiate aprirono il fuoco di sbarramento; il Montecuccoli venne colpito da varie schegge senza danni rilevanti.

 

 

DICEMBRE 1940

 

Nei giorni 3 e 4 le unità della 7^ Divisione uscirono per protezione del traffico con l'Albania ed eventuale intercettazione di forze nemiche; una identica missione si ripeté dal 13 al 14. Il 18 il Montecuccoli sezionario dell'Eugenio e con la 16^ sq. Ct, Pigafetta, Da Recco, Pessagno e Riboty aggregato, effettuò un bombardamento navale contro le posizioni greche di Lukova a nord del Canale di Corfù. Aprì il fuoco alle 14,26 e venne inquadrato dal tiro di una batteria campale ricevendo a bordo numerose schegge.

Tra il 22 ed il 23 il Montecuccoli e l'Attendolo, con la scorta del Ct Folgore, Fulmine e Baleno, trasportarono a Valona truppe dell'8° reggimento di fanteria "Cuneo" e materiali, che trasbordarono sulla nave Sesia affiancata. Il 24 alle 14,30 sette aerei tipo "Bristol Blenheim" si intravidero di poppa tra i piovaschi; fatti segno a fuoco antiaereo nei momenti di visibilità scomparvero subito dopo. Diressero per Taranto il 28.

 

 

GENNAIO-APRILE 1941

 

In occasione dell'operazione "Excess" tesa a rifornire malta da Gibilterra e da Alessandria, oltre alle misure dirette ad insidiarla, la 7^ Divisione senza l'Attendolo ai lavori a Taranto e l'8^ Divisione (Abruzzi) vennero inviate tra il 10 e l'11 gennaio nel Canale d'Otranto con la 15^ sq. "Pigafetta" e la 16^ sq. "Da Recco" per la protezione del traffico con l'Albania. Si registrò un attacco di un sommergibile alla testa della formazione senza conseguenze.

Successivamente il Montecuccoli alternò le esercitazione del 29 gennaio e 1° marzo con crociere di interdizione nel Canale d'Otranto il 9 ed il 16 febbraio; a queste ultime partecipò anche l'Attendolo, rientrato a Brindisi, che ne effettuò un'altra il 6 aprile oltre ad un'esercitazione il 27 marzo.

Identico turno di lavori toccò al Montecuccoli tra il 2 marzo ed il 1° del mese successivo.

Nel marzo Supermarina elaborò un piano per la posa di mine nel Canale di Sicilia lungo la congiungente Marettimo-Capo Bon; lo sbarramento detto "S" era su diverse spezzate, S1, S2, ecc. ognuna delle quali pateva essere divisa in due o più tratte da posare anche in diverse spedizioni.

Le mine erano di fornitura tedesca ed ottenute in congruo numero dopo il convegno di Merano; la loro posa incrementava notevolmente il dispositivo offensivo-difensivo del Canale lasciando i passaggi necessari al nostro traffico con l'Africa Settentrionale.

La posa della prima spezza venne eseguita in due uscite, il 20 ed il 24 aprile; si trattò di un'operazione complessa e laboriosa, senza offesa nemica poiché in quei giorni la marina inglese era impegnata in altri settori, ma in presenza di sommergibili, aerei ed anche mine per cui si dovette perdere tempo a dragarle e distruggerle.

Parteciparono Eugenio (Amm. Div. Casardi), Aosta, Montecuccoli, Attendolo ed i Ct Da Mosto e Da Verrazzano, tutti dotati di ferroguide, con la scorta delle unità della 15^ e 16^ sq. Ct. Da Recco, Pessagno, Zeno e Pigafetta.

Il 18, a Taranto, dalle 20,00 alle 24 per sfuggire alla vigilanza di eventuali osservatori, il Montecuccoli ormeggiato alla banchina Sussistenza, l'Attendolo nel recinto B del Mar Piccolo, imbarcarono le armi in doppia fila per lato mediante le gruette laterali anche se sera stato previsto l'uso del picco di carico ed era stato tenuto pronto un pontone-biga. Alle 03,55 tutte le unità erano fuori delle ostruzioni foranee, su rotta al largo delle coste, con le mine coperte da sferzi mimetizzati a strisce bianche mentre in macchina si prestava attenta cura a non produrre fumo. Attraversato lo Stretto di Messina, ventiquattro ore dopo si trovarono a ponente di Trapani ed alle 06,52 si disposero parallele secondo lo schema previsto. Alle 07,07 le prime mine iniziarono ad essere spinte fuori bordo con le navi così disposte: Da Mosto sulla sinistra e Da Verrazzano sulla destra a distanza di 200 metri dagli incrociatori in linea di fronte, distanziati tra loro di 300 metri e nell'ordine Eugenio, Montecuccoli, Aosta ed Attendolo. Dopo 33 minuti si iniziò il rientro; in tutto furono posate 244 boe strappanti da Ct e 248 boe esplosive più 298 torpedini ad antenna dagli incrociatori; di cui in particolare 124 boe esplosive ad intervalli di 60 metri e 37 torpedini ad antenna ad intervalli di 200 metri dall'Attendolo e 75 e 37 di quest'ultimo tipo, distanziate rispettivamente di 100 e 200 metri dal Montecuccoli. Dalle 06,20 un idrovolante da r.m. assicurò la scorta antisommergibile; gli attesi aerei da caccia non decollarono da Patelleria a causa della densa foschia. L'ormeggio a Messina venne preso tra le 22,00 e le 00,30.

Alle 14,00 del 22 Eugenio e Montecuccoli scortati dal Pigafetta e Zeno diressero su Augusta arrivando alle 17,50; tra le 20,00 e le 24,00 imbarcarono 144 torpedini ad antenna ciascuno; alle 05,00 del 23 furono raggiunti da Aosta ed Attendolo con Da Recco e Pessagno, che iniziarono l'imbarco di un eguale numero di armi protrattosi sino alle 10,30 a causa di avarie alle gruette dell'Attendolo. Alle 11,20 la partenza passando a nord della Sicilia; alle 05,00 del 24 si aggiunsero Da Mosto e Da Verrazzano caricati di mine a Trapani.

La posa della seconda tratta iniziò alle 07,34 durando 86 minuti; in linea di fronte intervallati di 300 metri a lento moto procedevano da sinistra a destra Da Mosto, Da Verrazzano, Eugenio, Montecuccoli, Aosta ed Attendolo. Vennero affondate 740 torpedini ad antenna di cui 62 ad intervalli di 200 metri ed 82 ad intervalli di 150 metri sia dal Montecuccoli che dall'Attendolo.

Durante tutta l'operazione si mantennero sulle navi aerei da caccia e da ricognizione marittima per protezione dal cielo ed antisommergibile.

Il Montecuccoli con la scorta di Da Recco e Pessagno lasciò la formazione con rotta per La Spezia per un periodo di lavori che dureranno sino al 27 giugno; alle 20,00 del 24 rimase privo dei Ct ed alle 05,00 gli vennero incontro le Tp La Masa e Carini. Con pessime condizioni di tempo giunse in porto alle 12,30 del 25 ormeggiandosi al Mandracchio.

 

 

MAGGIO 1941

 

Attendolo, Eugenio, Aosta ed i Ct delle 15^ sq. E 16^ sq. Procedettero alla posa delle linee d, e, f, i, dello sbarramento di mine "T" predisposte per la difesa in profondità del porto di Tripoli; dalle 20,00 alle 23,00 del 29 aprile venne completato l'imbarco delle armi, alle 06,00 del 30 le unità avevano lasciato alle spalle le ostruzioni foranee.

Dalle 12,45 alle 14,20 la Divisione procedette in un fittissimo banco di nebbia mentre in alto era udibile il rumore degli aerei da r.m. di scorta; alle 21,05 ad 80 miglia al traverso di Malta intenso fuoco antiaereo e fiammate di bombe rivelavano un attacco sull'isola. All'alba del 1° in condizioni di limitata visibilità per la foschia, venne avvistata la Tp Partenope dislocata a cura di Marisicilia sull'estremo nord-ovest della linea f; fatto il punto dalle 10,52 alle 12,27 si svolsero le operazioni di posa, in presenza di caccia e bombardieri della scorta. Sulla rotta di rientro l'Attendolo con Da Recco e Pessagno si distaccò per dirigere su Messina ove giunse alle 09,15 del 2; il resto della Divisione alle 06,30 era in porto ad Augusta.

Partecipò poi con la Divisione dal 4 al 7 ad una missione per coprire il movimento di due convogli, sette mercantili da Napoli a Tripoli e cinque da Tripoli a Napoli, ciascuno con scorta diretta di Ct e Tp; da Taranto uscì poi per esercitazioni il 22.

 

 

GIUGNO 1941

 

Dal 2 al 4 proseguì la posa dello sbarramento "T" con le rimanenti linee b, c, h, ha, hb; l'Attendolo vi prese parte per la Divisione, con gli incrociatori leggeri Bande Nere e Di Giussano provenienti da Augusta ed i Ct della 15^ sq. e 16^ sq.. La sera del 1° dalle 21,00 alle 24,00 solite operazioni di imbarco, poi alle 05,00 del 2 tutte le unità navigavano già fuori Taranto su rotta di sicurezza e zigzagando a 18 nodi. Alle 10,05 del 3 si avvistò la Torpediniera Castore uscita da Tripoli e poco dopo, con due ore di ritardo sulla tabella di marcia a causa della limitata velocità tenuta per un'avaria alle macchine del Da Mosto, si iniziò ad affondare le armi. Era assente la scorta aerea non decollata dai campi africani per forte ghibli. L'Attendolo posò 88 torpedini ad antenna sulla linea c; in totale completarono la posa 366 torpedini e per scopo antidragante 221 boe esplosive e 245 boe strappanti.

Lo sbarramento "T" conseguì un notevole risultato il 19 dicembre dello stesso anno quando vi incappò la forza "K" inglese, 3 incrociatori e 3 cacciatorpediniere, con perdita di due unità ed il danneggiamento di altre due.

Il 26 l'Attendolo unitamente all'Aosta ed i Ct della 15^ e 16^ sq. si trasferì ad Augusta arrivandovi alle 06,40 del 27 percorrendo le 276 miglia in 16 ore e 50 minuti. I Ct Pigafetta e Pessagno proseguirono per Trapani dove imbarcarono 101 torpedini ad antenna tedesche, con il resto dei Ct, alle 12,20, un'ora prima del previsto per un attacco aereo sulla piazzaforte, si portarono ancora una volta sul punto prestabilito nel Canale di Sicilia per il proseguimento dello sbarramento "S", raggiunti dai Ct da Trapani, dalle 06,54 alle 07,32 del 28 si liberarono delle armi secondo gli schemi previsti.

 

 

LUGLIO 1941

 

Il 1° la 7^ Divisione era a Messina per tornare ad Augusta il 6; Attendolo ed Aosta dovettero rinviare di qualche giorno la missione per la terza spezzata dello sbarramento "S" per le cattive condizioni del mare; salparono alle 13,30 del 6 con 146 armi ciascuno raggiunti da Bande Nere e Di Giussano con 130, Pigafetta e Pessagno con 92 per unità. Durante l'operazione manovrarono secondo schemi più complessi del solito, dato che sulla terza e quarta linea dovevano deporre le torpedini prima i Ct e poi gli incrociatori senza soluzione di continuità nel ritmo e nell'equidistanza; dimostrarono un ormai collaudato addestramento ed affiatamento in operazioni di precisione spesso attuate in presenza di scarsi elementi per la determinazione della posizione ed in zone insidiate da possibili offese nemiche.

Per tutto il mese l'Attendolo rimase in porto uscendo per esercitazioni il 26.

Il Montecuccoli terminati i lavori e successive prove di macchina e delle artiglierie il 26 era a Palermo continuando l'addestramento, il 19 uscendo aggregato alla 8^ Dvisione; con questa, il Garibaldi (Amm. Div. Lombardi) e Ct Granatiere e Bersagliere prese il mare alle 22,30 del 27 in presenza di notizie su movimenti di forze navali di superficie inglesi nel Mediterraneo centrale. I Ct di scorta risultarono decisamente pochi per due unità in zone insidiose, ma gli altri due Ct della squadriglia, Fuciliere ed Alpino erano stati distaccati per scorta convogli data la penuria di unità leggere.

Nella notte del 28 e per tutto il giorno la Divisione prese contatto con diversi convogli nazionali e non essendo state segnalate navi nemiche diresse per il rientro, alle 19,55 a 9,5 miglia al traverso da Marettimo il Garibaldi venne silurato a prora sulla dritta ed il Montecuccoli accostò rapidamente a sinistra evitando altri due siluri di cui si distinsero le scie, allontanandosi ed ormeggiandosi a Palermo alle 00,30 del 29. I Ct Fuciliere ed Alpino raggiunsero il Garibaldi portandoli in salvo.

 

 

AGOSTO 1941

 

Il 4 l'Attendolo raggiunse il Montecuccoli, partecipando il 6 ed il 18 ad esercitazioni con l'Abruzzi (Amm. Div. Lombardi), 8^ Divisione.

Il 21 Supermarina venne a conoscenza di un'imminente uscita delle Forze "H" da Gibilterra e predispose un'attività di vigilanza di smg e Mas nel Canale di Sicilia, il completamento della quarta spezzata dello sbarramento "S" mediante Ct, il dislocamento di 2 navi da battaglia, 4 incrociatori pesanti e 23 cacciatorpediniere nel medio Tirreno, il rinforzo di aerei ai reparti da r.m. dislocati in Sardegna e l'approntamento al moto dell'8^ Divisione con 5 Ct. a Palermo dalle 05,00 del 24.

L'operazione inglese "Mincemeat" si prefiggeva un attacco ad impianti industriali e foreste di sughero  nel nord della Sardegna, la copertura a distanza di posa di mine nelle acque di Livorno, un'azione dimostrativa lungo le coste spagnole per influire sull'atteggiamento di quella nazione, pressata dalla Germania a schierarsi a fianco dell'Asse.

L'8^ Divisione alle 05,30 del 24 diresse verso La Galite; alle 10,41 i Ct Folgore e Fulmine segnalarono l'avvistamento di un sommergibile e poco dopo tre scie di siluri si evitarono con la manovra. Poco dopo che l'Attendolo ebbe catapultato l'idro a scopo esplorativo alle 16,00, venne ordinato alla Divisione di accostare per una possibile riunione con la 9^ e 3^ Divisione, ma arrivò il contrordine di raggiungere la base nelle prime ore del 25.

La forza "H" nel frattempo svolse parzialmente il programma stabilito mantenendosi nelle acque tra la Sardegna e le Baleari eludendo le forze uscite per intercettarla.

 

 

SETTEMBRE 1941

 

Il 7 aerei nemici bombardarono Palermo e specialmente il porto; un grappolo di bombe cadde nei pressi del Montecuccoli e diverse schegge investirono le sovrastrutture; le unità reagirono con fuoco di sbarramento e tiro puntato. Il 9 l'unità si trasferì a Messina e poi a Taranto il 10.

Le incursioni su Palermo si ripeterono il 9, il 12 ed il 14 e l'Attendolo partecipò sempre al tiro difensivo. Il 25 seguì l'Abruzzi e la 10^ sq. Ct Maestrale, Grecale e Scirocco, a La Maddalena per essere pronti a contrastare l'operazione "Halberd", anche adesso uno svolgimento di molteplici azioni diversive per confondere le idee celava l'intento di far passare un convoglio fortemente scortato con rifornimenti per Malta. Il contrasto da parte italiana risultò sterile poiché le nostre forze navali restrinsero il campo d'azione alla copertura aerea assicurata dai reparti presenti in Sardegna.

Da La Maddalena l'8 Divisione raggiunse la 9^ e la 3^ Divisione alle 12,00 del 27, 50 miglia a levante di Capo Carbonara; dopo ricerche infruttuose la formazione si sciolse e l'8^ fù a Messina alle 08,00 del 29. Il pomeriggio precedente alle 17,22 dall'Attendolo si avvistarono scie di siluri a cui seguì una repentina accostata sulla sinistra imitata dal Montecuccoli che vide un siluro passare a 20 metri sulla dritta seguito da un secondo pochi istanti dopo; dalle navi si lanciarono b.t.g. a scopo difensivo.

 

OTTOBRE-NOVEMBRE 1941

 

Il 1° l'Attendolo con l'8^ Divisione si trasferì a Taranto; tranne che per un'esercitazione l'8 rimase fermo in porto sino al 28 del mese successivo.

Dopo un così lungo ciclo operativo agli equipaggi venivano concessi un po’ di riposo e brevi licenze, mentre sulle navi si approfittava per eseguire lavori di ordinaria manutenzione.

Era stato nel mentre previsto di affondare ad iniziare dal settembre uno sbarramento "B" per la difesa in profondità del porto di Bengasi, simile al "T"; per lo scopo, tutta l'area interessata era stata dragata dagli ordigni depositati dall'inizio della guerra e la data di inizio poi spostata all'ottobre. Il Montecuccoli con gli incrociatori della 7^ e 6^ Ct lasciò Taranto alle 03,40 del 12 con le armi allineate sulle ferroguide, ma alla mezzanotte successiva la nostra ricognizione aerea segnalò una poderosa formazione inglese su rotta di intercettazione e la Divisione ormai scoperta rinunciò alla missione; questa non venne poi più attuata poiché la battaglia dei convogli era entrata nel periodo più acuto ed assorbiva l'attività delle navi disponibili.

La distruzione del Convoglio "Maritza" il 23 novembre da parte della Forza "K" di Malta ed il mancato intervento dell'aviazione tedesca dalla Grecia, imposero una battuta d'arresto ai traffici con la Libia ed una riflessione sulle misure da prendere per i rifornimenti da convogliare in Africa Settentrionale dove l'offensiva britannica era in pieno svolgimento.

Tra il 28 ed il 30 venne deciso di far partire i piroscafi già carichi in attesa nei porti, Brindisi, Taranto, Argostoli, Trapani oltre ad un certo numero di Ct classe "Navigatori" carichi in coperta di fusti e lattine di carburante. A protezione oltre alla scorta diretta, mosse una forza navale composta dalla Nave da battaglia Duilio (Amm. Div. Giovanola, comandante superiore in mare), l'8^ Divisione con il Garibaldi e 2 Ct della 13^ sq. e la 7^ Div con Aosta (Amm. Div. De Courten), Montecuccoli, Attendolo ed i Ct della 11^ sq. Aviere, Geniere e Camicia Nera.

La 7^, punta avanzata dello schieramento, lasciò Taranto alle 12,00 del 29 e si dislocò a metà strada sulla via per Bengasi; alle 17,23 si avvistarono dal Montecuccoli scie di siluri che si evitarono accostando, ma in seguito all'avvistamento confermato anche da ricognitori uscirono da Malta 4 incrociatori leggeri della Forza "H" e "K" con 3 Ct, a loro volta avvistate da un sommergibile italiano.

La 7^ si mosse per porsi ad immediato contatto della Mn Veniero, l'unità più preziosa e più esposta a levante di Malta; alle 19,00 però le unità italiane ricevettero l'ordine di rientrare lasciando motonavi, piroscafi e petroliere alle siluranti della scorta diretta ed alla buona sorte. La triste esperienza di Matapan, la distruzione notturna di convogli, limitavano il raggio d'azione delle nostre unità da guerra, ritenute da Supermarina pericolosamente esposte e prive di capacità di reazione nelle ore notturne, se di fronte a navi dotate di radiolocalizzatore.

Se gli incrociatori italiani raggiunsero Taranto alle 11,20 del 1° dicembre e la Mn Veniero entrò a Bengasi alle 07,00, le Forze "H" e "K" rimasero padrone del campo colando a picco la Mn Adriatico, la preziosa pt Mantovani e l'eroico Ct Da Mosto che per difenderla mise la prua sul nemico, e bombardieri ed aerosiluranti affondavano il p.fo Capo Faro difeso dal fuoco antiaereo della sola torpediniera di scorta.

 

 

DICEMBRE 1941

 

Resasi acuta la necessità di rifornimenti in Libia, Supermarina pianificò una complessa operazione denominata "M.41" per portare otto mercantili suddivisi in tre convogli da Napoli a Tripoli e da Navarrino ed Argostoli a Bengasi, tra il 12 ed 13, il siluramento di due piroscafi mentre si trasferivano da Messina ad Argostoli da parte di un sommergibile, ridusse poi i convogli a due. Oltre alle siluranti della scorta diretta doveva prendere il mare un gruppo di sostegno per il primo convoglio con la nave da battaglia Duilio (Amm. Sq. Bergamini), l'incrociatore pesante Gorizia e l'8^ Divisione con Garibaldi (Amm. Div. Lombardi) e Montecuccoli; un gruppo di sostegno per il secondo convoglio con la 7^ Divisione su Aosta (Amm. Div. De Courten) ed Attendolo più la nave da battaglia Doria. Un gruppo di appoggio con le navi da battaglia Littorio (Amm. Sq. Jachino, comandante superiore in mare) e Vittorio Veneto e 4 Ct doveva tenersi tra i due gruppi per intervenire a contrastare eventuali azioni di superficie nemiche.

Le partenze iniziarono per come previsto nel pomeriggio del 13 quando segnalazioni su ingenti forze navali inglesi in mare indussero Supermarina a sospendere l'operazione. Le informazioni si rivelarono però infondate in quanto soltanto 4 incrociatori leggeri erano usciti da Alessandria, ma la sospensione venne dettata anche dall'insufficienza numerica dei Ct di scorta, dalla non puntuale osservazione aerea e per il ferraginoso frazionamento delle unità maggiori in gruppi di appoggio e sostegno.

Alle perplessità si aggiunse il siluramento del Vittorio Veneto sulla rotta Napoli-Taranto.

I convogli ripresero il mare il 16 pomeriggio con diversa organizzazione e denominazione "M.42".

Alle 3 Mn e 6 Ct per Tripoli ed alla Mn per Bengasi con 1 Ct ed i Tp, si pose ad immediato contatto un gruppo di sostegno con la nave da battaglia (Nb) Duilio (Amm. Sq. Bergamini) e la 7^ Divisione da levante. Un gruppo di appoggio con le Nb Littorio (Amm. Sq. Jachino, comandante superiore in mare), doria e Cesare, gli incrociatori pesanti (Ip) Gorizia e Trento e 10 Ct doveva con ampi zigzagamenti procedere con direttrice sud mantenendosi a levante dei convogli. Contemporaneamente vennero dislocati nel Mediterraneo centro-orientale 6 smg; si presero accordi con Superaereo ed il comando dell'aviazione tedesca per la difesa antiaerea ed antisom; si predispose un vasto rastrellamento antisommergibile nel golfo di Taranto ed infine si affondarono mine mediante cacciatorpediniere al largo della Tripolitania ad integrazione degli sbarramenti esistenti.

La contemporanea esigenza di rifornire di carburante Malta portò in mare anche forze navali inglesi; il reciproco contrasto diede luogo allo scontro detto della "Prima Sirte", i convogli italiani e la petroliera raggiunsero le previste destinazioni. Montecuccoli ed Attendolo rientrarono a Taranto intorno alla mezzanotte del 19.

In quella stessa notte lo sbarramento "T" decimò la forza "K" di Malta e le Nb Valiant e Queen Elisabeth vennero gravemente danneggiate a Malta dai S.L.C. della X MAS.

 

 

GENNAIO 1942

 

Si volle subito ripetere il successo con l'operazione "M.43" per convogliare su Tripoli, dato che Bengasi era ormai investita dall'offensiva in atto, 5 modernissime motonavi ed 1 motocisterna. Ai mercantili era affiancata una scorta diretta di 7 Ct e 5 Tp ed un gruppo di scorta maggiore con la Nb Duilio (Amm. Sq. Bergamini), Gli Il della 7^ (Amm. Div. De Courten) Aosta, Montecuccoli, Attendolo ed aggregato il Garibaldi, 4 Ct.. Un gruppo di appoggio a distanza comporendeva le Nb Littorio (A. Sq. Jachino, comandante superiore in mare), Doria, poi rientrata per avaria, Cesare, gli Ip Gorizia (Amm. Div. Parona) e Trento, 8 Ct..

La novità consisteva nel fatto che il gruppo di scorta maggiore doveva integrarsi con i convogli sino a costituire un'unica formazione; la presenza di una Nb conferiva alla scorta diretta una decisa superiorità sia di giorno che di notte di fronte ad incursioni di formazioni nemiche leggere. I rischi che le grosse navi correvano incorporate nei convogli, da parte di sommergibili ed aerei, era il prezzo da pagare, nelle tesi dell'Amm. Bergamini fautore del sistema, alla primaria esigenza di portare rifornimenti in Tripolitania.

Al gruppo di appoggio rimaneva il compito di intervenire contro l'eventuale interferenza del grosso della Mediterranean Fleet.

All'operazione assicuravano la scorta aerea la Regia Aeronautica, il II CAT dalla Sicilia ed il X CAT dalla Grecia; 11 Smg furono poi dislocati sulle rotte di prevista provenienza di unità nemiche da Malta ed Alessandria.

La "M.43" si concluse felicemente; Montecuccoli ed Attendolo salpati intorno alle 16 del 3 rientrarono verso le 17 del 6.

Un secondo grande convoglio venne organizzato due settimane dopo da Napoli, Messina e Taranto, con quattro moderne Mn cariche di materiali bellici ed una quinta, la Victoria, bella e veloce, con truppe italiane e tedesche, e 6 Ct e 2 Tp. Il gruppo di scorta oltre alla Nb Duilio (Amm. Sq. Bergamini, comandante superiore in mare) comprendeva la 7^ Div. Aosta (Amm. Div. De Courten), Attendolo, Montecuccoli e 4 Ct. Inoltre 8 Smg presero posizione nelle acque a levante di Malta e tra Creta e la costa della Cirenaica; forze aeree italiane e tedesche parteciparono velivoli da r.m., a.s. e caccia.

Due Mn uscirono da Messina alle 08,00 del 22 con la scorta diretta, raggiunte nello Stretto da altre due provenienti da Napoli; la 7^ Div. Salpò da Taranto alle 11,00 del 22, la Duilio e la Mn Victoria alle 17. L'operazione "T.18" era avviata.

La riunione delle forze si prevedeva per il pomeriggio del 23 su di una rotta a 190 miglia a levante di Malta, distanza ritenuta superiore al raggio di azione degli aerosiluranti dell'isola.

Alle ore 14,50 del 22 un sommergibile lanciò due siluri che esplosero per fine corsa nelle vicinanze degli incrociatori della 7^ Div., alle 16,15 del 23 Montecuccoli ed Attendolo con le altre unità aprirono il fuoco contro aerei che bombardavano il convoglio; un'ora più tardi aerosiluranti misero a segno un lancio sulla Victoria, Aviere, Camicia Nera ed Ascari salvarono 1.046 uomini sui 1.400 imbarcati prima che un secondo siluro affondasse la nave immobilizzata.

Alle 17,44 il Montecuccoli lanciò b.t.g. contro un sommergibile ed altrettanto ripeté dopo un avvistamento di periscopio nella mattina dell'indomani; durante la notte si reagì contro accaniti attacchi aerei con fuoco di sbarramento, manovra e nebbia artificiale. Tutti i mercantili raggiunsero indenni Tripoli. Montecuccoli ed Attendolo alle 15,30 del 25 erano a Taranto; il secondo vi rimaser fermo sino al 6 aprile.

 

 

FEBBRAIO-MARZO 1942

 

La necessità di rifornire Malta indusse gli inglesi a predisporre due convogli simultanei, da Alessandria all'isola e viceversa, con 1 petroliera e 5 p.fi scortati da 5 Il e 21 Ct; i moviemnti si svolsero intorno alla metà di febbraio e divennero fallimentari per l'azione di contrasto delle forze aeree italo-tedesche, bombardieri ed aerosiluranti.

Uscirono il 14 da Taranto la Nb Duilio (Amm. Sq. Bergamini, comandante superiore in mare), la 7^ Div. Aosta (Amm. Div. De Courten) con l'8^ Sq. e la 13^ Sq. Ct; da Messina la 3^ Div. Gorizia (Amm. Div. Parona) e Trento con l'11^ Sq. Ct. La Duilio dopo poco più di un'ora di moto venne fatta rientrare poiché a Supermarina si era certi della mancanza di similare unità nemica; alle 09,20 del 15 le due divisioni incrociatori si riunirono dirigendo verso il Golfo della Sirte incrociando in una zona a sud-est di Malta, ma informati che i mercantili inglesi erano stati affondati o danneggiati, dirottati e non più intercettabili, alle 18,30 si misero sulla rotta di ritorno separandosi a 150 miglia circa al traverso di Siracusa. Il Montecuccoli si ormeggio in Mar Piccolo alle 19,00 del 16 e rimase fermo sino al 7 del mese successivo.

La mancata intercettazione del convoglio da parte delle navi era da imputarsi alla loro tardiva uscita con 24 ore di ritardo; già dal pomeriggio del 13 però Supermarina aveva già apprezzato con sufficiente precisione i movimenti nemici. E' insostenibile imputare alla penuria di nafta la preoccupazione di fare uscire le navi maggiori solo in occasioni ritenute indispensabili e certe; le scorte di combustibile erano nella realtà nono tanto insufficienti quanto suddivise nei depositi di oltre trenta porti per cui in mancanza di una adeguata organizzazione logistica risultarono carenti laddove servivano e viceversa.

Dal 7 al 10 marzo si attivò una complessa operazione denominata "V.5" era lo scambio nella formazione in mare aperto tra le Mn che andavano e quelle che rientravano; i movimenti non sfuggirono alla vigilanza aerea inglese il giorno 9, cui seguirono attacchi di aerosiluranti e Smg e la tentata intercettazione da parte di una formazione di incrociatori. I due convogli raggiunsero indenni le destinazioni.

Il Montecuccoli lasciò Taranto alle 17,50 del 7; alle 09,31 del 9 avvistò un periscopio contro cui tirò con i pezzi da 100 mm.; ed immediatamente dopo scie di siluri che evitò con la manovra. Alle 16.31 fatto segno da attacchi di aerosiluranti aprì nuovamente il fuoco; riprese l'ormeggio alle 22,00 del 10, mantenendo sino alla fine del mese.

 

 

APRILE 1942

 

Il 7 l'Attendolo si trasferì a Napoli, con sosta a Messina, per grandi lavori sino al 9 luglio.

Dal 2 al 4 si svolse con l'operazione "Lupo" la navigazione di 6 Mn con scorta diretta di 8 Ct e 2 Tp. Per Tripoli con scorta di copertura dell'Eugenio e 2 Ct secondo le fonti ufficiali; vi dovette però partecipare anche il Montecuccoli come risulta dall'estratto del diario di guerra. Vi si legge infatti : partenza da Taranto ore 17,30 del 2 per scorta convoglio diretto in Libia; rientro alle 18,40 del 4; ore di moto 49,10; miglia percorse 969.

 

 

MAGGIO-GIUGNO 1942

 

In seguito allo scontro del 22 marzo noto come "Seconda Sirte" giunse a Malta solo un quarto dei rifornimenti inviati; la situazione diveniva sempre più preoccupante aggravata dall'effetto delle incursioni aeree italo-tedesche condotte a ritmo martellante. Contemporaneamente il traffico italiano con la Libia continuava quasi indisturbato e le perdite subite dalla Mediterranean Fleet impedivano azioni di disturbo in superficie.

Si prevedeva possibile la resistenza di Malta sino a tutto maggio; poi sarebbe stato indispensabile un tentativo di rifornimento in forze; da queste premesse trasse origine la vasta operazione da denominata "Mezzo Giugno".

Il 2 maggio l'Eugenio (Amm. Div. Da Zara), il Montecuccoli e 2 Ct si portarono a Messina ed il 14 a Cagliari per essere pronti ad intercettare forze leggere avversarie qualora avessero tentato di raggiungere Malta; un'uscita per falso allarme si ebbe il 29.

Prendeva contemporaneamente corpo l'operazione inglese; il 2 giugno giunsero a Supermarina prima da Gibilterra poi da Alessandria le prime informazioni di movimenti di trasporti ed unità da guerra, avvisaglie della complessa "Vigorous-Harpoon". A contrastare l'"Harpoon" sviluppata da ovest con 1 Nb, 2Pa, 4 Incr., 17 Ct, 4 Smg e naviglio minore, di scorta a 6 P.fi ed 1 Pt vennero destinati la 7^ Div. Con Eugenio, Montecuccoli e 7 Ct, 13 Smg per agguati sulle possibili rotte, Tp e MAS; contro la "Vigorous" su 8 Incr., 26 Ct, 18 Smg e naviglio minore con 11 P.fi, mosse il grosso delle Forze Navali italiane con 2 Nb, 2 Ip, 2Il, 12 Ct.

Il 13 alle 16,00 circa la /ì Div. (Amm. Div. Da Zara) diresse da Cagliari a Palermo arrivando alle 08,30 del giorno successivo; durante la navigazione alle 18,41 si udire tre forti scoppi subacquei dovuti alla fine corsa di siluri lanciati da un sommergibile.

Le unità con ormeggio provvisorio e pronte a muovere si rifornirono al massimo di acqua e nafta; nella mattina tutti i comandanti si recarono sull'Eugenio a rapporto con l'ammiraglio. Alle 19,00 sulla coperta delle navi gli equipaggi con il giubetto di salvataggio indossato erano a posto di manovra. Il Montecuccoli si scostò per primo dalla banchina seguito dalle altre unità ed appena in mare aperto si lasciò scadere accodandosi all'Eugenio; dei cacciatorpediniere >eno e Gioberti tornarono indietro per avaria alle macchine, in testa si portarono Ascari ed Oriani, sulla dritta Vivaldi e Malocello, sulla sinistra il Premuda. Il mare era calmissimo, il cielo stellato e l'atmosfera chiara; alle 2,00 due bengala piovvero dal cielo illuminando il mare di luce rossastra. Alle 03,00 superata l'isola di Marettimo in direzione di Capo Bon si scorsero vampe di cannonate, reazione agli attacchi notturni di aerei e Mas al convoglio; alle 04,00 si delineò all'orizzonte Pantelleria.

Gran parte dell'equipaggio durante la notte era stata lasciata libera di riposare, riposo relativo, "a murata sul posto" in gergo, che significava dormire sul ponte pronti alla chiamata improvvisa. All'alba, alla brezza fresca del mattino la vita di bordo si rianimò; mentre circolava il caffè caldo tutti indossarono indumenti puliti perché la biancheria sporca poteva infettare in caso di ferite. Il Ro.43 accese il motore ed alle 05,10 venne battuto il posto di combattimento generale scandito dalla cornetta e propagato attraverso gli altoparlanti.

Stava per avere inizio lo scontro detto di "Pantelleria" che si sarebbe protratto per circa dieci ore con varie fasi ed intervalli.

Alle 05,33 si avvistarono sulla dritta alla distanza di circa 20.000 metri unità sospette, stimate per un incrociatore leggere e tre o quattro cacciatorpediniere in linea di fronte, scorta avanzata di un altro incrociatore e di un gruppo di mercantili ed altre siluranti. Nella realtà le unità scambiate per incrociatori essendo più grandi delle altre, erano due Ct, il Bedouin della classe "Tribal" ed il Partridge della classe "Pakenham". Alle 05,35 con un rombo di motore avviato al massimo il Ro.43 decollò passando sulla sinistra puntando poi verso il nemico per segnalarne i movimenti; tre minuti più tardi sul Montecuccoli filante a 28 nodi si alzo la bandiera di combattimento aprendo il fuoco con i 152 mm alla distanza di 19.800 metri sul Partridge, sempre identificato come incrociatore, inquadrandolo già alla 3^ salva e mantenendo il munizionamento a codetta luminosa predisposta per la notte, perché il giorno permetteva di seguire il tiro e correggerlo. Alle 05,44 la velocità salì a 32 nodi per serrare le distanze, tanto è che alle 06,15 entrambi  i caccia in testa alle rispettive squadriglie vennero colpiti ed un colpo cadde sulle sovrastrutture dell'Il Cairo riunitosi ai Ct dopo aver occultato il convoglio con cortine di nebbia; sul Montecuccoli un proiettile di medio calibro esplose nel quadrato ufficiali lanciando schegge nel sottostante ospedale di combattimento e nel locale caldaia n. 5, in macchina di poppa ed in coperta, causando otto feriti di cui cinque gravi.

Si accese quindi una mischia a distanza variabile tra i 4.000 ed i 5.000 metri, con i Ct inglesi che impiegarono anche le mitragliere, e dall'unità si lanciarono due siluri evoluendo nel contempo per evitare quelli avversari; numerosi proiettili scoppiarono vicini provocando proiezioni di schegge sulle fiancate e sull'ala di plancia di dritta, oltre a forti incappellate d'acqua. In breve le unità avversarie si dispersero scadendo.

Alle 06,17 Montecuccoli ed Eugenio senza i Ct, tutti inviati in soccorso del Vivaldi danneggiato ed in preda ad incendio, puntarono a forte velocità sui piroscafi, obiettivo principale, in rotta verso nord e completamente fuori vista. La ricerca durò sino alle 11,23 quando si avvistarono alte colonne di fumo, segno che gli aerei italo-tedeschi erano andati a segno sul convoglio; alle 12,59 si riaprì il fuoco contro due unità che si intravedevano nella densa foschia e che non erano che il Bedouin a rimorchio del Partridge; poco dopo quando entrambi scomparvero alla vista tra cortine di fumo si unì una forte esplosione; un'aerosilurante "S.79" aveva centrato il Bedouin. Tre quarti d'ora dopo si continuò a battere il caccia superstite che riuscì a scadere; alle 14,20 dall'Eugenio si segnalò di dirigere per il ritorno su Napoli ove si affiancarono alle banchine alle 11,00 del 16. Sulla rotta del rientro nel primo pomeriggio le unità evitarono zigzagando bombe e siluri di aerei; dei Ct erano rimasti Malocello, Ascari ed Oriani, il Vivaldi era in salvo a Pantelleria ed il Premuda in porto a Trapani. Per alcuni giorni si susseguirono sulle navi cerimonie e consegne di ricompense; poi il Montecuccoli venne immesso in bacino per riparare i danni riportati, sino al 17 di luglio.

L'azione che Eugenio e Montecuccoli svolsero nella mattina per circa due ore evidenziò l'alto grado di addestramento e spirito combattivo degli equipaggi; da sempre a bordo si preparava lo scontro con il nemico con continue e metodiche esercitazioni. Le due unità senza l'appoggio dei cacciatorpediniere evoluirono con sincronismo in continue accostate ad alta velocità rivelatasi come sempre contro qualsiasi forma di pericolo un fattore importante per sventarlo; l'azione si svolse con decisione ed in situazioni di vera e propria mischia in mezzo  a cortine di nebbia emesse da entrambi le parti che rendevano difficili l'esatta valutazione dei movimenti avversari ed il riconoscimento delle unità. Spararono complessivamente circa duemila colpi attirandone il triplo ed almeno quaranta siluri. Unico neo si rivelò l'imprecisione o meglio il risultato del tiro a causa principalmente delle deficienze del nostro munizionamento.

Fù veramente una delle poche occasioni in cui nostre unità poterono lanciarsi in un'azione di attacco e caccia svincolati da remore o indugi abituali.

Nel complesso "Mezzo Giugno" rappresentò un successo strategico delle forze aeronavali dell'Asse. Gli inglesi persero 1 incr., 3 Ct, 2 P.fi ed ebbero danneggiato 3 incr, 3 P.fi; secondo la stima delle Forze Aeree e del Comando Marina tedesco le perdite risultarono invece notevolmente superiori. La Marina italiana ebbe l'Ip Trento affondato e la Nb Littorio danneggiata da siluro.

 

 

LUGLIO 1942

 

L'Attendolo ultimati i lavori uscì per prove il 10, l'11 ed il 21 con esecuzione di tiri a 2^ e 3^ carica contro maniche rimorchiate e catapultamento dell'idro; durante le prove a 3/4 di potenza del giorno 11 si verificò in macchina, nel locale caldaia n. 5, un'esplosione in corrispondenza di un tubo principale del vapore con leggera deformazione del rivestimento della caldaia e lo sconvolgimento della platea; si ebbero nove ustionati di cui quattro gravi. I danni vennero riparati in fretta tanto che nelle prove del 21 ci si lanciò in spunti di 32 nodi.

Il fallimento pressoché totale di "Metà Giugno" nel rifornire Malta, ne prolungò la situazione precaria per mancanza di viveri e munizioni. Solo il posamine veloce Welshman nella metà del mese poté raggiungere l'isola e per aumentare le possibilità di riuscita una serie di bombardamenti aerei colpì Cagliari per prevenirvi una dislocazione della 7^ Divisione Supermarina decisa ad intercettarlo sulla rotta di ritorno a Gibilterra oltre a disporre agguati di Smg e Mas, fece uscire da Napoli Eugenio e Montecuccoli il 18; dopo aver incrociato nelle ore notturne nelle acque a sud della Sardegna ricevettero l'ordine di raggiungere Cagliari dopo che il Welshman alle 09,20 del 19 era stato segnalato da un ricognitore fuori portata ed in salvo nonostante attacchi di aerosiluranti e bombardieri in picchiata.

L'Ammiragliato inglese pose allora allo sstudio l'organizzazione di un altro convoglio poderosamente scortato, partendo solo da Gibilterra rinunciando a muovere contemporaneamente da Alessandria dopo l'esperienza di giugno.

 

 

AGOSTO 1942

 

Ai primi del mese Supermarina ricevette informazioni sulle intenzioni e sull'attività avversaria; il 10 notizie più dettagliate delinearono i contorni dell'operazione "Pedestal" e si iniziarono a prendere le più opportune misure. A contrasto di 2 Nb, 4Pa, 7 incr., 34 Ct, 8 Smg e naviglio minore di scorta a 14 P.fi e 2 Pt vennero disposti: intensificazione della ricognizione marittima, perfezionamento degli sbarramenti offensivi di mine nel Canale di Sicilia mediante Ct, agguati con 10 Ms, 13 MAS e 20 Smg, impiego di forze navali di superficie e precisamente la 3^ e la 7^ Divisone. All'8^ Div. Dislocata a Navarrino si affidava l'eventuale intercettazione di unità provenienti da Alessandria.

Il mattino del 12 però un sommergibile tedesco segnalò nel Mediterraneo orientale 4 incrociatori e 10 Ct con rotta apparente su Malta ed a Supermarina si ipotizzò che un'aliquota del grande convoglio fosse destinata a proseguire per l'Egitto o che le unità agissero a scopo diversivo: conseguentemente la 3^ Div. Fu destinata in appoggio all'8^. Da Cagliari e Messina le nostre unità di superficie si mossero alle 20,00 del giorno 11, 7^ Div., ed alle 09,40 del 12 la 3^ Div..

L'Attendolo uscì da Napoli alle 09,30 del 12 per riunirsi alla 7^, scortato dalle Tp Circe e Papa; dopo circa un'ora eseguì una serie di tiri di esercitazione con il calibro principale a 3^ carica contro bersaglio rimorchiato, zigzagando in direzione sud-ovest alle 14,00 avvistò la 7^ Divisione e lasciate libere le Tp prese posto in formazione; alle 00,33 del 13 tutte le unità evoluirono per evitare i siluri di un attacco aereo.

All'Attendolo venne quindi ordinato di raggiungere unitamente al Ct Grecale la 3^ Divisione, mentre la 7^ doveva rientrare a Napoli; alle 01,10 dal Gorizia (3^ Div. - Amm. Parona) si segnalarono rotta, posizione e velocità. L'Attendolo pur avendolo avvistato alle 02,55 entrò in formazione alle 04,00 poiché tutte le unità iniziarono a zigzagare in velocità sotto la luce di bengala; anche la 3^ Divisione rinunciava all'azione e dirigeva per Messina, in doppia colonna e a 22 nodi.

 

Alle 08,05 l'Ip Bolzano, venne colpito da un siluro sul lato sinistro; l'Attendolo si accostò immediatamente sulla dritta quando le vedette segnalarono una scia sulla sinistra: meno di un minuto dopo avvenne l'impatto; il sommergibile Unbroken in agguato a nord-ovest dell'imboccatura dello Stretto con un fortunato lancio di quattro siluri era andato a segno due volte.

Mentre nell'esplosione caddero in mare tre marinai successivamente recuperati, l'unità dopo violenti sobbalzi rimase un po’ appruata e sbandata sulla sinistra; fermate le macchine il personale rimase al posto di navigazione di guerra mentre la guardia franca corse al posto di incendio ed il personale del servizio di sicurezza si dispose per  gli accertamenti e le operazioni di emergenza; l'intera parte prodiera si era staccata affondando, lasciando nella zona dell'esplosione un groviglio di lamiere contorte. Alle 08,15 il comando in plancia venne avvisato che la paratia sull'ordinata 194 aveva resistito allo scoppio, presentando solo alcune infiltrazioni e che le squadre provvedevano già ai puntellamenti e ad attivare i mezzi di esaurimento.

La squadriglia Ct "Aviere" incaricata di prestare l'assistenza necessaria iniziò a dare la caccia al sommergibile con lancio di b.t.g., stendendo nel contempo cortine fumogene; sull'unità, per togliersi al più presto dalla zona pericolosa, si tentarono tutte le possibili manovre con le macchine indietro, ma alcune parti della prua piegata sulla dritta facendo da timone impedivano di governare. Si decise quindi per il rimorchio ed il Ct Ascari manovrò di conseguenza; qualche minuto dopo le 10,00 il cavo si spezzò e la nave con leggero abbrivio rimase di nuovo immobile. Alle 10,12 le vedette segnalarono sulla sinistra a circa 2.000 metri un periscopio e dopo essersi liberati delle parti pencolanti mediante piccole cariche, con le macchine avanti si accostò per portare la poppa in direzione del pericolo procedendo a lento moto; la manovra riuscì poiché poco dopo due scie di siluri passarono vicinissime e parallele sul lato dritto. Un'altra insidia si profilò in cielo ed un "Bristol Blenheim" lanciò intorno all'unità alle 10,24 alcune bombe e si allontanò fatto segno a fuoco antiaereo.

Alla velocità di 5 nodi l'Attendolo passò tra l'isola di Panarea, dove era andato ad incagliarsi il Bolzano, e gli scogli Formiche dirigendo su Capo Milazzo scortato dai Ct Geniere ed Ascari a cui si unirono tra le 13,40 e le 17,15 Freccia, Legionario e Corsaro; alle 18,45 giunto in prossimità di Messina prese i rimorchiatori entrando in porto ed ormeggiandosi al Molo del Carbone.

Rimase in Arsenale sino a 5 di settembre procedendo alle riparazioni sommarie possibili in vista del trasferimento a Napoli.

L'offensiva contro la "Pedestal" costò alla Marina italiana oltre al siluramento dei due incrociatori il danneggiamento di un sommergibile e l'affondamento di un altro. In quella che è considerata coma battagli di "Mezzo Agosto" aerei, sommergibili e motosiluranti italo-tedeschi affondarono 1 Pa, 2 incr., 1 Ct e principalmente 9 P.fi; danneggiarono 1 Pa, 2 incr. E 7 P.fi; il Smg Axum alle 19,55 del 12 con un lancio altrettanto fortunato di quattro siluri colpì due incrociatori ed una petroliera.

I risultati conseguiti dalla Regia Aeronautica e dalla Luftwaffe, invero inferiori alle aspettative in considerazione al notevole numero di aerei impiegati, l'ottimo comportamento di Smg, Ms e Mas, non devono far dimenticare la discutibile decisione di richiamare le forze di superficie. Non può sfuggire quanto quattro incrociatori, di cui tre pesanti, ed 8 Ct avrebbero potuto influire sull'andamento delle operazioni il mattino del 13 a sud di Pantelleria se nella notte avessero diretto per il combattimento. Sicuramente mancò determinazione a Roma nell'impiego delle navi, nell'incertezza della presenza di una richiesta scorta aerea che né l'Aeronautica né la Luftwaffe dichiararono disponibile poiché entrambe ritenevano le aliquote di caccia sufficienti solo per bombardieri ed aerosiluranti. E' indubbio però che in tutto il settore la presenza comunque della caccia avrebbe potuto essesre indirettamente di appoggio alle forze di superficie, nella considerazione che anche se programmata la cooperazione aero navale non era stata quasi mai accettabile.

E sulla rotta di rientro alla base la sorte volle che due incrociatori venissero silurati aggiungendo rabbia allo sconforto della gente imbarcata cui sembrava umiliante ritirarsi e non condividevano la prudenza eccessiva che nascondeva la rinuncia.

Nonostante le perdite subite gli inglesi riuscirono a portare a Malta 5 P.fi, danneggiati ma preziosi, conseguendo un successo strategico forse insperato; da quel momento Malta non corse più alcun rischio anzi riprese ed accrebbe la propria funzione offensiva sulle nostre rotte ritornando determinante ed al centro delle correnti di traffico sul finire dell'anno quando in Africa settentrionale il fronte si spostò verso la Tunisia.

 

 

SETTEMBRE_NOVEMBRE 1942

 

Il 5 alle 12,50 l'Attendolo lasciò Messina ed appena fuori del porto presero scorta laterale i Ct Maestrale sulla sinistra e Grecale sulla dritta; le Vas 204, 210, 215, 217 a trenta miglia di prora in linea di fronte eseguivano rastrello idrofonico e giunte all'altezza di Punta Licosa si lasciarono scadere in maniera da restringere la distanza ad un terzo mentre il rimorchiatore Salvatore 1° partito in anticipo venne raggiunto e superato dall'incrociatore che con una piccola prua di fortuna, più che altro un tozzo tagliamare procedeva a 15 nodi ma con un consumo pari ad una velocità di 20. La navigazione, sorvegliata anche da un aereo da r.m. che compiva cerchi di 5.000 metri di raggio avendo per centro la formazione e da Smg in ricognizione lontana, si concluse felicemente a Napoli alle 09,10 del 5 settembre. Il giorno successivo l'Attendolo entrò in bacino per ricevere una nuova prua. Il 27 novembre riprese il mare per prove dell'apparato motore e delle artiglierie. Per come noto in porto si trovava anche il Montecuccoli che il 24 ed il 3 di ottobre uscì nel golfo per esercitazioni; poi rimase fermo.

 

 

DICEMBRE 1942 - LUGLIO 1943

 

Il 3 l'Attendolo rientrò in squadra; sugli incrociatori della 7^ ormeggiati di poppa alla calata Porta di Massa, come su tutte le unità presenti tra cui le tre Nb della 9^ Divisione, fervevano i preparativi per l'indomani, festa di Santa Barbara.

In quel periodo Napoli era sottoposta a pesanti bombardamenti aerei alleati poiché vi si concentrava e smistava buona parte dei traffici per l'Africa Settentrionale.

Anche il 4, gli aerei americani non rispettarono quel giorno particolare, alle 16,45 una formazione di bombardieri "Liberator" sganciò un tappeto di bombe nella zona del porto occultato da densa nebbia artificiale: gli incrociatori della 7^ vennero inquadrati in pieno e se soltanto una bomba esplose fuoribordo a sinistra di poppa dell'Eugenio con lievi danni, Montecuccoli ed Attendolo riportarono ampie devastazioni. Sul primo una bomba esplose nel locale calderine ausiliarie causando l'asportazione del fumaiolo prodiero e la distruzione delle sovrastrutture sulla dritta alla stessa altezza; danni riportarono le caldaie 3 e 4 mentre nugoli di schegge investirono tutte le sovrastrutture e l'opera morta a poppa a dritta. Sul secondo una o più bombe si infilarono esplodendo nella zona tra le macchine e le caldaie di poppa apportando vaste distruzioni, nonché allagamenti edi incendi; i servizi di sicurezza immediatamente attivati riuscirono ad avere ragione delle fiamme mentre il deposito munizioni di poppa veniva allagato. La nave rimase in assetto ritenuto non di pericolo, sovraimmersa di poppa di circa un metro e sbandata sulla dritta di tre, quattro gradi; per oltre sei ore l'equipaggio si prodigò puntellando, svuotando, bilanciando, ma alle 21,17 durante un successivo allarme aereo l'unità si abbattè improvvisamente sul lato dritto adagiando le sovrastrutture alte sul fondo e rimanendo con il lato sinistro emerso e l'elica a pelo d'acqua.

I feriti risultarono 91 mentre per il numero di dispersi si dovette procedere ad una accurata ricostruzione del numero dei presenti a bordo poiché una parte dell'equipaggio era in licenza e non fu possibile recuperare il ruolo di bordo né i registri.

I deceduti, o dispersi, si schedarono in base a documentazione andata poi smarrita con l'armistizio, riportando solo i nomi di coloro di cui si recuperava la salma o in base a due dichiarazioni giurate. Si ha anche notizia di personale civile militarizzato della O.T.O. che si trovava a bordo al momento del sinistro per il collaudo delle artiglierie revisionate e che alle sirene dell'allarme aereo si rifugiò in una delle torri; non se ne è potuto mai appurare il numero, di certo sotto la dozzina.

Sul relitto dopo il recupero furono trovate numerose salme prive di elementi idonei all'identificazione. Nel dopoguerra si è arrivati ad indicare in 41 il numero dei dispersi senza che però la cifra divenisse ufficiale. Tra essi il comandante C.V. Schiavuta.

Nei giorni che seguirono sul Montecuccoli si procedette a sommarie riparazioni che permettessero di navigare per il trasferimento a La Spezia; già dal 7 la 9^ Divisione era partita per la base ligure meglio difesa di Napoli, ormai nel raggio di azione dei bombardieri dislocati in Medio Oriente o in Africa Settentrionale, da numerose batterie piazzate sulle alture circostanti.

Il 21 alle 15,00 uscì dal porto procedendo per rotta di sicurezza ed iniziando la navigazione d'altura a notte inoltrata; il governo del timone era stato realizzato con un trasmettitore di fortuna sistemato sulla tuga del proiettore di poppa e con una sola elettropompa; con quattro caldaie accese, le due poppiere più la 3 e la 4, funzionavano a regime la motrice di poppa e con leggero vapore quella prodiera. Nonostante il rifornimento precario di acqua alle caldaie si raggiunsero mantenendoli i 22 nodi, arrivando a destinazione alle 14,00 del 22; il 31 alle 12,30 dopo quattro ore di moto era a Genova per un lungo periodo di lavori che si protrasse sino al 13 luglio successivo.

Il 14 ultimati i lavori, con un nuovo fumaiolo, il radiotelemetro, più moderne mitragliere a.a. rientrò a La Spezia con la scorta dei Ct Mitragliere e Premuda; durante la navigazione avvistò un ricognitore inglese fuori tiro e l'Aosta in rotta per Genova. Seguirono due esercitazioni il 22 ed il 29 con tiri e prove di velocità su base misurata.

 

 

AGOSTO 1942

 

Alla caduta del Regime, il 25 del mese precedente, nel proclama del nuovo Capo del Governo la frase "…..la guerra continua ……" aveva forse rassicurato ufficiali ed equipaggi forzatamente inattivi che alla notizia sulla disastrosa situazione in Sicilia non comprendevano perché non si muovesse in appoggio dal mare alle forze italo-tedesche.

Negli intendimenti del Governo era intanto maturato il convincimento che per tenere a bada i tedeschi finché possibile necessitava impiegare la Marina in azioni offensive di limitata portata, tali da costituire quella prova di buona volontà da essi cercata.

Si concepì quindi a Supermarina una duplice operazione affidata alla 7^ e all'8^ Divisione con lo scopo di attaccare le numerose unità presenti alla fonda ed eventualmente in porto, a Palermo ed a Bona, Algeria.

Nel pomeriggio de 4 venne dato il via alla prima; il Montecuccoli, unitamente all'Eugenio (Amm. Div. Oliva), senza Ct, lasciò gli ormeggi per primo alle 19,40 e fuori dalle ostruzioni foranee attese l'ammiraglia cui si accodò. Zigzagando alla velocità di 27 nodi e passando a ponente della Corsica le due navi entrarono nei recinti delle reti parasiluri de La Maddalena introno alle 10,00 del 5; durante la notte con il "Metox" si appurò la presenza di un velivolo nemico e poi di due sommergibili. Alle 17,45 riprese la missione ed una volta in mare aperto si diresse sempre zigzagando a 26 nodi per rotta 107° sino alle 21,00 per poi puntare su Ustica aumentando di un nodo la velocità; sino alle 20,30 era presente la scorta di due aerei da caccia mentre una corvetta rastrellava le rotte di sicurezza senza però poter impedire che alle 19,23 dal Montecuccoli si avvistasse un periscopio sulla sinistra e poco dopo due scie di siluri passate lontane da poppa. Dall'Eugenio venne l'ordine alle 02,05 di ridurre la velocità a 20 nodi e la navigazione procedette nella notte buia e fosca; qualche allarme veniva dato dal "Metox", ma il fattore sorpresa accompagnava ancora la missione.

E' da ricordare che il Montecucco9li era dotato di un radiotelemetro "Gufo" e quindi veniva a cadere una delle più sfruttate causali di presunta inferiorità; anche se non perfetta l'apparecchiatura radar doveva essere capace di poter segnalare eventuali pericoli.

Avvistata Ustica a sinistra della prua a circa due miglia, alle 04,00 si puntò su Capo Zaffarano, limite orientale della rada di Palermo aumentando la velocità a 30 nodi con l'intenzione di defilare davanti ad essa ed aprire il fuoco tenendosi fuori dai campi minati difensivi.

Alle 04,28 si avvistarono ombre scure sulla dritta ed il Montecuccoli fece fuoco contro stimandole motosiluranti, in realtà una piccola cisterna ed un cacciasommergibili alleati diretti ad Ustica, e da una di esse venne fatto un segnale luminosi di riconoscimento con due luci bianche sovrapposte.

Contemporaneamente il "Metox" segnalava l'azione di ricerca di un radiolocalizzatore terreste.

Due minuti dopo anche dall'Eugenio tirò una salva con le torri prodiere.

Dal Montecuccoli si spararono anche quattro proiettili illuminanti nell'errata valutazione che le "motosiluranti" stessero per iniziare una manovra d'attacco; e cercando subito il disimpegno alle 04,39 alla distanza di circa 30 miglia dall'obiettivo affidato si iniziò il rientro alla base raggiunta alle 11,50 del 7. Durante tutto il percorso aerei da caccia italiani e tedeschi assicurarono scorta aerea; il "Metox" diede frequenti segnali e qualche ricognitore avversario fu avvistato anche da bordo, unitamente a stimati avvistamenti di un periscopio e di aerosiluranti alle 20,13; non ci si accorse però di altri cinque attacchi di aerosiluranti "Beaufighter" respinti dagli aerei di scorta per come da essi dichiarato.

L'azione venne poi ripetuta immediatamente dall'8^ Divisione poiché Supermarina giudicò che gli accidentali avvistamenti nei pressi di Ustica non avessero rivelato il vero obiettivo; l'azione contro Bona non verrà più attuata. Si conosce solo ora che grazie alle fonti di informazioni alleate già dal 7 l'Ammiragliato inglese era a conoscenza di tutti i principali elementi e scopi della prima missione.

Indubbiamente l'azione al largo di Palermo può essere giustificata se vista sotto l'aspetto dimostrativo verso i tedeschi, non può però essere compresa nell'esecuzione, considerando che al rischio dell'invio di due unità senza scorta in acque ormai insidiose non corrispose alcun risultato apprezzabile come distruggere le piccole unità incontrate. Lo scontro notturno nello Stretto di Messina di pochi giorni dopo tra l'Il Scipione Africano  e 4 M.T.B. inglesi, piombare su navi alla fonda, cannoneggiare, incendiare, affondare, con il supporto del fattore sorpresa non compromesso da avvistamenti fugaci ed imprecisi.

In seguito all'affrettata decisione di disimpegnarsi, emblematica di una mentalità di cui non vi era posto per l'audacia e l'azione spregiudicata, l'Amm. Bergamini, comandante in capo della Forze Navali affidò lo stesso compito all'8^ Div. con la direttiva che solo in caso di avvistamento del nemico certo e continuato, poteva essere deciso il rientro ma dietro autorizzazione di Supermarina.

Il Montecuccoli rimase inattivo sino alla fine del mese, tranne un'uscita per addestramento il 24 unitamente all'Eugenio ed i Ct Legionario, Mitragliere, Artigliere e Fuciliere con l'esecuzione di tiri diurni e notturni in particolare contro attacchi simulati di motosiluranti.

 

 

 

 

SETTEMBRE 1943

 

Non è possibile trattare l'attività anche di una sola unità, in questo mese dell'anno 1943, senza uno sguardo generale sugli avvenimenti.

Nel contesto dell'armistizio firmato  segretamente a Cassibile il 3 era previsto che le Forze Navali dovessero raggiungere i porti alleati. L'Ammiraglio De Courten, ministro per la Marina, venne infromato sulle trattative in corso ricevendo poi il 6 dal Capo di Stato Maggiore Generale un promemoria in inglese contenente le direttive esecutive sulla conseguente dislocazione della flotta; non era indicata con precisione la data in cui sarebbe andato in vigore l'armistizio, ipotizzabile comunque tra il 10 ed il 15 del mese.

Le controproposte avanzate da De Courten tra cui quella importantissima di concentrare le FF.NN. a La Maddalena, vennero vanificate dalla proclamazione unilaterale dell'armistizio da parte degli alleati l'8.

Presso il comando in capo delle Forze Navali da Battaglia non si sapeva nel mentre nulla; il 6 si conobbe il "promemoria n. 1" diramato dal Comando Supremo con cui si dava disposizione, nel caso in cui i tedeschi di loro iniziativa tentassero un'azione contro le forze italiane, di raggiungere porti nazionali sicuri. Sulle navi, dall'Ammiraglio Bergamini ai comandanti, agli equipaggi ci si preparava ad una azione di forza contro le coste meridionali della penisola, per contrastare un presumibile sbarco alleato, poi annunciato dalla radio all'alba dell'8 nel Golfo di Salerno.

Venne dato l'ordine di accendere per essere pronti a muovere alle 14,00; lo scontro sempre cercato e preparato, fosse esso anche l'ultimo, sembrava vicino. Una forza di tre moderne e potenti navi da battaglia, otto incrociatori più tutte le siluranti disponibili, oltre alle due corazzate minori convergenti dallo Jonio, avrebbe contrastato uno sbarco sulla penisola; la gravità dell'evento si univa alla consapevolezza che tutte le flotte del mondo nei momenti supremi hanno dato battaglia anche in condizioni di cosciente inferiorità.

Indubbiamente le possibilità di arrivare indenni al contatto balistico sarebbero state ridotte da ripetuti attacchi di bombardieri ed aerosiluranti contrastati in aria solo dalla trentina di aerei di scorta disponibili.

Da parte alleata alla "task force" anfibia facevano schermo 6 navi da battaglia, quindici incrociatori ed una quarantina di cacciatorpediniere con l'appoggio dell'aviazione imbarcata su sette navi portaerei; le truppe riuscirono a consolidare difficoltosamente una testa di ponte, ma poi dal terzo giorno corsero il rischio di essere ributtate in mare per la potente controffensiva germanica e l'azione della Luftwaffe che con le bombe-razzo radiocomandate inflisse gravi danni alle navi inglesi ed americane.

Non è quindi impensabile che un intervento dal mare avrebbe potuto influire in maniera decisamente negativa sull'operazione alleata, al probabile prezzo della scomparsa anche totale delle nostre Forze Navali da Battaglia.

Prima delle 14,00 l'ordine di partenza venne revocato e quando si iniziò ad imbarcare viveri oltre che nafta e munizioni, divenne evidente che l'eventualità di uno scontro si allontanava.

Alle 18,30 da Algeri la radio alleata diffuse la notizia dell'armistizio con la richiesta alle navi italiane di dirigere verso i porti alleati. L'ipotesi dell'autoaffondamento si rivelò allora come la più diffusa e se ne fece portavoce l'Ammiraglio Bergamini in una conversazione telefonica con De Courten; nonostante il consiglio di questi, e non ordine, sino a qualche mese prima il neo-ministro era stato in sottordine, di attenersi alle disposizioni armistiziali e dirigere su Malta, al termine di un rapporto con i comandanti delle unità, non riuscendo a riprendere la comunicazione con Roma impartì le sue disposizioni che prevedevano di dirigere su La Maddalena in attesa di ricevere istruzioni e senza il pericolo di cadere in mani straniere. Nessuno saprà mai cosa passò nella sua mente e le intime decisioni che prese tra il dovere, il senso dell'onore, l'ubbidienza e la tradizione navale. Tra le testimonianze di alti ufficiali che gli furono vicini acquista credito la sua intenzione di portare la flotta in un ancoraggio italiano o al di fuori di ogni estranea ingerenza, non certo di consegnarla comunque al nemico, nell'intento di raggiungere un sicuro porto nazionale in attesa che la situazione si chiarisse specialmente sulle intenzioni alleate.

L'Ammiraglio Bergamini ribadì questi suoi convincimenti in un successivo colloquio con De Courten rifiutando energicamente il suggerimento di sbarcare lasciando ad altri il Comando delle Forze Navali; indirizzò un nobilissimo messaggio alla sua gente e dette l'ordine di raggiungere La Maddalena per attendere gli eventi ed agire di conseguenza, anche decidendo per l'autoaffondamento e sottrarre le navi a tutti, tedeschi ed anglo-americani.

Le sue parole "….. la flotta può ….. ora che l'interesse della Patria lo esige, andare incontro al vincitore con la bandiera al vento ….." non potevano in quei frangenti essere diverse.

La navigazione nella notte sul 9 ad ovest della Corsica portò le Forze navali in vista dell'Asinara verso mezzogiorno e le navi diressero sull'imboccatura di ponente dell'estuario della base sarda; alle 14,24 però un messaggio di Supermarina ne comunicava la caduta in mano tedesca per cui tutte le unità accostarono invertendo la marcia e ritornando verso l'Asinara. Seguì l'attacco aereo tedesco con bombe-razzo radiocomandate, e l'affondamento della Nb Roma alle 16,11 con la morte di Bergamini, del suo Stato Maggiore e di otre due terzi dell'equipaggio. Il Comandante in Capo portò con se le decisioni che intendeva prendere.

Alla memoria vennero concesse due Medaglia d'Oro, una da parte del Regno d'Italia del Sud, l'altra dalla Repubblica costituitasi al Nord dove si sostenne, anche se non esistevano prove certe, che in base alle molte resistenze opposte all'idea di dirigere su Malta, egli potesse ordinare di autoaffondare le navi o di portarsi in Spagna per l'internamento.

Il comando della flotta ricadde sull'Ammiraglio Oliva, comandate della 7^ Divisone, che diresse verso sud, alzando il "pennello nero" convenuto segnale di osservanza delle clausole armistiziali, sino all'altezza di Biserta dove incrociò una formazione inglese, le cui due navi da battaglia attendevano con i cannoni carichi e puntati per tema di sorprese dell'ultimo momento; la formazione si trovò negli ancoraggi di Malta il mattino dell'11.

Nel frattempo l'Il Attilio Regolo ed i 3 Ct con i naufraghi della Roma, rimasti privi di comunicazioni radio con la squadra raggiunsero le Baleari, seguiti da 3 Tp di cui due si portarono poi al largo innescando le cariche e scomparendo con le bandiere al picco.

Il 13 arrivò da Pola la Nb Giulio Cesare dopo che a Taranto già occupata dagli inglesi aveva sbarcato alcuni ufficiali e sottufficiali responsabili di un tentativo di impadronirsi dell'unità per portarla indietro od affondarla.

A Malta il comando delle Forze Navali venne assunto dall'Ammiraglio Da Zara più anziano nel grado, giunto con le Nb Duilio, Doria e le navi presenti a Taranto.

Le clausole armistiziali prevedevano il mantenimento della bandiera e per il fermo atteggiamento di Da Zara furono ritirati dalle navi i picchietti di marinai inglesi, mentre in base alle prescrizioni per il disarmo e la messa sotto controllo delle navi, vennero in parte rimossi gli otturatori dei cannoni e sbarcati acciarini, inneschi e cariche di distruzione.

Ancora più dure ed avvilenti sarebbero state le condizioni imposte durante i successivi periodi di sosta forzata ad Alessandria e nei Laghi Amari del Canale di Suez.

 

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Riguardando gli avvenimenti del settembre 1943 risulta evidente che il sacrificio di tante vite umane in una battagli al largo di Salerno, eticamente doveroso in un momento di invasione del territorio nazionale, non sarebbe stato giustificato in alcun modo dagli eventi successivi, non certo per il peso che alla flotta poteva essere dato sul tavolo delle trattative quanto perché è difficile dire perché e per chi dovesse esser compiuto, nel crollo generale di valori a bordo ancora sentiti.

Il prezzo richiesto dalla Storia per arricchire il patrimonio morale della Nazione doveva e poteva essere l'autoaffondamento. Immediato o successivo all'internamento in un porto sotto la tutela di un paese neutrale, da far pesare o attuare quando con il "diktat" di Parigi alla Marina si riserbò un trattamento in contrasto agli impegni iniziali.

Le premesse sulla sorte della flotta non mancarono: al "gentleman-agreement" del settembre 1943 vennero aggiunti unilateralmente emendamenti che posero l'attività delle navi sotto il più rigido ed incondizionato controllo, per come lo stesso De Courten ebbe a denunciare fermamente; e nel novembre dello stesso anno gli alleati occidentali accettarono la spartizione della flotta italiana richiesta dalla Russia, preannunciandola nel marzo 1944 per poi smentirla. La spartizione venne quindi solo rinviata nell'interesse dei vincitori, per utilizzare le navi in compiti secondari spacciati poi per contributi alla causa alleata nello spiriti della cobelligenza.

Il porre le navi sotto la tutela delle armi alleate, o la "resa", nelle memorie dell'Ammiraglio Cunningham, anche evidenziò il senso di disciplina e del dovere della Marina, non apportò nella realtà alcun concreto aiuto agli interessi della nazione contrariamente a quanto si è sempre voluto far credere, presentando con sottili disquisizioni, o meglio giustificazioni, l'autoaffondamento come comodo e più semplice.

Della inutilità del sacrificio richiesto, della violenza fatta sulla coscienza dei combattenti, si era reso conto tra i tanti il C.F. Fecia di Cossato che attuò una ferma azione di protesta a cui seguirono l'arresto in fortezza, i tumulti degli equipaggi per la sua liberazione, la tragica cosciente scelta.

 

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Sembra ormai certo che la sorte della flotta non fù così semplicisticamente legata alle vicende contingenti dell'armistizio ma ad un disegno ben più remoto che fece da scenario a tutta la guerra: esisteva cioè un "contatto", documentato da recenti ricerche negli archivi londinesi del Public Rekord Office e verosimilmente collegati ad un "canale svedese", mediante il quale sin dalla fine del 1940 l'Ammiragliato inglese accertò la disponibilità di alcuni ufficiali di marina italiana a tutti i livelli, a "cambiare campo" in un prossimo futuro unitamente all'impegno di scongiurare quello che per gli inglesi era il maggior timore, la cessione o la caduta della flotta italiana in mano tedesca.

Nel mentre nell'impossibilità pratica, come valido segno di buona volontà, di trasferire o "vendere" subito qualche unità agli alleati, si stimava sufficiente l'attenuazione o la limitazione dell'impiego della Marina in appoggio alle operazioni tedesche.

Con queste conoscenze si potrà con più attenzione, soffermarsi sul testo dell'articolo 16 del Trattato di Pace e rileggere numerose pagine di libri degli anni '50 alcuni dei quali posti all'indice ed uno, pubblicato negli Stati Uniti da un ammiraglio italiano, stranamente mai tradotto da noi.

Se l'ulteriore ricerca in atto aggiungerà altri documenti e prove, non saremo più di fronte ai dubbi di un processo indiziario ma al crollo definitivo delle argomentazioni con cui per oltre trent'anni si è cercato di stravolgere la reale storia della guerra in Mediterraneo. Così come non è più lecito portare come scusanti la rinuncia alla presa di Malta o la mancanza di portaerei, radar e nafta, per limitarci agli argomenti più usati, dinanzi alla documentazione del Public Rekord Office è intuitivo pensare che tutta la guerra della Marina debba essere riscritta, con il riesame degli indirizzi nella condotta caratterizzati degli indugi, remore ed inerzie da tanti allora non compresi; e che debba essere posta nella giusta luce l'importanza che gli inglesi sempre attribuirono alla flotta italiana, i tentativi da essi attuati non tanto per distruggerla in mare quanto in un attacco a sorpresa, vedi la "notte di Taranto", per impedire che venisse impiegata da noi e nella peggiore delle ipotesi dai tedeschi ben diversamente, ovvero per neutralizzarla in attesa che cadesse in loro mani con un'abile strategia di "intelligence".

La storia inglese ha sempre visto l'impiego di questi spregiudicati e perché no, validi mezzi per conservare la supremazia sui mari, da Mers el Kebir nel 1940 o andando a ritroso, a Copenaghen nel 1807, azioni entrambe di annientamento di flotte di paesi amici o neutrali perché non cadessero in mani giudicate più pericolose.

E' quindi ipotizzabile che l'autoaffondamento sarebbe stato "de facto" accettato in quanto in linea con l'onore militare e la tradizione navale, ma principalmente perché coincidente con uno degli scopi perseguiti.

Si sarebbe così evitato di vedere una generazione di combattenti lacerata, le volate dei cannoni tagliate con la fiamma ossidrica, le turbine scoperchiate e smantellate a colpi di mazza, di cedere dolorosamente unità alle marine vincitrici, di conoscere le espressioni di sarcasmo e di disprezzo di cui fummo abbondantemente gratificati nelle memorie dei Protagonisti, prima o poi tutti nemici.

 

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Il Montecuccoli con la 7^ Divisione Eugenio (Amm. Div. Oliva) ed Aosta lasciò La Spezia alle 02,40 del 9, prendendo posizione ultimo nella linea di fila delle tre unità, parallela all'8^ Div., Abruzzi (Amm. Div. Biancheri), Garibaldi e Regolo, proveniente da Genova; seguivano in linea di fila centrale le tre navi da battaglia della 9^ Div., ai lati 8 Ct ed in testa la Tp Libra. Alle 08,40 raggiunsero la formazione altre 3 Tp ed alle 14,24 quando venne invertita la rotta le navi da battaglia si trovarono nel mezzo tra i Ct e gli incr. in coda. Alle 15,37 i Montecuccoli aprì il tiro contraereo contro gli aerei tedeschi attaccanti, continuando poi quando necessario sino alle 19,19.

Durante la notte la navigazione proseguì senza particolari avvistamenti ed incidenti; alle 07,00 del 10 comparve in cielo un ricognitore britannico e si alzò a riva il "pennello nero" dopo circa un'ora e mezzo una formazione di 2 Nb e 5 Ct alleati si defilò all'orizzonte. Dopo le segnalazioni di rito, in unica formazione tutte le navi diressero per Malta ed in prossimità dell'isola il Montecuccoli uscì di formazione seguendo per contromarcia l'Abruzzi per andare alla fonda alle 10,45 dell'11 nella Baia di S. Paolo.

Dopo qualche giorno si rese necessario decongestionare gli approdi dell'isola ed il 14 alle 08,40 mosse per Alessandria in linea di fila con 2 Nb inglesi, l'Italia (ex. Littorio), il Vittorio Veneto, l'Eguenio, l'Aosta, il Cadorna, 4 Ct; imbarcato il 16 mattina un ufficiale inglese come pilota, attraversò le ostruzioni esterne del porto dirigendo attraverso il passo grande per la zona di mare prospiciente l'aeroporto di Alì el Dikeili, dando fondo alla 10,30.

La sosta forzata durò un mese; come su ogni unità fu messo un picchetto inglese armato, vennero asportati gli otturatori e resi inutilizzabili gli apparati radio cosicché fu impossibile comunicare con le altre navi o ricevere notizie dall'Italia; i comandanti e gli ufficiali si sforzarono di rendere meno duro con spettacoli improvvisati e gare sportive un periodo caratterizzato da continue proibizioni e provocazioni e più volte avvennero incidenti e tumulti. Qualcuno riuscì con mezzi di fortuna a riattivare alcuni apparecchi radio, captando notizie dalla Patria e divulgandole in qualche modo da nave a nave.

 

 

ATTIVITA' DURANTE LA COBELLIGERANZA - OTTOBRE-DICEMBRE 1943

 

Dopo che il 23 settembre a Taranto gli Ammiragli De Courten e Cunningham firmarono il "gentleman-agreement", per gli incrociatori italiani nell'ambito delle condizioni che regolarono l'incondizionata disponibilità delle unità da guerra e mercantili italiane alle esigenze dello sforzo alleato, era previsto il mantenimento in servizio di una divisione su quattro unità, mentre i restanti cinque dovevano essere posti in riserva come le navi da battaglia, ma con un maggior grado di approntamento per essere rimessi in servizio se necessario.

Il 13 ottobre iniziò il periodo della cosiddetta "cobelligeranza" con la dichiarazione di guerra del governo italiano del Sud alla Germania per cui le navi rimaste a Malta rientrarono nei porti nazionali; anche per le unità di Alessandria venne il momento del rimpatrio, non per tutte però perché Vittorio Veneto ed Italia il 18 diressero per i Laghi Amari. Il Montecuccoli il 16 alle 14,25 con le rimanenti unità, imbarcata buona parte degli equipaggi delle Nb, lasciò l'Egitto arrivando a Taranto alle 16,30 del 18.

Il 27 salpò da Palermo, unitamente ad Abruzzi (Amm. Div. Biancheri), Aosta ed Eugenio; dopo una serie di esercitazioni di evoluzioni e tiri contro bersagli alla deriva l'Eugenio diresse per Porto Said, i primi due proseguirono per Gibilterra, prima tappa del trasferimento a Freetown, base inglese nella Sierra Leone. Inizialmente anche il Montecuccoli era stato destinato a partecipare a crociere per la caccia a navi corsare tedesche, ma si decise poi per l'invio di due sole unità.

Da Palermo, il 6 novembre raggiunse Cagliari: iniziò così un ciclo di continui trasferimenti tra i due porti per il trasporto dalla Sardegna alla Sicilia della divisione di fanteria "Sabaudia", che si concluse il 22 dicembre.

 

 

GENNAIO-DICEMBRE 1944

 

L'anno inziò con il trasferimento da Palermo a Napoli di 900 militari alleati per esigenze di carattere operativo sul fronte della 5^ Armata U.S.A. ed il rientro di nostri prigionieri da Biserta in due missioni in febbraio e marzo; tranne una sosta di 24 giorni tra maggio e giugno a Cagliari; per riparare i danni da incendio causati dalla rottura di una flangia della tubolatura dei nebbiogeni, ed un periodo di lavori a Taranto dal 29 giugno all'8 settembre, il Montecuccoli percorse ininterrottamente le rotte tra Napoli e Cagliari per trasporto di truppe e materiali. Era un'attività stressante e cadde nel vuoto l'esigenza di esercitazioni prospettata dall'Amm. Oliva per tentare di sollevare il morale di ufficiali ed equipaggi.

Si può leggere in una lettera inviata dall'Amm. Morgan a De Courten il 27 agosto un "riconoscimento" al contributo delle navi italiane allo sforzo bellico alleato, con un citazione per il Montecuccoli che "…..negli ultimi nove mesi ha trasportato 30.000 uomini con oltre 27.000 miglia complessive di navigazione, pari ad una volta ed un quarto il giro del mondo all'Equatore".

Nell'aprile intanto secondo un programma di riorganizzazione delle FF.NN. concertato con gli alleati la 7^ e l'8^ Divisione vennero assorbite in un Comando Superiore Incrociatori retto dall'Amm. Oliva sino al 17 agosto e poi dall'Amm. Ferreri.

Notevole importanza aveva riacquistato frattanto il porto di Napoli; alle metodiche distruzioni delle attrezzature ed agli affondamenti di navi e carri ferroviari attuati dai tedeschi in ritirata alla fine del settembre 1943, seguirono le immediate operazioni di recupero di americani ed inglesi che già alla fine di ottobre avevano portatao a galla 59 navi sulle otre 200 individuate; nel marzo 1944 il volume dei rifornimenti sbarcati toccò la notevole cifra di 744,000 tonnellate.

Presso la Calata Porta di Massa lungo la fiancata emergente dell'Attendolo era stato posto un lungo pontile su cui transitavano le truppe delle unità che si affiancavano ormeggiandosi.

In un promemoria di Supermarina del 14 gennaio 1943 sugli orientamenti circa lo sviluppo delle costruzioni navali si prevedeva il recupero ed il riallestimento dell'unità per la primavera del 1944; alla data dell'armistizio erano già iniziati i lavori per raddrizzarlo.

 

 

GENNAIO-MAGGIO 1945

 

Negli ultimi mesi di cobelligeranza per il Montecuccoli seguirono le continue navigazioni tra Cagliari, Messina, Palermo, Napoli, Catania, Augusta, Ustica, La Maddalena, Biserta per trasporto di truppe, prigionieri, civili, profughi, non meglio identificati "ribelli" detenuti comuni o disertori certamente, materiali.

Il 5 febbraio per il traffico caotico nel porto di Palermo, anche se le norme generali in tempo di guerra prevedevano la precedenza per le navi in ingresso, entrò in collisione alle 15,30 con l'LCT 125 americano, mentre iniziava un trasporto di detenuti ad Ustica. Riportò uno strappamento da sinistra a destra del dritto di prora di circa due metri all'altezza del galleggiamento.

Il rientro definitivo a Taranto fu dell'8 maggio.

 

 


 

DATI STATISTICI DEL PERIODO BELLICO

 

L'attività delle due unità nel periodo 10 giugno 1940 - 8 settembre 1943 (Attendolo, 4 dicembre 1942) può così riassumersi:

 

MONTECUCCOLI

ATTENDOLO

Ricerca nemico

16

6

Bombardamenti contro costa

1

-

Posa mine

3

7

Trasporto personale e materiali

1

1

Protezione traffico

11

13

Trasferimenti

22

20

Missioni varie

2

2

Esercitazioni

14

4

TOTALE

70

53

Miglia percorse

29.957

29.061

 

Per percorrenza tra gli incrociatori risultarono secondo e terzo dopo il Duca d'Aosta. Nel periodo 8 settembre 1943 - 8 maggio, l'attività del Montecuccoli vide:

Esercitazioni

4

Trasporto truppe e materiali nazionali

76

Trasporto truppe e materiali alleati

6

Trasferimenti

65

TOTALE

151

Miglia percorse

48.943

 

 

ATTIVITA' NEL DOPOGUERRA

 

Il Montecuccoli fu uno dei quattro incrociatori lasciati alla Marina in seguito al Trattato di Pace; gli altri cinque, poi quattro, dovettero essere ceduti in conto riparazioni danni di guerra.

Durante il 1946 rimpatriò  prigionieri italiani da Porto Said, Philippeville, Algeri ed Orano; dal 1947 al 1949 riprese l'attività di squadra.

Designata nave-scuola per gli allievi dell'Accademia navale e ricavati a bordo alcuni locali didattici e ricettivi inizio dall'estate 1949 le campagne di istruzione estiva, sia in mediterraneo che spingendosi a Santa Cruz de Tenerife nel 1951 ed a Londra nel 1952.

Raggiunge quindi La Spezia dove in Arsenale grandi lavori di trasformazione e rimodernamento, che si conclusero nel giugno 1954, lo resero più idoneo al compito di nave-scuola. Sino al 1963 alternò ad attività di squadra compagne di istruzione, nel Mediterraneo e sino a Copenaghen (1955), Montreal, Boston e Filadelfia (1958), Helsinky (1961); compì il periplo del continente africano nel 1963, ultima tappa di una lunghissima attività in pace ed in guerra.

La più memorabile campagna di istruzione rimase la circumnavigazione del mondo, dal 1° settembre 1956 al 1° marzo 1957, inizialmente non prevista e resa obbligatoria nel ritorno dall'Australia a causa della crisi del Canale di Suez.

La sera del 31 maggio 1964 a Taranto venne ammainata per l'ultima volta la bandiera e con il 1° giugno il Montecuccoli dopo ventinove anni fu cancellato dal Quadro del Naviglio Militare dello Stato. Rimorchiato a La Spezia, nel 1972 passò alla demolizione.

L'Attendolo ufficialmente radiato il 18 ottobre 1946 e tre anni dopo recuperato rimase qualche tempo in attesa che se ne decidesse la sorte. In considerazione delle buone condizioni dello scafo anche dopo la lunga permanenza sott'acqua, se ne studiò una ricostruzione come incrociatore antiaereo. Decaduto il progetto passò alla demolizione