VITA OPERATIVA DEGLI INCROCIATORI LEGGERI Classe “DI GIUSSANO”
Edizioni dell’Ateneo & Bizzarri – Roma
n. 4 - 1979
I tre incrociatori costruiti presso i Cantieri Ansaldo di Genova, furono varati nel 1930 a distanza di circa quattro mesi l’uno dall’altro: l’Alberto Di Giussano il 27 aprile, l’Alberico Da Barbiano il 23 agosto ed il Bartolomeo Colleoni il 21 dicembre. Madrine al varo furono: per il Di Giussano Clorinda Tahon di Revel, moglie del Grande Ammiraglio, per il Da Barbiano, la contesssa Olga Cavallero, per il Colleoni la signora Cesarina del Croix.
S.A. Adelaide di Savoia-Genova fu madrina al varo del Giovanni dalle Bande Nere, avvenuto a Castellammare il 27 aprile 1930, lo stesso giorno in cui veniva varato il Di Giussano.
Le bandiere di combattimento furono consegnate alle navi in forma solenne a Venezia il 22 aprile 1934. Nell’occasione fu consegnata anche la bandiera di combattimento al Cadorno e lo sttesso giorno, a Napoli, al Diaz. I 5 incrociatori erano ancorati al bacino San Marco assieme alla I e alla II Squadriglia esploratori (Tarigo, Vivaldi, Usodimare, Da Mosto e Malocello, Da Verrazzano, Pessagno, Da Recco), alla IV Squadriglia CT (Ricasoli, Nicotera, Crispi, Sella, Tigre, Nullo, Manin) ed al posamine Dardanelli. Le bandiere, in seta ricamata a mano, racchiuse in artistici cofani di legno pregiato adorni di sculture, bassorilievi e motti, furono offerte rispettivamente da:
- la città di Forlì per il Bande Nere;
- la città di Bergamo per il Colleoni;
- le città di Milano, Legnano, Giussano per il Di Giussano;
- la città di Ravenna per il Da Barbiano;
- la città di Pallanza per il Cadorna.
La solenne cerimonia della benedizione delle bandiere doveva svolgersi in piazza San Marco, ma la pioggia che cadeva da giorni incessantemente, costrinse a mutare programma: le funzioni religiose si svolsero dentro la Basilica ed i i discorsi furono pronunciato sotto l’arco dell’ingresso principale.
Quando le navi entrarono in servizio, nei primi mesi del 1931, vennero assegnate alla II Squadra navale, composta di navi leggere e velocit (le corazzate e gli incrociatori pesanti più protetti – gli Zara – furono assegnate alla I Squadra).
L’attività delle quattro navi negli anni successivi alla loro entrata in servizio non annovera fatti di particolare rilievo; essa fu assorbita prima dalle varie prove, poi nell’addestramento preliminare e quindi dalla normale attività di Squadra ed addestrativa, rifornimenti, visite a porti italiani ed esteri nel Mediterraneo, partecipazione alle annuali manovre navali. Durante la guerra civile spagnola le quattro unità effettuarono alcune missioni di scorta a piroscafi diretti in Spagna con materiali o con truppe, e alcune crociere di pattugliamento pendolare nel Mediterraneo occidentale allo scopo di intercettare e quindi di segnalare alle autorità nazionaliste, il traffico diretto verso i porti repubblicani.
In particolare il Di Giussano effettuò le seguenti missioni:
- 12 agosto – 7 settembre 1936 – a Barcellona per protezione di connazionali;
- 12-17 gennaio 1937 – scorta piroscafo a Cadice;
- 23-31 gennaio 1937 – crociera pendolare;
- 19-22 febbraio 1937 – scorta piroscafo a Tangeri.
Il Da Barbiano:
- 3 ottobre – 19 novembre 1936 – a Tangeri;
- 22-30 dicembre 1936 – scorta piroscafo a Palma di Maiorca;
- 2-7 gennaio 1937 – scorta piroscafo a Cadice;
- 16-20 gennaio 1937 – scorta piroscafo a Cadice;
- 28-30 gennaio 1937 – crociera pendolare;
- 22-27 marzo 1937 – scorta piroscafo;
- 1-6 aprile 1937 – scorta piroscafo.
Il Colleoni:
- 5 settembre – 3 ottobre 1936 – a Barcellona per protezione di connazionali;
- 3 gennaio 1937 – scorta piroscafo e crociera pendolare;
- 28 gennaio – 5 febbraio 1937 – crociera pendolare;
- 18-24 febbraio 1937 – crociera pendolare;
- 16-21 aprile 1937 – scorta piroscafo;
- 29 aprile – 1° maggio 1937 – scorta piroscafo;
- 3-6 maggio 1937 – scorta piroscafo.
Il Bande Nere:
- 11-14 agosto 1936 – scorta piroscafo e permanenza a Tangeri fino al 3 ottobre;
- 23-31 gennaio 1937 – crociera pendolare;
- 18-24 febbraio 1937 – crociera pendolare;
- 11-12 novembre 1937 – pattugliamento.
In Estremo Oriente, perdurando il lungo conflitto cino-giapponese, l’Italia, come molte altre nazioni europee, manteneva una forza navale a tutela dei propri interessi e di quelli dei nostri connazionali residenti. Nel novembre 1938 il Colleoni fu destinato a sostituire il Montecuccoli che rimpatriava dopo un lungo soggiorno nelle acque orientali. La nave lasciò La Spezia il 16 novembre e arrivò a Shanghai il 23 dicembre. Durante una sosta a Napoli, il Colleoni imbarco 50 uomini del Battaglione San Marco destinati a rinforzare il nostro distaccamento di Shanghai peraltro già occupata dai giapponesi un anno prima. L’incrociatore non si mosse da Shanghai fino al 27 marzo 1939, quando iniziò una crociera nel nord della Cina ed in Giappone toccando i porti di Tsingtao, Chefoo, Chinwangtao, Dairen. Kobe, Yokohama, Nagasaki e tornando di nuovo a Shanghai il 21 aprile.
Nel settembre 1939 era scoppiata la guerra in Europa. Il Giappone aveva invitato le Potenze europee a ritirare le loro navi dalle acque cinesi e, profittando del loro impegno nel conflitto, lavorava per modificare a proprio vantaggio la situazione delle concessioni a terra ed in generale di tutto il territorio cinese occupato o che sperava di occupare in seguito.
Il Colleoni lasciò Shanghai il 9 ottobre 1939 (rimasero in acque cinesi le cannoniere Lepanto e Carlotto) e, toccando nel viaggio di ritorno Colombo e Massaua, raggiunse Gaeta il 28 ottobre.
All’inizio delle ostilità il Di Giussano ed il Da Barbiano facevano parte della IV Divisione della I Squaddra che era divisa in due sezioni: la prima con il Da Barbiano ed il Cadorna e la seconda con il Di Giussano ed il Diaz. Il Da Barbiano alzava l’insegna dell’Amm. di Divisione Alberto Marnco di Moriondo, Comandante della Divisione, il Da Barbiano quella del Contrammiraglio Alberto Da Zara, Comandante della seconda sezione.
Il Bande nere ed il Colleoni, formavano invece la II Divisione della II Squadra, al comando dell’Ammiraglio di Divisione Casardi che alzava la sua insegna sul Bande Nere. Le due navi, all’inizio delle ostilità erano dislocate a Palermo.
ATTIVITA’ DURANTE IL CONFLITTO
L’elenco cronologico dei fatti appresso riportato si riferirà a due serie distinte di avvenimenti riguardanti in parte la II Divisione ed in parte la IV.
10-11 GIUGNO 1940 – PROTEZIONE ALL’OPERAZIONE DI POSA DELLO
SBARRAMENTO MINATO NEL CANALE DI SICILIA
La sera del 10 giugno 1940, dopo le ore 20,00, Bande nere e Colleoni salparono da Palermo per effettuare assieme ai posamine Scilla e Buccari, la posa dello sbarramento minato LK nel Canale di Sicilia. Per coprire l’operazione uscirono in mare da Messina il Pola e la III la Divisione, da Napoli la VII Divisione e la X Squadriglia cacciatorpediniere, che eseguirono un’esplorazione notturna fra Marettimo e Capo Bon. Non vi fu nessuna reazione avversaria. Bande nere e Colleoni rientrarono a Palermo.
11 GIUGNO 1940 – TRASFERIMENTO A TARANTO DEL DA BARBIANO
Il Da Barbiano, che si trovava ad Augusta, dalla cui base, il 6 ed il 9 del mese, aveva effettuato due operazioni di minamento nel settore, salpò alle ore 03,45 dell’11 e rientrò a Taranto dove rimase “pronto a muovere” assieme al Di Giussano.
16 GIUGNO 1940
Bande Nere e Colleoni spararono con le artiglierie antiaeree contro 5 velivoli da ricognizione che sorvolavano Palermo lanciando piccoli manifesti.
22-24 GIUGNO 1940 – MISSIONE DELLA II DIVISIONE ALLA RICERCA DEL NEMICO
Avvistamento di aerei ed intercettazioni avevano rivelato un intenso traffico di convogli fra la Provenza e l’Algeria. Contro questo movimento (attaccato senza esito da nostri sommergibili anche se alcuni lanci erano stati ritenuti positivi) fu eseguita, fra il 22 ed il 24 giugno, un’incursione con un notevole numero di unità leggere che avrebbe potuto dare origine, se si fosse verificato l’incontro, ad un combattimento con le consistenti unità francesi adibite alla scorta dei convogli.
La punta dell’incursione era costituita dalla VII Divisione (Eugenio di Savoia) con la XIII Squadriglia cacciatorpediniere, protetta a distanza dal Pola, dalla I Divisione (Zara), dalla Ii Divisione (Bande Nere e Colleoni) dalla II Div. (Trento) e da tre squadriglie C.T..
Per partecipare all’operazione Bande nere e Colleoni uscirono da Palermo alle 17,30 del 22 giugno, riunendosi al tramonto con le altre forze a nord di Palermo, per poi dirigere fino a 40 miglia a ponente dell’isola di S. Pietro in Sardegna punto dal quale la formazione doveva intervenire a sostegno della VII Divisione se ne fosse manifestata la necessità. Anche a causa delle avverse condizioni meteorologiche, con nubi basse, piovaschi e foschia, la ricognizione aerea, compresa quella imbarcata sulle navi (il Bande Nere catapultò un aereo il mattino del 23) non trovò traccia di navi nemiche.
Mentre le altre unità rientravano alle rispettive basi, bande nere e Colleoni tornarono a Palermo dove giunsero alle ore 02,50 del 24.
Il pomeriggio dello stesso giorno, a Villa Incisa dell’Olgiata, presso Roma, era stata firmata la Convenzione di Armistizio fra l’Italia e la Francia.
28-29 GIUGNO 1940 – TRASFERIMENTO DELLA II DIVISIONE AD AUGUSTA
Bande Nere e Colleoni salparono da Palermo alle ore 22,30 (23,15 il Colleoni) del 28 giugno e giunsero ad Augusta, rotta a nord della Sicilia, il 29 alle ore 09,30.
2-3 LUGLIO 1940 – MISSIONE DELLA II DIVISIONE
Bande Nere e Colleoni mossero da Augusta alle ore 20,00/20,30, con la X Squadriglia C.T., per tentare di intercettare un cacciatorpediniere inglese classe “Jerwis” segnalato come proveniente da Gibilterra e probabilmente diretto a Malta. Alle ore 05,40, il Bande Nere catapultò il suo aereo per estendere il raggio della ricerca, ma nulla fu avvistato. Sul mare, con vento fresco da maestrale, la visibilità era limitata. Il Colleoni rientrò ad Augusta alle ore 17,50, il Bande Nere alle ore 19,00.
4 LUGLIO 1940 – LA II DIVISIONE PRENDE IL MARE PER PROTEGGERE UN CONVOGLIO
Bande Nere e Colleoni salparono da Augusta fra le 00,05 e le 01,40 del giorno 4 per ricevere e scortare a 100 miglia dalla Sicilia, un convoglio di due piroscafi provenienti da Tripli. Il Bande Nere rientrò ad Augusta alle ore 09,30 dello stesso giorno, mentre il Colleoni vi giunse alle 19,55.
5 LUGLIO 1940 – LIEVE INCIDENTE AL “DI GIUSSANO”
Il pomeriggio del 5 luglio, alle ore 15,10 a causa di un violento ed improvviso fortunale abbattutosi sul Golfo di Taranto, il Di Giussano, ormeggiato alla boa in Mar Grande, andò ad urtare con la poppa la prora del Garibaldi, pure ormeggiato alla boa. I danni, per entrambe le navi, forno di lieve entità.
7-10 LUGLIO 1940 – BATTAGLIA DI PUNTA STILO
Ai vasti movimenti navali di quei giorni che portarono poi, per una causale coincidenza di movimenti avversari, allo scontro di Punta Stilo, presero parte tutti e quattro gli incrociatori classe “Di Giussano”.
Il grosso convoglio organizzato per rifornire le truppe operanti in Libia (fino a quel momento si erano eseguiti solo i trasporti dei materiali più indispensabili, ma in limitatissimi quantitativi, a mezzo di unità leggere, sommergibili e cacciatorpediniere e di tre piroscafi veloci), composto dai piroscafi Esperia, Calitea, Pisani e Foscarini, partiti da Napoli alle 18,00 del 6 luglio e dal piroscafo Barbaro aggregatosi agli altri da Catania il mattino del 7 luglio, doveva essere scortato dalla II Divisione, dalla X Squadriglia CT, dalla IV Squadriglia torpediniere più una sezione di torpediniere di vecchio tipo.
Questo consistente gruppo di navi, partendo il mattino del giorno 8 e navigando a 20 nodi avrebbe dovuto raggiungere il più lento convoglio – 14 nodi – a sud della Sicilia e scortarlo nel tratto più pericoloso della navigazione, fino a Bengasi.
A distanza, la protezione doveva essere assicurata dal Pola e dagli incrociatori pesanti della I e III Divisione con tre Squadriglie di CT e, a sostengo, si sarebbero trovate contemporaneamente in mare le due navi da battagli in quel momento disponibili (Cesare e Cavour), due Divisioni di incrociatori leggeri, l’VIII e la IV (Da Barbiano) e 4 Squadriglie CT. Praticamente, per assicurare il buon esito dell’operazione, prese il mare il grosso della flotta.
Bande Nere e Colleoni partirono da Augusta alle 12,55 del 7 e svolsero la loro missione senza incidenti. Nelle prime ore del giorno 8 fu loro ordinato dall’Ammiraglio Campioni, Comandante in Capo delle Forze in mare, in conseguenza delle prime informazioni sulla presenza di navi inglesi, di modificare la loro rotta da 147° a 180° in modo da poter eventualmente dirottare su Tripoli. Alle ore 07,10, dato l’esito negativo delle ricognizioni effettuate con aerei della IV Divisone, l’Ammiraglio ordinò al convoglio di riprendere la rotta originaria. I mercantili giunsero tranquillamente a Bengasi mentre agli incrociatori di scorta ed alla Squadriglia CT fu ordinato di dislocarsi a Tripoli. Il Bande Nere dette fondo a Tripoli alle 10,25 del giorno 9 ed il Colleoni alle 13,10.
Nello scontro di Punta Stilo, per quanto riguarda gli incrociatori della IV Divisione – facente parte del gruppo Cesare – che comprendeva Di Giussano, Da Barbiano, diaz e Cadorna, aggiungeremo quanto segue.
Dopo le 14,30, in seguito al definitivo e sicuro avvistamento del nemico, alla distanza di 80 mi8glia, da parte di un aereo della 142^ squadriglia da ricognizione marittima, l’Ammiraglio Campioni diresse con tutte le navi ai suoi ordini, con rotta 10°, verso la formazione avversaria.
Contemporaneamente Diaz e Cadorna lamentarono delle avarie agli apparati motori per cui l’Ammiraglio preferì privarsi del loro contributo rimandandoli verso la base. La IV Divisione che insieme all’VIII Divisione formava una colonna a 5 miglia a levante delle corazzate, rimase quindi formata dai due soli incrociatori Di Giussano e Da Barbiano.
Alle 14,15 le due unità catapultarono ciascuno il loro secondo aereo per esplorare di prora a dritta della Forza Navale, probabile direzione di provenienza del nemico che tantava di portarsi a nord della nostra formazione per tagliarle la rotta per Taranto; (i loro primi aerei erano stati catapultati il giorno prima ed avevano diretto verso Bengasi senza avvistare navi nemiche. L’aereo del Di Giussano (Biondi-Durana) era stato costretto all’ammaraggio di fortuna ed era rimasto in balia del mare per 32 ore prima di essere sospinto dal vento verso la costa). Altri aerei furono lanciatati dall’Eugenio di Savoia, dal Duca degli Abruzzi, dal Garibaldi e dal Cadorna.
Poco dopo gli aerei catapultati segnalarono le forze avversarie a 30 miglia ed alle 15,00 segnalarono che il nemico accostava per nord-nord-ovest. Fra le 14,50 e le 15,10 avvennero gli avvistamenti ottici ed, in particolare, dalla IV Divisione si avvistarono quattro incrociatori leggeri della VII Divisione dell’Ammiraglio Tovey (Neptune, Liverpool, Orion – nave ammiraglia – e Sidney. Il quinto incrociatore della divisione, il Gloucester, attaccato dai nostri aerei il giorno prima era stato colpito sulla controplancia ed aveva perduto, fra gli altri, il Comandante e 6 ufficiali. Ritenendolo menomato nella sua efficienza, l’Ammiraglio Cunningham l’aveva distaccato a protezione della portaerei Eagle, fuori formazione).
Sempre limitandoci alle notizie riguardanti gli incrociatori della IV Divisione (la breve azione può essere seguita meglio sul grafico) diremo che essi, alle 15,17 aumentarono la velocità a 30 nodi e accostarono decisamente verso gli incrociatori leggeri inglesi sui quali aprirono il fuoco alle 15,27 alla distanza di 20.500/21.000 metri. L’VIII Divisione che aveva seguito una rotta di avvicinamento diversa, aveva iniziato il fuoco alle 15,20. Il tiro degli incrociatori leggeri (4 per parte) fu ben diretto, sia da parte nostra che da parte avversaria anche se nessun proiettile cadde a bordo delle navi. Solo sul Neptune le schegge di un colpo esploso in mare vicinissimo, danneggiarono la catapulta e l’aereo che vi era sopra che dovettero buttarlo a mare perché, perdendo benzina dal serbatoio poteva provocare un incendio.
Alle 15,30 però le navi da battaglia inglesi, giunte frattanto a circa 24.000 metri dai nostri incrociatori, iniziarono il fuoco a sostegno dei loro incrociatori leggeri.
I colpi da 381 inquadrarono subito la IV e l ‘VIII divisione che manovrarono per sottrarsi alla pericoloso situazione; l’VIII Divisione accostò verso est e la IV verso sud riprendendo, verso le 15,40 la rotta per nord-ovest e portandosi a poppavia delle nostre corazzate. Le distanze subito aumentate avevano indotto anche la VII Divisione inglese a sospendere il fuoco. Poco dopo, esattamente alle 15,53 iniziava lo scontro fra le corazzate fino a che, come noto, la Cesare venne colpita e l’Ammiraglio Campioni manovrò per interrompere il contatto balistico. Gli ultimi colpi dello scontro furono scambiati fra i nostri incrociatori pesanti e la VII divisione inglese che cercava di riprendere il contatto.
Finito lo scontro Di Giussano e Da Barbiano (con la I e l’VIII Divisione, il Pola e la Cavour) diressero verso Augusta dove giunsero alle 00,40 del 10 luglio.
Durante la navigazione tutta la formazione fu sottoposta a vari attacchi da parte di aerei nazionali che scambiarono le nostre navi per navi inglesi.
Ortunatamente nessuna delle nostre navi fu colpita. Dalle relazioni dei due incrociatori della IV Divisione, si rileva che le due unità reagirono col fuoco contro aerei ritenuti nemici dalle 16,20 alle 21,00. Il Di Giussano ritenne, alle 19,30 di aver abbattuto un aereo ed in effetti un nostro velivolo andò perduto durante questi attacchi.
Si può aggiungere infine, che alle 18,40 i due incrociatori invertirono la rotta per soccorrere il cacciatorpediniere Saetta in avaria e dopo dieci minuti ripresero la rotta primitiva mantenendosi ai due lati del cacciatorpediniere.
Le navi, come si è detto, giunsero ad Augusta in nottata, ma Supermarina aveva elementi per supporre che la base sarebbe stata attaccata da aerosiluranti nemici (cosa che in effetti accadde nella notte fra il 10 e l’11 causando l’affondamento del cacciatorpediniere Pancaldo) e pertanto ordinò subito che le navi lasciassero quell’ancoraggio. Mentre alcune unità andavano a Napoli, la IV e l’VIII divisione lasciarono Augusta alle 19,00 del 10 e fecero rotta per Taranto dove giunsero alle 07,00 dell’11. Le due unità della IV Divisione rimasero ferme in quella base fino al 29 luglio.
17 LUGLIO 1940 – TRASFERIMENTO DELLA II DIVISIONE IN EGEO
– BATTAGLIA DI CAPO SPADA -
Già da qualche tempo Supermarina aveva valutato la possibilità di eseguire un bombardamento delle linee inglesi nella zona di Sollum. Questa rapida incursione doveva essere eseguita da una sezione della IV Divisione (Di Giussano e Diaz) che avrebbe dovuto partire da Taranto, raggiungere nelle prime ore del mattino Tobruk, ricevere colà la scorta della Squadriglia Espero (*) eseguire il bombardamento progettato e rientrare subito a Taranto.
(*) (Questo avveniva quando la Squadriglia “Espero” non era ancora stata distrutta. L’Espero infatti fu affondato in combattimento al largo di Tobruk il 28 giugno ed il 5 luglio, sempre a Tobruk, per siluramento, andò perduto lo Zeffiro mentre l’Euro andava ad incagliarsi. Nella prima quindicina di luglio era ancora efficiente solo il Nembo che fu affondato, con l’Ostro, il 20 luglio nella rada di Tobruk)
La presenza a Tripoli della II Divisione (Bande Nere e Colleoni) e della X Squadriglia C.T. che avevano scortato a Bengasi il convoglio “Esperia”, suggerì un cambiamento di programma. Gli incrociatori, senza però la scorta di cacciatorpediniere, avrebbero dovuto eseguire l’azione contro Sollum nelle ore pomeridiane, poi fingere di tornare verso Tobruk e, nelle ore notturne, invertire di nuovo la rotta e dirigere verso Lero, nel Dodecanneso da dove avrebbero potuto, in seguito, disturbare con rapide incursioni, il traffico inglese nell’Egeo.
Così il giorno 13 luglio Supermarina informava l’Ammiraglio Bruno Brivonesi, Comandante Superiore della Marina in Libia, con sede a Bengasi che “qualora interessasse Supercomando ASI sarebbe intenzione eseguire con incrociatori II Divisione bombardamento zona Sollum, ripeto Sollum e non Marsa Matruk, data sua vicinanza Alessandria”. Per assicurarsi dell’assenza di forze nemiche in mare nella zona, Supermarina richiedeva una preventiva esplorazione aerea dalla Cirenaica e da Rodi.
Il Comando Superiore delle FF.AA. nelle isole italiane dell’Egeo (Egeomil) retto allora dal Quadriumviro De Vecchi di Valcismon, venne informato da Supermarina della progettata operazione a mezzo di un telegramma inviato il giorno 16 e da uno inviato il giorno 18, dopo che era riuscito vano il tentativo di far pervenire ad Egeomil un testo più dettagliato a mezzo di un aereo del Comando Servizi Speciali (che manteneva i contatti con le basi oltremare e con l’Africa orientale). L’aereo con i messaggi, partito il 14 era rimasto fermo a Bengasi per ragioni che non sono specificate fino al giorno 24. Quest’ultimo messaggio arrivò quindi nelle mani del Governatore De Vecchi cinque giorni dopo la conclusione dell’operazione.
Nello stesso tempo, per accertarsi delle concrete possibilità di utilizzazione dei due incrociatori a Lero, Supermarina si era premurato di informarsi presso i nostri Addetti navali ad Atene e ad Istanbul, dei movimenti dei piroscafi nemici.
L’Addetto di Istanbul rispondeva comunicando che tre motocisterne di “tipo fluviale” (probabilmente così definite per le loro ridotte dimensioni) da 1500/2000 tonnellate, erano transitate nel Bosforo la sera del 15 luglio dirette verso i Dardanelli, dove avevano sostato in attesa di riunirsi a tre piroscafi sotto carico ad Istanbul e proseguire poi in convoglio.
L’Ammiraglio Casardi, comandante della II Divisone, già informato per conoscenza del precedente scambio di messaggi, ricevette a mezzo di un aereo proveniente dall’Italia, il plico sigillato contenente il seguente ordine di operazione:
“Argomento: Direttive per missioni di guerra sulle coste Egiziane e in Egeo.
“Segreto – Riservato alla Persona.
“ 1° - Scopo della Missione.
a) Eseguire una breve intensa azione di bombardamento contro gli obiettivi costieri della zona di Sollum indicati dal Supercomando A.S.I., dopo una breve sosta a Tobruk per rifornimento.
b) Trasferirsi, alla fine del bombardamento, a Portolago per compiere da quella base incursioni contro il traffico britannico nelle acque dell’Egeo.
“ 2° - Forze assegnate.
a) I due incrociatori.
b) I cacciatorpediniere dilsocati a Tobruk, per scortarvi al Vostro arrivo da un putno 20 miglia a NW dal punto C di Tobruk fino all’entrata del porto, e da Tobruk fino a Sollum e ritorno (limitatamente alle ore diurne).
“ 3° - Modalità esecutive.
a) I due incrociatori partiranno da Tripoli il giorno X compiendo il percorso alla velocità di traslazione di 20 nodi misurata sulla rotta diretta Tripoli-Tobruk.
Regolerete pertanto l’ora di partenza da Tripoli in modo da raggiungere alle 05,30 del giorno X+1 il punto 20 miglia a NW di C, dove troverete i Ct di Tobruk che Vi moveranno incontro per scortarvi.
Aumenterete convenientemente di velocità nelle zone in cui riterrete opportuno zigzagare.
b) A Tobruk eseguirete rifornimento di nafta e di acqua (cercando di ridurre al minimo il fabbisogno di acqua) e ripartirete da Tobruk per Sollum lo stesso giorno X+1, in modo da avere ultimato li bombardamento circa due ore prima del tramonto.
Da Tobruk a Sollum la velocità sarà di 25 nodi.
Eseguito il bombardamento, dirigerete – sempre a 25 nodi – con rotta di ritorno verso Tobruk fino al calare della notte.
Calata la notte, lascerete liberi i Ct e coi soli incrociatori dirigerete per Portolago passando tra Rodi e Scarpanto oppure a ponente di Creta, secondo che Vi sarà ordinato. Velocità 25 nodi fino all’arrivo a Portolago.
c) A Portolago riceverete istruzioni radiotelegrafiche appoggiate a Marina Lero.
Di massima dovrete tenerVi pronto ad eseguire rapide puntate nelle zone che Vi saranno indicate, per affondare traffico mercantile con la bandiera inglese o al servizio degli inglesi e unità sottili di protezione a detto traffico.
d) Da Portolago rientrerete nella base nazionale che Vi sarà indicata, quando ne riceverete l’ordine.
e) Per garantirVi da sorprese durante le traversate e le operazioni in mare, sarà tempestivamente disposto un adeguato servizio di ricognizione aerea, il cui segnale di scoperta potrete anche direttamente intercettare.
f) Navigherete per quanto possibile in fondali superiori ai 500 metri, e a Tobruk assumerete le informazioni utili a stabilire se nel golfo di Sollum i Ct dovranno precederVi coi paramine. PortarVi in ogni caso nella zona da cui dovete far fuoco per bombardare, seguendo il minimo percorso in acque inferiori ai 500 metri e tenendo presente che a nord di Ras Azzas risulterebbero mine posate da un sommergibile nemico.
“ 4° - Disposizioni varie.
a) Assoluto silenzio r.t. durante tutta la missione. Appoggerete le eventuali comunicazioni a Marina Tobruk e a Marina Lero, quando sarete in quei sorgitori.
b) A Portolago potrete reintegrare le munizioni consumate nel bombardamento di Sollum.
c) A Portolago sarete pronto a muovere in 6 ore fino alle 24,00 del giorno successivo a quello del Vostro arrivo.
Poi starete pronto in 2 ore. Tuttavia dopo ogni puntata offensiva le unità potranno restare per le prime 24 ore dal rientro a Portolago, pronte in 6 ore.
d) La Squadriglia “Maestrale” rientrerà in Italia scortando un gruppo di piroscafi, che le sarà indicato. Voi non ne riceverete comunicazione, se sarete già partito da Tripoli, allo scopo di ridurre il traffico r.t..
e) La data e le modalità della missione Vi saranno comunicate con uno dei seguenti telegrammi, le cui parole saranno (per maggior segretezza) cifrate:
- Sedici Terreni Saranno Espropriati (significato: Il giorno X è il giorno 16; partirete facendo sosta a Tobruk, bombardando Sollum e proseguendo per l’Egeo);
- Rimandate Sosta Prevista (significato: Passate per il Canale Rodi-Scarpanto);
- Pervenuto Plico Confidenziale (significato: Passate a ponente di Creta);
- Sedici Trasmissioni Errate (significato: Il giorno X è il giorno 16; partite direttamente da Tripoli per l’Egeo).
Quest’ultima formula telegrafica completa il caso che all’ultimo momento si dovesse rinunciare all’azione contro Sollum.
f) Il contenuto del presente dispaccio dovrà essere conosciuto da Voi solo; i Vostri Comandanti apriranno in mare, dopo la partenza dal porto, le istruzioni che Voi impartirete.
g) Accusate ricevuta indicando soltanto il numero di protocollo del presente dispaccio.
Il Capo di Stato Maggiore
f.to CAVAGNARI
Le navi della II Divisione accesero le caldaie alle ore 09,30 del giorno 17; due giorni prima il Comando Superiore in Libia aveva informato che il bombardamento della zona di Sollum non era ritenuto utile (probabilmente per la difficoltà di riconoscere gli obiettivi da bombardare) e Marilibia ne aveva, a sua volta, informato il Ministero. Pertanto Supermarina dette il via all’Ammiraglio Casardi con il telegramma “Diciassette trasmissioni errate”, ordinando cioè di partire il giorno 17 da Tripoli direttamente per l’Egeo.
Le due navi lasciarono Tripoli alle 20,35; navigando a 20 nodi sarebbero giunte a nord della Cirenaica la sera del 18 e quindi, facendo rotta per passare a nord di Creta, dovevano arrivare nella zona di Cerigotto e Capo Spada verso le 04,30 del 19 ed a Portolago, a Lero, alle 14,00 dello stesso giorno.
Nessuna notizia dell’operazione era trapelata al Comando inglese. Il caso volle che proprio il giorno 19 il Comandante della Mediterranean Fleet avesse disposto una caccia antisommergibile con quattro CT della II flottiglia (Hiperion, Ilex, Hero; hasty) nel canale fra Caso e Creta, e una ricerca a rastrello nel Golfo di Atene con un incrociatore (Sidney – C.V. Collins) ed un CT (Havock) per preparare la strada ad un convoglio di prossima partenza dall’Egitto (convoglio AN.2) Contemporaneamente altri 8 CT si trovavano nell’Egeo meridionale per assicurare la navigazione di un convoglio proveniente pure dall’Egitto e per riceverne un altro proveniente dai Dardanelli, proprio quello segnalato dal nostro Addetto navale ad Istanbul. Come si vede il Comando inglese prendeva i suoi buon provvedimenti per assicurare il suo traffico che passava sotto il naso dei nostri Comandi nel Dodecanneso.
Molto probabilmente l’azione di disturbo che i due nostri incrociatori avrebbero dovuto esercitare nella zona avrebbe trovato una consistente reazione avversaria ed avrebbe avuto pertanto scarse probabilità di successo.
Intorno alle 06,00 del 19 luglio, i nostri incrociatori in linea di rilevamento e zigzagando a 25 nodi, entravano nel canale fra Creta e Cerigotto. Il mare era molto agitato con vento teso da maestrale ed il sole stava sorgendo proprio di fronte alle nostre navi. Nello stesso momento, dalla parte opposta, col sole alle spalle, provenivano in linea di fronte, a circa 1000 metri di distanza l’uno dall’altro i 4 cacciatorpediniere inglesi della II flottiglia.
Le due formazioni, al momento dell’avvistamento, avvenuto probabilmente contemporaneamente e, comunque, da parte nostra, alle ore 06,17, distavano l’una dall’altra circa 17.000 metri. Il Sidney con l’Havock si trovavano a circa 60 miglia con rotta a nord verso il Golfo di Atene.
Ricevuta la comunicazione di scoperta il C.V. Collins diresse subito alla massima velocità verso sud mentre i CT della II flottiglia prendevano caccia verso nord-est.
L’Ammiraglio Casardi, ritenendo che i CT nemici costituissero la scorta di altre unità, forse di un convoglio, ordinò di aumentare a 30 nodi e di inseguirli. Alle 06,27 gli incrociatori si spiegarono sulla sinistra per mettere in linea tutti i pezzi ed iniziarono il fuoco con i 152 alla distanza di 17.400 metri sui due CT più vicini.
In questa prima fase del combattimento i nostri incrociatori ebbero la possibilità di tirare con i 152 mantendosi fuori portata dei 120 avversari. Gli inglesi risposero infatti al fuoco dopo la nostra quinta salva, ma i colpi caddero corti di 7/800 metri. Alle 06,43, i CT inglesi tentarono il lancio dei loro siluri che, data la distanza – intorno a 18.000 metri – avevano poche possibilità di incontrare il loro bersaglio. Né il nostro tiro peraltro aveva efficacia, anche perché il sole abbagliante in faccia disturbava le operazioni di punteria. Intanto le distanze aumentavano, sia per la velocità superiore dei CT avversari (35 nodi circa) anche se ora gli incrociatori italiani navigavano a 32 nodi, quasi il massimo raggiungibile, sia per le rotte leggermente divergenti come può vedersi nel grafico. Alle ore 06,50, dopo aver cessato il tiro, la nostra Divisione accostava ad un tempo sulla dritta per accorciare le distanze mentre i CT avversari emettevano una cortina di nebbia artificiale che, sommata alla foschia del mattina, li rese totalmente invisibili. Alle ore 06,58 i CT riapparvero, ormai a 23.000 metri e gli incrociatori spararono ancora qualche salva ormai senza efficacia, sospendendo definitivamente il tiro alle 07,05. Le due formazioni continuarono a navigare con rotte ora leggermente convergenti, ma con i più veloci CT ormai passati completamente di prora agli incrociatori e fuori tiro.
Conoscendo, come avvenne in seguito, l’aggressività dei comandanti britannici, la fuga dei CT avversari avrebbe potuto generare qualche sospetto. A meno che essi non avessero nulla da difendere – non costituissero quindi la scorta di un convoglio – e volessero pertanto sottrarsi alla superiorità di calibro italiana senza nulla tentare, il loro rapido allontanamento poteva far pensare che cercassero di condurre il loro avversario sotto il tiro di altre unità.
Se l’Ammiraglio Casardi avesse in precedenza lanciato gli aerei imbarcati per esplorare il tratto di mare che lo separava dalla sua meta, o se Egeomil avesse intensificato le sue ricognizioni, forse avrebbe avuto la fortuna di essere informato in tempo di ciò che avrebbe trovato sulla sua rotta.
Invece lo stato del mare che rendeva rischioso il decollo e la necessità di mettere la prora al vento per il lancio – con perdita di tempo – avevano indotto il nostro Ammiraglio a rinunciare alla ricognizione di bordo.
Egeomil, da parte sua, aveva fatto eseguire ricognizioni senza esito nel pomeriggio del 18 ed aveva disposto che tre Cant Z 501 partissero da Lero alle 04,45 del 19. Questi 3 aerei che avrebbero potuto forse fare qualche avvistamento, non poterono partire all’ora fissata per inconvenienti tecnici (erano aerei non più giovanissimi) e solo alle ore 06,20 e alle 06,50 poterono partire altri due aerei che, giunti alle ore 08,30 nella zona dello scontro, poterono solo constatare che i CT inglesi stavano raccogliendo i naufraghi del Colleoni mentre il Bande Nere si ritirava verso sud-est inseguito dal Sidney e da due CT.
Tornando sul teatro dello scontro ritroviamo il Bande Nere ed il Colleoni seguire con rotta a nord-est i CT inglesi a distanze invariate. Alle 07,22 il Comando Divisione richiese ad Egeomil l’invio di aerei da bombardamento che, a parte il disturbo, ben poco, come ormai sappiamo, avrebbero potuto fare contro i veloci CT.
Alle ore 07,30, quando ormai i CT nemici si erano persi nella foschia, le nostre navi videro cadere nelle immediate vicinanze, provenienti da sinistra, attraverso un banco di bassa e densa nebbia, varie salve di medio calibro.
Del nuovo avversario si scorgevano solo le vampe delle salve attraverso la nebbia e non altro. Il tiro proveniva dal Sidney che si trovava in quel momento a 12.000 metri dai nostri incrociatori, con rotta a sud-est, rapidamente convergente a quella seguita dalle nostre navi.
Il tiro nemico diretto sul Bande Ner fu subito ben centrato ed immediatamente un proiettile da 152 colpì l’unità.
Sulla relazione del servizio GN si legge:
“ore 07,30. Cade un colpo da 152 sul lato sinistro, all’altezza della prima sovrastruttura circostante la cassa a fumo caldaie prodiere, perforando il montante di sinistra del quadripode. Produce uno squarcio di m. 5x4. Proseguendo la sua corsa il proiettile perfora la cassa nafta di servizio delle cucine sottufficiali ed equipaggio ed attraversa la cassa a fumo della caldaia n. 1. Penetrando nel fumaiolo produce uno squarcio di m. 6x5 contorcendo e schiodando lamiere. Nell’urto contro le lamiere del fumaiolo il proiettile scoppia producendo i massimi effetti dirompenti all’esterno del fumaiolo stesso e schiodando le lamiere dalle mastre che però non subiscono danni. L’osteriggio della lavanderia viene schidato e contorto. Squarci e danni nella zona antistante”.
Lo scoppio di quel primo proiettile uccise 4 marinai e ne ferì altri 4.
Bande Nere e Colleoni iniziarono immediatamente il fuoco ma senza poter telemetrare, regolandosi sulle vampe che apparivano nella foschia e subito accostarono per 90° a un tempo sulla dritta, continuando quindi il tiro con le torri di poppa. Le salve dei nostri incrociatori non erano però ben centrate e solo un colpo anomalo raggiunse il Sidney sul fumaiolo di prora senza provocare seri danni e ferendo leggermente un marinaio. I colpi dell’invisibile nemico cadevano invece ben vicini alle nostre navi ed allora l’Ammiraglio Casardi ordinò di emettere la nebbia.
Non appena i nostri incrociatori furono al riparo della cortina da loro distesa, il tiro del nemico divenne subito irregolare. Dopo 4 minuti le unità cessarono di far nebbia ed accostarono ancora a dritta dirigendo a sud. Diradatisi i fumi apparve l’incrociatore nemico a circa 19.000 metri con il suo CT (che fu scambiato, a bordo delle nostre navi, per un secondo incrociatore) e i 4 CT della II Flottiglia che, invertita la rotta, si stavano accodando al Sidney.
Le nostre navi accostarono ancora sulla dritta alle 07,53 dirigendo su Capo Spada e poi accostarono ancora per doppiare il Capo.
Il Sidney continuò a seguire la nostra formazione a non più di 10 miglia di distanza sempre sparando sul Colleoni che gli era più vicino mentre l’Havock si riuniva agli altri CT che seguivano a maggior distanza in linea di rilevamento e che cominciarono a tirare verso le 08,100 con tiro però corto.
A questo punto la situazione per i nostri incrociatori non era sfavorevole: essi potevano contare su 16 pezzi da 152 contro 8 del Sidney; i 20 pezzi da 120 dei cinque CT non avevano rappresentato fino ad allora un serio pericolo per la loro gittata insufficiente. In più essi avevano un leggero margine di velocità sul Sidney che in teoria avrebbe dovuto fare 32,5 nodi ma che non era in grado di farne più di 30-31 mentre i nostri, benché scaduti dalle loro brillanti prestazioni di un tempo, potevano ancora sorpassare i 32.
L’Ammiraglio Casardi cercava di portarsi in acque libere e di mantenersi in posizione avanzata, a suo dire, per poter usare più convenientemente anche i siluri (che però non furono lanciati).
E’ sempre accaduto, però, che il vantaggio sia passato dalla parte di chi ha cercato di accorciare le distanze anziché di combattere al limite della portata dei propri cannoni. A sfavore della nostra Divisione rimanevano le condizioni di visibilità, più per la persistente foschia che per il sole ormai alto, eil mare vivo da maestro che causava alle unità un notevole rollio rendendo difficile la punteria.
In tale situazione la decisione dello scontro poteva venire solo dal primo colpo fortunato e la sorte (o la superiorità inglese nel materiale e nell’esercizio di tiro) volle che questo toccasse al Sidney.
Alle ore 08,24 mentre le nostre navi, sempre sparando con tutte le otrri ed eseguendo frequenti accostate per disorientare il nemico, si trovavano quasi al traverso di Capo Kimaros, 5 miglia oltre Capo Spada, il Colleoni inquadrato dal tiro sempre più preciso del Sidney, fu investito dai primi colpi. Subito il timone andò in avaria, non governando neppure dalla camera d’ordini, tuttavia essendo rimasto al centro la nave restò in rotta. Nei minuti successivi il Colleoni sul quale il Sidney continuava a sparare (il Bande Nere colpito in precedenza, al fumaiolo prodiero, emetteva irregolarmente del fumo che lo rendeva meno visibile) fu ancora colpito in tutte le zone, particolarmente al centro e sul torrione con molte perdite tra il personale, avarie e accensione di focolai di incendio.
Ai colpi del Sidney si erano aggiunti ora quelli dei CT fattisi più vicini.
I proiettili raggiunsero il locale caldaie 5 e 6 mettendo immediatamente fuori uso le stesse, distruggendo il collettore principale di vapore ed altre tubolature. Il vapore surriscaldato che invase il locale ed i locali adiacenti uccise tutto il personale addetto. Per la distruzione del collettore tutte le altre caldaie rimasero senza acqua e la nave quasi immediatamente si fermò.
Priva di energia continuò a sparare solo con i pezzi da 100 che avevano iniziato il fuoco appena i CT nemici erano giunti a distanza utile. Mancata l’energia elettrica e successivamente, per il susseguirsi delle avarie, anche la luce di riserva, tutti i locali interni rimasero all’oscuro.
Tutte le unità nemiche, giunte ora a breve distanza, sparavano sul facile bersaglio e sotto la grandine di colpi il torrione e la plancia furono devastati e incendiati e tutto il personale colà destinato rimase morto o ferito.
Poco dopo anche i pezzi da 100 al centro, esaurite le riservette e non potendo essere riforniti dal deposito centrale devastato dai colpi, cessarono di sparare.
In pochi minuti la nave era diventata un relitto fumante, con l’equipaggio decimato, incapace di qualsiasi reazione. In quei tragici momenti il comportamento del personale ancora entusiasmato dalla lotta fu coraggioso. Nelle caldaie prodiere, mentre la nave riceveva colpi su colpi, si continuò a lavorare nel tentativo rimetterle in pressione e nel deposito munizioni di prora il personale rimase al suo posto per rifornire le torri finché l’acqua arrivò alla vita.
Alle ore 08,30 (erano passati solo 6 minuti da quando il Colleoni aveva ricevuto il primo colpo) il Comandante Umberto Novaro dette l’ordine di allagare i depositi e di abbandonare la nave.
In quel momento, da breve distanza, l’Ilex e l’Havock lanciarono dei siluri che colpirono il Colleoni prima poco a proravia della torre prodiera, provocando il distacco e l’affondamento immediato di una trentina di metri di scafo, poi al centro aprendo una grossa via d’acqua che invase la nave che si capovolse e affondò rapidamente sollevando un poco la poppa.
Mentre il Sidney, l’Hero e l’Hasty si allontanavano proseguendo l’inseguimento del Bande Nere, l’Havock, l’Ilex e l’Iperion si portarono subito sul luogo dell’affondamento e, calando delle reti a larghe maglie fuori bordo, iniziarono il recupero dei naufraghi.
Ne salvarono 525 di cui 93 feriti; 8 di loro non sopravvissero e furono sepolti in mare, con gli onori militari, al largo di Alessandria, altri 4 morirono appena giunti in porto e fra essi il Comandante Umberto Novaro che, gravemente ferito era stato sostenuto da un ufficiale fino sotto bordo dell’Ilex.
Al Comandante Novaro, come agli altri Caduti, gli inglesi resero dignitosi onori. Ai funerali svoltisi ad Alessandria presero parte con il lutto al braccio, secondo la loro tradizione, ufficiali e marinai inglesi delle navi che avevano partecipato al combattimento, reggevano i cordoni della bara il C.V. Collins del Sidney e i comandanti delle altre navi inglesi.
Non tutti i naufraghi cercarono salvezza a bordo delle navi inglesi, alcuni, una cinquantina sembra, cercarono di raggiungere la costa non lontanissima, ma solo 7 riuscirono dopo una penosa odissea, nell’intento o furono raccolti da un peschereccio greco.
I CT inglesi avrebbero probabilmente raccolto tutti i naufraghi se non fossero giunti poco dopo alcuni bombardieri italiani, provenienti da Rodi, che lanciarono delle bombe che causarono solo trascurabili danni all’Havock cadendo nelle vicinanze della nave (alcune schegge forarono la fiancata e la caldaia 2 e ferirono un marinaio).
L’azione dei bombardiere ebbe quindi la sola dolorosa conseguenza che i CT inglesi sospesero le operazioni di recupero per cui il numero delle perdite del Colleoni fu superiore. Su 643 uomini di equipaggio morirono in quel giorno 4 ufficiali, 17 sottufficiali e 100 sottocapi e comuni.
Mentre il Colleoni affondava sotto i colpi dei CT inglesi, il Sidney, l’Hero e l’Hasty continuarono il loro duello a cannonate con il Bande nere che intanto, passato al traverso di Capo Kimaros, aveva accostato verso sud dirigendo verso l’isolotto di Pondiconisi e continuava a sparare con le torri poppiere in tiro autonomo.
Alle 08,50 un secondo colpo da 152 cadde sul Bande Nere, fortunatamente senza gravi conseguenze. Nella relazione del G.N. si legge:
“Il proiettile entra fra le ordinate 177-178 facendo un foro ovale di cm 30x22 con rottura del baglio del castello. Proseguendo nella sua corsa il proiettile fora il termotank (apparecchio per fornire acqua fresca potabile N.D.A.) spezza il baglio di coperta sull’ordinata 181 lacerando le lamiere del ponte e provocando un foro di cm. 80x25, fora una condotta d’aria, asporta un rinforzo longitudinale intercostale fra le ordinate 180-182 e scoppia infine sulla paratia fra la zona 1 e la zona 2 rompendo tre montanti della paratia stessa ed asportando una porta. La lacerazione provocata dallo scoppio nella paratia misurava cm. 110x80. Danni da schegge nella zona circostante. Una scheggia esce dal bagnasciuga fra le ordinate 184-185”
Le perdite umane causate da questo secondo colpo a bordo furono di 4 marinai uccisi e 12 feriti. Nello stesso momento il cattivo funzionamento di una valvola costringeva il personale a spegnere una caldaia. La velocità scese rapidamente a 29 nodi, ma, dopo una decina di minuti, anche con solo 5 caldaie il Bande Nere poteva tornare a fare 30 nodi ed alle 09,16, sempre con 5 caldaie, 32 nodi, conferma delle brillanti qualità delle sue anziane e macchine.
La distanza dell’avversario che era scesa al disotto dei 16.000 metri, salì di nuovo a 19.000. Sempre sparando con le torri poppiere, ora che la visibilità era chiara e si poteva telemetrare bene, le salve della nave erano ben centrate. Alle 09,26 gli inglesi cessarono l’inseguimento; il Sidney accostò sulla dritta e si allontanò seguito dai due CT: gli erano rimasti solo 4 colpi per cannone nella torre A e nella torre B.
Il Bande Nere, che era giunto quasi al traverso dell’isola di Gaudo, distandone circa 40 miglia, proseguì verso Tobruk poi, quando il nemico scomparve all’orizzonte, alle 10,15 accostò per Bengasi. Alle 20,00 la nave giunse a Bengasi ormeggiandosi alla estremità del molo interno.
I feriti furono sbarcati subito e ricoverati nella nave ospedale California; il giorno dopo, ormeggiandosi a fianco del California furono trasferite anche le salme degli 8 caduti.
Il fatto che il Bande Nere abbia modificato la rotta dirigendo su Bengasi anziché su Tripoli risultatò una manovra azzeccata, perché il mattino del 20 gli inglesi bombardarono Tobruk utilizzando gli Swordfish imbarcati sulla Eagle con la speranza di trovarvi l’incrociatore danneggiato. La loro incursione comunque causò l’affondamento dei CT Nembo e Ostro che erano alla fonda in rada e del piroscafo Sereno.
21-22 LUGLIO 1940 – TRASFERIMENTO DEL BANDE NERE A TRIPOLI
Il 21 luglio, alle ore 09,15, salutato alla voce dall’equipaggio e dal personale del California, il Bande Nere lasciò Bengasi con la scorta della torpediniera Centauro. Durante la navigazione la Centauro ebbe un’avaria al timone ed il Bande Nere eseguì attorno ad essa varie rotte di protezione nell’attesa che l’avaria fosse riparata. Le due navi giunsero a Tripoli alle 18,52 del 22 iniziando subito il rifornimento.
Il Bande Nere rimase a Tripoli 10 giorni ormeggiato al molo sottoflutto.
Il 25 luglio lasciò l’ormeggio per dirigere alla volta di La Spezia, ma dopo tre ore di navigazione ricevette l’ordine di rientrare a Tripoli.
30 LUGLIO – 1° AGOSTO 1940 – LA IV DIVISIONE SCORTA IL CONVOGLIO T.V.L.
La IV Divisoine con Da Barbiano e Di Giussano prese parte alla complessa manovra per la scorta al convoglio T.V.L. (trasporto veloce lento) che venne organizzata fra il 27 luglio ed il 1° agosto per trasportare in Africa settentrionale truppe e materiali dell’Esercito e dell’Aeronautica.
I tre convogli, nella zona più pericolosa della traversata, fra la Sicilia e la Libia, furono protetti a distanza da un vasto schieramento di forze navali (I, VII, IV Divisione) che ave il compito di stornare eventuali pericoli provenienti dalle forze inglesi di Alessandria; Di Giussano e Da Barbiano, con la scorta dei CT Pigafetta, Zeno e Malocello, che dovevano proteggere il convoglio lento, lasciarono Taranto alle 05,55 del 30 luglio e giunsero a fine missione ad Augusta alle 10,00 del 1° agosto.
31 LUGLIO – 2 AGOSTO 1940 – TRASFERIMENTO DEL “BANDE NERE” A LA SPEZIA
Il Bande Nere lasciò definitivamente Tripoli alle 12,10 del 31 luglio.
Durante la navigazione, alle 20,00, sparò tre salve da 100 contro un aereo da ricognizione nemico che si era avvicinato a 12.000 metri. Per il resto della navigazione non vi furono incidenti e l’unità giunse a La Spezia alle ore 10,15 del 2 agosto.
4 AGOSTO – 5 SETTEMBRE 1940 – IL “BANDE NERE” E’ A LA SPEZIA PER LAVORI
Il Bande nere entrò in Arsenale a La Spezia il mattino de 4 agosto per le necessarie riparazioni. Il 21 agosto uscì dal bacino e i lavori si protrassero fino al 29 agosto quando l’unità uscì dall’Arsenale ormeggiandosi agli scali e proseguendo piccoli lavori che durarono fino al 5 settembre.
5-6 AGOSTO 1940 – LA IV DIVISIONE POSA TORPEDINI NEL CANALE DI SICILIA
La IV Divisione, col Pigafetta e lo Zeno ed una squadriglia di torpediniere di scorta eseguì la posa di uno sbarramento di mine nel Canale di Sicilia, fra Pantelleria e Lampedusa.
Le unità rientrarono in Augusta alle 23,30 del 6 agosto.
7-8 AGOSTO 1940 – LA IV DIVISIONE RIENTRA A TARANTO
Gli incrociatori della IV Divisione partirono da Augusta alle ore 20,45 del 7 agosto ed il giorno successivo, alle ore 11,00, si ormeggiarono alla banchina di Mar Piccolo a Taranto. Le due unità rimasero a Taranto per tutto il resto del mese alternando periodi di ormeggio alla boa in Mar Grande con altri in Arsenale, in Mar Piccolo, per brevi lavori.
25 AGOSTO 1940 – SCIOGLIMENTO DELLA II DIVISIONE
La II Divisione composta ormai del solo Bande Nere ai lavori a La Spezia, venne sciolta, L’Ammiraglio Casardi con il suo Stato Maggiore sbarcò dalla nave che passò a far parte della IV Divisione divenendone nave ammiraglia.
28-29 AGOSTO 1940 – TRASFERIMENTO DA TARANTO DELLE NAVI DELLA IV DIVISIONE
Di Giussano e Diaz uscirono da Taranto il mattino del 28 agosto per eseguire, nel Golfo, esercitazioni di tiro contro bersaglio rimorchiato. La sera dello stesso giorno, alle ore 23,00 lasciarono Taranto diretti a Palermo dove giunsero alle 19,00 del giorno successivo. Anche il Da Barbiano ed il Cadorna, la sera del 28 agosto, lasciarono la base diretti il primo a Pola ed il secondo a La Spezia.
Durante la navigazione notturna il Da Barbiano investì il motoveliero Buona Fortuna che navigava a luci spente; la torpediniera Partenope, di scorta all’incrociatore assieme alla Pleiadi, prese a rimorchio il motoveliero e lo condusse a Brindisi. Nell’incidente il Da Barbiano riportò lievi danni ai lanciasiluri di sinistra. L’unità giunse a Pola all e08,30 del 31 agosto e fu posta nella posizione di “riserva” per lavori sbarcando parte del personale.
29 AGOSTO 1940 – NUOVO COMANDASNTE DELLA IV DIVISIONE
Sul Bande Nere imbarcò il nuovo Comandate della IV Divisione, Ammiraglio Alberto Marenco di Moriondo con il suo C.S.L., C.F. Franco Basilini che erano sbarcati il giorno precedente a Taranto dal Da Barbiano.
30-31 AGOSTO 1940 – TRASFERIMENTO DEL “DI GIUSSANO” A NAPOLI
Il Di Giussano partì da Palermo alle 23,00 del 30 arrivando a Napoli alle 08,45 del 31.
5-6 SETTEMBRE 1940 – TRASFERIMENTO A PALERMO
Il Di Giussano lasciò Napoli alle 22,35 del 5 settembre e giunse a Palermo alle ore 09,00 del giorno 6.
6 SETTEMBRE 1940 – USCITA DEL “BANDE NERE”
Il Bande Nere uscì da La Spezia per effettuare prove di macchina.
6 SETTEMBRE 1940 – LAVORI SUL “DA BARBIANO”
A Pola, in Arsenale, iniziano i lavori di grande manutenzione del Da Barbiano.
8 SETTEMBRE 1940 – TRASFERIMENTO DEL “DI GIUSSANO” A NAPOLI
Il di Giussano lasciò Palermo alle ore 09,38 dell’8 settembre e giunse a Napoli alle 19,07 dello stesso giorno. Rimase fermo a Napoli fino al 22 del mese impegnato in piccoli lavori di manutenzione. Il 9 settembre il Sottosegretario per la Marina, Ammiraglio Cavagnari, visitò l’unità.
18 SETTEMBRE 1940 – USCITA DEL “BANDE NERE”
Breve uscita del Bande Nere da La Spezia per esercitazioni di tiro.
23 SETTEMBRE 1940 – USCITA DEL “DA BARBIANO”
Breve uscita del Da Barbiano da Pola con a bordo allievi della Scuola cannonieri, per eseguire tiri ridotti.
23-24 SETTEMBRE 1940 – TRASFERIMENTO DEL “DI GIUSSANO”
Il Di Giussano, assieme al Diaz, lasciò Napoli alle 18,30 del 23 settembre e tornò a Palermo dove giunse alle ore 03,30. Rimase a Palermo fino al 27 ottobre impegnato in piccoli lavori di manutenzione.
28 SETTEMBRE 1940 – USCITA DEL “BANDE NERE”
Il Bande Nere effettuò una breve uscita da La Spezia per eseguire alcune serie di tiri.
27-28 SETTEMBRE 1940 – USCITA DEL “DA BARBIANO”
Il Da Barbiano effettuò due brevi uscite da Pola, scortato dalle torpediniere Confienza e San Martino per eseguire esercitazioni di tiro per gli allievi cannonieri delle Scuole di Pola.
16 OTTOBRE 1940 – LA IV DIVISIONE CESSA DI FAR PARTE DELLA II SQUADRA
Le unità della IV Divisione cessarono di far parte della II Squadra passando alle dirette dipendenze di Supermarina.
16-17 OTTOBRE 1940 – IL “BANDE NERE” VA A NAPOLI
Il Bande Nere terminati i lavori, partì da La Spezia alle 12,00 del 16 ottobre e giunse a Napoli alle 09,00 del 17.
19 OTTOBRE 1940 – IL “BANDE NERE” VA A PALERMO
Il bande nere salpò da Napoli alle 07,00 del 19 ottobre e giunse a Palermo alle 17,15 dello stesso giorno.
21-22 OTTOBRE 1940 – USCITE DEL “DA BARBIANO”
Il Da Barbiano eseguì due uscite da Pola per esercitazione degli Allievi cannonieri.
28 OTTOBRE – 4 NOVEMBRE 1940 – TRASFERIMENTO IN ALBANIA DELLA IV DIVISIONE
Il 28 ottobre 1940 ebbe inizio la guerra contro la Grecia. Era stata affrettatamente preparata un’operazione di sbarco a Corfù che fu dovuta abbandonare a causa delle pessime condizioni del mare. In previsione di tale operazione la IV Divisione doveva trasferirsi nelle acque albanesi. Il 28 ottobre alle 15,00 il Bande Nere ed il Di Giussano, col Diaz, lasciarono Palermo dirigendo per lo stretto di Messina dove giunsero attorno alle 21,00.
Proseguendo la navigazione senza avvenimenti di rilievo giunsero il pomeriggio del 29 con tempo pessimo, mare agitato e vento teso, nella rada di Valona. Il Di Giussano, arando sull’ancora, investì con lievi danni il piroscafo Caterina.
Il 1° novembre, alle 18,00, perdurando il tempo pessimo e non potendo mantenere gli ormeggi, Di Giussano e Diaz salparono da Valona riparando nella rada di Ducati. Non poté fare altrettanto il Bande Nere per il manifestarsi di avarie alle caldaie. Il comando della Divisione si trasferì temporaneamente sul Di Giussano. Il 1° novembre, rimandata sine die l’operazione contro Corfù, Da Barbiano e Diaz lasciarono Valona e rientrarono ad Augusta dove giunsero alle 17,00 del 2 novembre.
Il 2 novembre giunse a Valona la Squadriglia Pigafetta con l’Ammiraglio Da Zara che si trasferì sul Bande nere, alzandovi la sua insegna. Il 4 novembre il gruppo: Bande Nere, XV Squadriglia “Pigafetta”, e XII Squadriglia Torpediniere, lasciò Valona alle 08,45 per trasferirsi a Brindisi. Il 7 novembre l’Ammiraglio Da Zara sbarcò in seguito allo scioglimento del gruppo.
12-13 NOVEMBRE 1940 – TRASFERIMENTO DELLA IV DIVISIONE A PALERMO -
Il 12 novembre il Bande Nere lasciò Brindisi e il giorno successivo raggiunse Palermo dove si erano intanto trasferite le altre unità della IV Divisone.
14 NOVEMBRE 1940 – UNITA’ DELLA IV DIVISIONE A PALERMO
Il 14 novembre il Comando di Divisione imbarcò di nuovo sul Bande nere. Le unità della Divisione rimasero a Palermo un mese, sempre pronte a muovere in 6 ore. Sul Di Giussano furono eseguiti piccoli lavori. Durante quel periodo vi furono numerose incursioni aeree nemiche e le navi eseguirono tiri di sbarramento.
14-16 DICEMBRE 1940 – SCORTA AD UN CONVOGLIO
Il Bande nere e il Di Giussano, scortati dai CT Ascari e Granatiere, partirono alle 11,00 del giorno 14 da Palermo per scortare a Tripoli i piroscafi Conte Rosso, Esperia e Marco Polo scortati a loro volta dalla Squadriglia “Vivaldi”. Compiuta la missione, senza entrare a Tripoli, gli incrociatori e la loro scorta invertirono la rotta e rientrarono a Palermo dove giunsero alle 12,45 del 16 dicembre.
8 GENNAIO 1941 - ESERCITAZIONI
Il Bande Nere e il Di Giussano effettuarono una breve uscita da Palermo per svolgere delle serie di tiri ed attacchi simulati da parte di aerosiluranti. Le navi rientrarono alle 15,30.
9-10 GENNAIO 1941 – TRASFERIMENTO A NAPOLI
Il Bande Nere e il Di Giussano lasciarono Palermo alle 20,30 del 9 gennaio dirigendo per Napoli dove giunsero alle 06,00 del giorno successivo. Le due navi iniziarono piccoli lavori che durarono fino al 17 del mese. In quel periodo, durante incursioni aeree nemiche, reagirono con le armi eseguendo tiro di sbarramento.
13 GENNAIO 1941 – IL “DA BARBIANO” ENTRA IN BACINO
Il Da Barbiano lasciò Trieste alle 09,50 e si trasferì a Monfalcone dove venne immesso nel bacino galleggiante dei C.R.D.A. per carenaggio.
13 GENNAIO 1941 – COLLISIONE DEL “BANDE NERE” CON UN PIROSCAFO
A Napoli, a seguito di un improvviso groppo di vento, il piroscafo Lombardia, ormeggiato a fianco del bande nere, si abbatté sull’incrociatore danneggiando il velivolo sulla catapulta.
17 GENNAIO 1941 – CAMBIO DEL COMANDANTE DEL “BANDE NERE”
Il C.V. Carmel sbarcò per malattia; lo sostituì temporaneamente il C.V. Azzi proveniente dal Da Barbiano.
19 GENNAIO 1941 – IL “DA BARBIANO” ESCE DAL BACINO
Il Da Barbiano, terminato il carenaggio, lasciò Monfalcone e, scortato dalla torpediniere San Martino, rientrò a Pola. Durante il trasferimenti eseguì prove di macchina.
5-9 FEBBRAIO 1941 – IL “BANDE NERE” SCORTA UN CONVOGLIO
Il Bande nere lasciò Napoli alle 23,45 del 5 febbraio giungendo a Palermo alle 10,30 del 6. A mezzogiorno salpò da Palermo per fornire la scorta al convoglio veloce formato dai piroscafi Esperia, Conte Rosso, Marco Polo e Calitea provenienti da Napoli carichi di truppe della Divisione “Ariete” diretta in Africa. I 4 piroscafi erano senza scorta perché le avverse condizioni del mare avevano costretto i cacciatorpediniere che li accompagnavano a rientrare a Napoli. Anche il C.T. Tarigo, uscito da Trapani per aggregarsi al Bande nere, fu costretto a rientrare non potendo sostenere il mare. Alle 17,00 l’incrociatore raggiunse il convoglio e si pose di poppa ai primi tre piroscafi lasciando a sua volta di poppa il più lento Calitea.
Il 7 febbraio, giunto in vista di Tripoli, il Bande Nere lasciò il convoglio e tornò verso Palermo scortando questa volta il piroscafo Calino. Il tempo, sempre in peggioramento, costrinse a ridurre notevolmente la velocità della nave. Il Bande nere raggiunse Palermo alle 03,00 del 9 febbraio.
8-12 FEBBRAIO 1941 – TRASFERIMENTO DEL “DI GIUSSANO”
L’8 febbraio il Di Giussano lasciò Napoli e, scortato dalla torpediniera Cosenz diresse per La Maddalena dove giunse alle 1q5,50 del giorno 9. Il giorno 12, completati i rifornimenti, salpò per La Spezia dove giunse alle 18,00.
9 FEBBRAIO 1941 – CAMBIO DEL COMANDANTE DEL “BANDE NERE”
Il 9 febbraio il C.V. Mario Azzi lasciò il comando del Bande Nere cedendolo al C.V. Sesto Sestini. Nei giorni successivi vi furono incursioni aeree su Palermo e il Bande Nere partecipò al tiro di sbarramento.
13 FEBBRAIO 1941 IL “DI GIUSSANO” VIENE POSTO AI LAVORI
Il 13 febbraio il Di Giussano passò nella posizione di riserva ed entrò nell’Arsenale di La Spezia per lavori sbarcando parte del personale che si trasferì a bordo del Cadorna che passava nello stesso giorno nella posizione di armamento. Il 26 febbraio il Di Giussano entrò in bacino.
24 FEBBRAIO 1941 – IL “BANDE NERE” SCORTA UN CONVOGLIO
Il 23 e il 24 febbraio numerose navi divise in tre convogli, partirono dall’Italia dirette in Africa settentrionale. Si trattava dei piroscafi tedeschi Reichenfes, Marburg, Ankara, Kibfels scortati dai 3 C.T. e da una torpediniera, del solito convoglio veloce composto da Esperia, Conte Rosso, Marco Polo e Victoria scortato da 4 C.T. e di un gruppo di altri piroscafi tedeschi Areturus, Wachtfels, Lewerkusen, Alikante e Giulia scortati da 1 C.T. e 3 torpediniere.
Durante la traversata del Canale di Sicilia, i tre convogli dovevano essere protetti a distanza (benché non fosse prevedibile alcuna azione offensiva proveniente da Malta, allora neutralizzata dai bombardamenti aerei) dalla IV Divisione con Bande Nere e Diaz con la scorta dei C.T. Ascari e Corazziere. Il 25 febbraio, alle ore 03,43 sulle boe delle secche di kerkenak, a poche miglia dalla boa n. 4, si udirono due forti esplosioni e si vide una immensa fiammata.
Il Diaz che navigava a 500 metri dal Bande Nere, nella sua scia, era stato raggiunto da un siluro e dopo pochi minuti, alle ore 03,49, affondava, Mentre i due C.T. iniziavano la caccia antisommergibile e iniziavano il recupero dei naufraghi, il Bande nere aumentava la velocità, zigzagando, e conduceva il convoglio attraverso gli sbarramenti mentre degli aerei tedeschi, alle prime luci dell’alba, attaccavano un altro sommergibile nemico in agguato all’uscita degli sbarramenti stessi.
Portato il convoglio a destinazione il Bande Nere rientrò a Palermo dove rimase fino al 20 marzo.
1° MARZO 1941 – IL “DA BARBIANO” TORNA IN ARMAMENTO
Il 1° marzo, a Pola, il Da Barbiano, terminati i lavori, passò dalla posizione di riserva in quella di armamento. Il 7 uscì per eseguire i giri di bussola.
14 MARZO 1941 – USCITA DEL “DA BARBIANO”
Il 14 marzo il Da Barbiano fece una breve uscita per esercitazioni, scortato dalla torpediniera Audace. Furono eseguiti attacchi simulati di aerosiluramento.
18 MARZO 1941 – IL “DI GIUSSANO” TORNA IN ARMAMENTO
Il 18 marzo il Di Giussano uscì dal bacino dell’Arsenale di La Spezia e passò dalla posizione di riserva in quella di armamento. I lavori di rifinitura e di riassetto continuarono ancora alcuni giorni fino al 26 marzo quando l’unità si ormeggio alle boe per eseguire i giri di bussola.
21 MARZO 1941 – USCITA DEL “BANDE NERE”
Il 21 marzo il bande nere uscì da Palermo per esercitazioni di tiro e di attacco simulato di aerosiluranti. Rientrato in porto rimase fino al 24 aprile ormeggiato al molo Piave.
24 MARZO 1941 – USCITA DEL “DA BARBIANO”
Breve uscita del Da Barbiano da Pola, con la scorta del C.T. Audace per esercitazioni di attacco di aerosiluranti che vennero però sospese a causa del vento molto forte. Nei giorni successivi fino al 1° luglio, il Da Barbiano fu utilizzato per esercitazioni in porto e in mare degli Allievi cannonieri di Mariscuole Pola.
4 APRILE 1941 – USCITA DEL “DI GIUSSANO”
Breve uscita del Di Giussano da La Spezia per esercitazioni di tiro.
4 APRILE 1941 CAMBIO DI DIPENDENZA DEL “DA BARBIANO”
Il 4 aprile il Da Barbiano passò temporaneamente alle dipendenze del Comando Forze Navali Speciali, del reparto, cioè che avrebbe dovuto eseguire l’operazione di sbarco a Malta.
9 APRILE 1941 – USCITA DEL “DI GIUSSANO”
Il 9 aprile il Di Giussano fece un’altra breve uscita da La Spezia per esercitazioni di tiro. Alle 13,00 recuperò l’equipaggio di un Cant Z ammarato per avaria. L’aereo fu rimorchiato a La Spezia dal rimorchiatore addetto al rimorchio dei bersagli.
12-14 APRILE 1941 – IL “DI GIUSSANO” FA ROTTA DI TRASFERIMENTO PER BRINDISI
Il 12 aprile alle 19,30 il di Giussano, scortato dalle torpediniere Sirio e Climene, lasciò La Spezia per trasferirsi a Brindisi. Alle 21,00 del giorno 13 l’incrociatore passò attraverso lo Stretto di Messina e due ore dopo venne raggiunto dalla torpediniera Dezza che si unì alla scorta fino a Punta Stilo. Alle 11,09 del giorno 14, nello Jonio, venne avvistato l’Attendolo, con 4 C.T. di scorta, che si unì al Di Giussano. Le navi arrivarono a Brindisi alle 16,50 del 14 e si ormeggiarono alle boe protette da reti parasiluri.
Il giorno successivo, nelle prime ore del mattino, le navi eseguirono un intenso tiro di sbarramento contro aerei che sorvolavano Brindisi.
23-25 1941 – IL “BANDE NERE” SCORTA UN CONVOGLIO
Il giorno 21 aprile era partito da Napoli un convoglio composto dai piroscafi tedeschi Areturus, Castellon, Leverkusen e dall’italiano Giulia scortato da 4 C.T.. Al largo di Palermo si unì al convoglio il piroscafo tedesco Wachfels. Poiché era nota la presenza di unità leggere a Malta, la scorta venne rafforzata, nel Canale di Sicilia, dagli incrociatori Bande Nere e Cadorna, scortati dai C.T. Maestrale e Scirocco. Le unità partirono da Palermo dopo la mezzanotte del giorno 22 e alle 17,44, nel Canale di Sicilia, si unirono al convoglio mantenendosi di poppa ad esso eseguendo varie rotte per mantenere una velocità superiore a quella delle navi mercantili senza peraltro allontanarsene.
Durante la notte fra il 23 e il 24 dalle nostre navi si scorsero vari proiettili illuminanti seguiti da tiro battente di cui era ben visibile la scia delle cadette luminose, in una zona di mare a ponente, ad una distanza stimata di circa 30 miglia.
Era, come si seppe più tardi, la XIV Squadriglia C.T. inglese (Jervis, Juno, Jaguar e Janus) che non era riuscita ad intercettare il nostro convoglio, ma aveva sorpreso in mare la motonave Egeo, proveniente da Tripoli, e stava affondandola a cannonate.
Le nostre navi ed il convoglio diressero subito per levante, allontanandosi dalla zona, e raggiunsero poi Tripoli il pomeriggio del 24. Bande Nere e Cadorna attesero il tramonto prima di ripartire per Palermo navigando ad alta velocità dato che le navi inglesi permanevano in zona. Gli incrociatori giunsero a Palermo senza altri incidenti alle 16,20 del 25.
26 APRILE 1941 – IL “DA BARBIANO” TORNA A FAR PARTE DELLA IV DIVISIONE
Lasciando la dipendenza del Comando Forze Navali Speciali, il Da Barbiano, rimanendo a Pola, tornò a far parte della IV Divisione.
29 APRILE 1941 – USCITA DEL “DA BARBIANO”
Breve uscita da Pola con la scorta della torpediniera Audace per esercitazioni di tiro.
29 APRILE 1941 – IL “DI GIUSSANO” SI TRASFERISCE A MESSINA
Il Di Giussano, con il Duca degli Abruzzi ed il Garibaldi lasciò Brindisi alle 01,55 del giorno 29 e si trasferì a Messina dove giunse alle 19,50. L’unità rimase ferma a Messina fino al 20 maggio.
8-9 MAGGIO 1941 – OPERAZIONE INGLESE “TIGER”
Nell’aprile del 1941 la situazione inglese nel Mediterraneo si era andata aggravando. In Africa settentrionale la controffensiva italo-tedesca aveva riportato le truppe dell’Asse fino al vecchio confine con l’Egitto; solo la piazza di Tobruk era rimasta in mano inglese; in Grecia si stava delineando il crollo della resistenza e l’invasione di tutta la penisola balcanica da parte dei tedeschi. In tale situazione fra le tanti pressanti incombenze che si presentavano alla Mediterranean Fleet, c’era quella di far arrivare celermente rinforzi alle truppe combattenti in Egitto e quella di rifornire Malta e le unità leggere che operavano con successo da quella base. Fu necessario quindi, per gli inglesi, allestire al più presto un’operazione di transito di convogli attraverso il Mediterraneo che fu denominata “Tiger”. In sintesi, attraverso il consueto movimento della forza H da Gibilterra e dalla Mediterranean Fleet da Alessandria verso il centro del Mediterraneo, dovevano passare da Gibilterra ad Alessandria 5 piroscafi veloci carichi di rifornimenti e rincalzi per le truppe combattenti in Egitto, e da Alessandria a Malta quattro piroscafi e due petroliere. Nella stessa occasione la nave da battaglia Queen Elisabeth e due incrociatori leggeri provenienti da Gibilterra, sarebbero andati a rafforzare la Mediterranean Fleet.
L’operazione che si sviluppò fra il 6 e il 12 maggio fu un completo successo per gli inglesi. Un solo piroscafo affondò per aver urtato una mina: tutti gli altri, favoriti da tempo fosco e con nuvole basse e nonostante alcuni attacchi aerei infruttuosi, giunsero salvi a destinazione.
La reazione della nostra Marina messa in allarme da numerosi avvistamenti, il giorno 8 fu inadeguata. Dopo le 20,00 del giorno 8 furono fatti uscire da Palermo gli Incrociatori Bande Nere e Cadorna, Duca degli Abruzzi e Garibaldi scortati dai CT Alpino, Bersagliere, Fuciliere, Maestrale e Scirocco per effettuare una inutile crociera di vigilanza lungo le coste della Sicilia settentrionale mentre venivano approntate – ma non si mossero perché era ormai troppo tardi – la Cesare e la Duilio che erano a Napoli e le unità presenti a Taranto.
Gli incrociatori partiti da Palermo vi ritornarono alle 09,45 del giorno 9 dopo aver percorso senza risultato 296 miglia.
11-13 MAGGIO 1941 – SCORTA CONVOGLIO
Il giorno 11 maggio prese il mare da Napoli un convoglio composto dai mercantili Ernesto, Col di Lana, Giulia, Tembien, Amsterdam e Wachfels scortato da 5 C.T..
La protezione a distanza fu assicurata dalla IV Divisione con Bande Nere e Cadorna scortati dai CT Maestrale, Scirocco e Alpino e dall’VIII Divisone (Duca degli Abruzzi) con 2 C.T..
La IV Divisione lasciò Palermo alle 18,40 del giorno 11 e raggiunse il convoglio alle 05,00 del giorno successivo. Nel pomeriggio sul Bande Nere si verificarono infiltrazioni d’acqua salata nel condensatore delle caldaie poppiere. Alle 17,00 Supermarina autorizzò il Comando della Divisione a passare sul Cadorna ed il Bande Nere tornò a Palermo con la scorta dell’Alpino. I lavori di riparazione dell’avaria durarono dal 14 al 19 maggio.
Alle ore 08,30 del 21 maggio, il Bande Nere con il Cadorna con la scorta del CT Maestrale e della Torpediniera Circe lasciò Palermo per trasferirsi, con rotte costiere, ad Augusta. Alle ore 10,00, per deficienza di lubrificazione, fu dovuta fermare la macchina di dritta e l’unità, proseguendo con una sola macchina, appoggiò su Messina dove giunse alle 18,20. Dopo una verifica nel locale Arsenale nella quale non furono riscontrate particolari avarie, il mattino del giorno 22 fu eseguita una prova in mare a 29,7 nodi. Essendo tutto normale l’unità proseguì per Augusta dove arrivò alle 18,35 ormeggiandosi alla boa.
Anche il Di Giussano che, come ricorderemo, si trovava a Messina dal 29 aprile, si trasferì assieme al Bande Nere ad Augusta, scortato dal C.T. Gioberti.
2-4 GIUGNO 1941 – POSA DI UNO SBARRAMENTO MINATO
Il trasferimento ad Augusta degli incrociatori della IV Divisione era motivato dall’intenzione di Supermarina di posare uno sbarramento di torpedini lungo le rotte tunisine (sbarramento T).
Imbarcate le armi, gli incrociatori lasciarono Augusta alle 16,00 del 2 giugno scortati dai C.T. Scirocco e Giberti. Alle 18,40 si unirono a loro le unità della VII Divisione (Eugenio di Savoia) scortate dalla XV e XVI Squadriglia C.T.. La posa dello sbarramento fu effettuata dalle 11,30 alle 12,15 del 3 giugno. Alle 04,00 del giorno 4, nella rotta di ritorno, la VII Divisione lasciò la formazione e gli incrociatori della IV Divisione diressero per lo Stretto di Messina.
Mentre il Di Giussano entrava a Messina alle ore 11,00 il Bande nere, con il Cadorna, proseguiva per Palermo dove giungeva alle 16,20.
Il Bande Nere uscì brevemente dal Palermo per esercitazioni di tiro, scortato dai CT Maestrale, Scirocco e Grecale.
19 GIUGNO 1941 – TRASFERIMENTO DEL “DI GIUSSANO” A PALERMO
Il Di Giussano lasciò Messina alle 08,05 diretto a Palermo dove giunse alle 19,00. Durante la navigazione eseguì esercitazioni con il Bande nere uscito da Palermo per incontrarlo. Rientrate in porto le unità vi rimasero ferme fino a 5 luglio.
1-18 LUGLIO 1941 – LAVORI SUL “DA BARBIANO”
Il 1° luglio il Da Barbiano eseguì nell’arsenale di Pola lavori di manutenzione che durarono fino al 18 luglio.
6-7 LUGLIO 1941 – POSA DI UNO SBARRAMENTO MINATO
La mattina del 6 luglio il Bande Nere ed il di Giussano imbarcarono circa 320 torpedini per costituire uno sbarramento minato presso le coste siciliane (sbarramento S). Mentre le navi completavano il carico ed avevano già molte torpedini sistemate nelle ferroguide in coperta, alcuni aerei inglesi, apparsi così improvvisamente che le navi non fecero in tempo a reagire con le loro armi, eseguirono un’azione di mitragliamento a volo radente che fortunatamente non provocò alcun danno. Le navi lasciarono Palermo alle 19,30 scortate dai C.T. Maestrale, Scirocco, Grecale. Alle 06,00 del giorno successivo la VII Divisione con 6 C.T. venne a proteggere l’operazione di posa delle mine che durò dalle 07,30 alle 09,00. Terminata l’operazione la formazione diresse per il rientro. Le unità della IV Divisione rientrarono a Palermo alle 16,30.
12 LUGLIO 1941 – IL COMANDO DIVISIONE PASSA SUL “DI GIUSSANO”
Il Comandante della IV Divisione, Ammiraglio Guido Porzio Giovanola con il suo S.M., trasferì la sua insegna dal Bande Nere al Di Giussano.
16-18 LUGLIO 1941 – TRASFERIMENTO DEL “BANDE NERE” A LA SPEZIA
Il Bande Nere lasciò Palermo alle ore 05,30 con la scorta dei C.T. Strale e Fulmine e giunse a La Spezia alle 07,45 del giorno 17. Il giorno successivo fu immesso in Arsenale, ormeggiato nella darsena Duca degli Abruzzi per lavori di grande manutenzione.
19 LUGLIO 1941 – ESERCITAZIONE DEL “DA BARBIANO”
Il Da Barbiano fece due uscite brevi per svolgere esercitazioni con sommergibili nel Golfo del Quarnaro.
5-6 AGOSTO 1941 – TRASFERIMENTO A TARANTO DEL “DI GIUSSANO”
Il Di Giussano lasciò Palermo assieme al Cadorna alle 01,30 del 5 agosto diretto a Taranto dove giunse alle 03,15 del giorno 6 andando ad ormeggiarsi nel Mar Piccolo.
8 AGOSTO 1941 – ESERCITAZIONI DEL “DI GIUSSANO”
Il Di Giussano lasciò l’ormeggio in Mar Piccolo per partecipare ad una esercitazione imbarcando il Comandante in Capo della Squadra Navale.
13 AGOSTO 1941 – IL “BANDE NERE” PASSA IN RISERVA
Il Bande Nere passò nella posizione di riserva nella quale rimase fino a 20 ottobre.
13 AGOSTO 1941 – ESERCITAZIONI DEL “DA BARBIANO”
Il Da Barbiano fece una breve uscita per esercitazioni con sommergibili.
18-19 AGOSTO 1941 – ESERCITAZIONI DEL “DI GIUSSANO”
Il Di Giussano CON IL Cadorna eseguì un’altra esercitazione di tiro a lancio di siluri nel Golfo di Taranto.
4 SETTEMBRE 1941 – ESERCITAZIONI DEL “DA BARBIANO”
Il Da Barbiano uscì da Pola per eseguire esercitazioni con sommergibili. Al rientro rimase fermo in porto per piccoli lavori fino al 1° novembre.
21-22 SETTEMBRE 1941 – ESERCITAZIONI DEL “DI GIUSSANO”
Il Di Giussano eseguì un’esercitazione di tiro notturno nel Golfo di Taranto. Al rientro e fino al 4 dicembre l’unità rimase ferma in porto per piccoli lavori e carenaggio, ormeggiata alla banchina torpediniere in Mar Piccolo.
Breve uscita del Bande nere nella rada di La Spezia per eseguire giri di bussola.
L’Ammiraglio Guido Porzio Giovanola lasciò il Comando della IV Divisione, sostituito dall’Ammiraglio Divisione Antonino Toscano che alzò l’insegna sul di Giussano. Lo stesso giorno l’incrociatore si ancorò presso la diga foranea per eseguire giri di bussola.
Il Bande Nere uscì in mare per esercitazioni di tiro contro manica e per la taratura del radiogoniometro. Durante l’uscita l’unità fu scortata dai MAS 507 e 525 della X Flottiglia.
Il Bande nere fu designato come sede del Comando Forze navali Speciali e alzò l’insegna dell’Ammiraglio Vittorio Turr. Nello stesso giorno assunse il Comando della nave il C.V. Ludovico Sitta.
Il 26 ottobre il Bande nere, terminati i lavori, fu pronto per l’impiego.
2-3 novembre 1941 – trasferimento del “Da Barbiano” a Taranto
Il Da Barbiano lasciò Pola alle ore 12,00 del 2 novembre per trasferirsi a Taranto dove giunse alle 17,25 del giorno 3. Nell’Arsenale a Taranto l’unità fu sottoposta a lavori che durarono fino al 4 dicembre.
24 novembre 1941 – USCITA DEL “BANDE NERE”
Il Bande Nere uscì dalla darsena dell’Arsenale di La Spezia recandosi presso la diga foranea per eseguire giri di bussola. La sera uscì in mare per effettuare esercitazioni di tiro notturno.
27 novembre 1941 – USCITA DEL “BANDE NERE”
Altra breve uscita del Bande Nere, scortato dai MAS 510 e 515 della X Flottiglia e dalle torpediniere Libra e La Masa per eseguire tiri contro bersaglio rimorchiato.
Le due unità della IV Divisone lasciarono Taranto alle 08,15 per trasferirsi a Brindisi dove giunsero alle 17,50.
TRASPORTO DI RIFORNIMENTI URGENTI PER LE TRUPPE IN AFRICA SETTENTRIONALE A MEZZO DI NAVI DA GUERRA
La crisi delle nostre comunicazioni con la Libia manifestatasi alle fine del 1941 (nel mese di novembre, solo il 30% dei materiali giunse a destinazione) fu risentita gravemente dalle nostre truppe operanti su quel fronte; il 19 novembre cominciò l’offensiva dell’VIII Armata britannica; era quindi estremamente necessario far giungere all’Esercito italo-tedesco gli urgentissimi rifornimenti necessari per far fronte alla situazione. Per questo motivo il Comando Supremo chiese alla Marina di usare le navi da guerra per il trasporto dei carburanti e delle munizioni.
Fu così studiato un piano di trasporti urgenti da effettuare su sommergibili, cacciatorpediniere e incrociatori che avrebbero dovuto caricare i materiali in porti nazionali o nei porti greci di Argostoli, Navarino e Suda, dove furono stabiliti depositi su navi cisterna, e fare la spola fra Derna e Bengasi in Cirenaica.
Naturalmente il materiale che si poteva trasportare con le navi da guerra era pochissimo. A parte i pochi quantitativi di viveri e munizioni, quello che più urgeva arrivasse al fronte erano la nafta e la benzina che venivano trasportate in fusti o in lattine per lo più sistemate in coperta (con grave pregiudizio nell’uso delle armi) o negli alloggi, nei quadrati, ecc. (con il pericolo che i vapori gassosi saturassero i locali).
Il pericolo maggiore era comunque che le navi, già menomate nella loro efficienza bellica, perché ingombre di materiale estraneo, potessero subire un attacco nemico: sarebbe bastato un mitragliamento aereo per provocare un incendio di grosse proporzioni con la conseguenza quasi certa di perdere la nave.
Inoltre i porti di arrivo, già danneggiati per le vicende belliche e sottoposti alle incursioni nemiche, non offrivano la possibilità di ricevere rapidamente il materiale trasportato. Spesso avveniva che le navi dovessero gettare le lattine ed i fusti di benzina in mare all’imboccatura del porto affidando ai venti ed alle correnti l’incarico di spingerle nell’interno.
E’ evidente che così molto prezioso carburante andava perduto; tanto per fare un esempio, su 600 fusti di benzina avio gettati in mare da tre cacciatorpediniere della Squadriglia “Vivaldi” a Derna il 29 novembre, ne furono raccolti a terra, dopo 24 ore, solo un terzo e tutto il quantitativo trasportato dalle tre unità non assommava che a 210 tonnellate circa; occorre aggiungere che, per trasportarlo, i cacciatorpediniere avevano consumato circa 600 tonn. di nafta.
D’altra parte non c’era scelta: le nostre Forze in Africa avevano possibilità di operare solo attraverso questo esiguo cordone ombelicale che le legava all’Italia e del resto bisogna notare che nessuna unità da guerra andò perduta nel periodo considerato – novembre-dicembre 1941 – nelle operazioni di trasporto ad eccezione del Da Barbiano e del Di Giussano, come vedremo, e del sommergibile Caracciolo (affondato però nel viaggio di ritorno) e che tutti i rifornimenti spediti – tranne quelli imbarcati sui due incrociatori, giunsero bene o male a destinazione.
Nei viaggi di ritorno le navi spesso portavano in Italia piccoli gruppi di prigionieri o di militari che rimpatriavano perché ammalati.
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Nel programma di Supermarina relativo all’impiego, per trasporto, di unità da guerra, era previsto anche l’impiego della IV Divisione che avrebbe dovuto portare in Libia viveri, nafta, gasolio e benzina per aviazione, quest’ultima indispensabile ai reparti aerei dislocati in Tripolitania che erano tanto a corto di carburante da non poter più effettuare la scorta aerea ai convogli in arrivo.
La scelta degli incrociatori classe “Di Giussano” per questo impiego era una conseguenza della loro inutilizzazione per altri compiti bellici. Abbiamo già detto come le caratteristiche di queste navi non fossero più considerate sufficienti per usarle in missioni di maggiore impegno ed abbiamo visto come dopo i primi mesi del 1940 essi fossero stati relegati al compito di posamine veloci o di navi per l’addestramento dei nuovi equipaggi. Lo stesso discorso valeva per i due Diaz e Cadorna che avevano caratteristiche che si erano rivelate non migliori (nonostante la loro età più recente) se non addirittura peggiori.
8-9 DICEMBRE 1941 – “DA BAR BIANO” E “DI GIUSSANO” SI TRASFERISCONO A PALERMO
Le due unità, dopo aver caricato i viveri e il materiale che avrebbero dovuto trasportare in Africa Settentrionale – circa 50 tonn. in totale – lasciarono Brindisi alle ore 06,00 dell’8 dicembre ed arrivarono a Palermo alle 09,00 del 9.
9-10 DICEMBRE 1941 – MISSIONI INTERROTTA DELLA IV DIVISIONE
Dopo aver caricato a Palermo circa 100 tonn. di benzina in fusti, Da Barbiano e Di Giussano lasciarono Palermo alle 17,20 e seguendo una rotta che passava a ponente di Marettimo, puntarono a sud verso le coste africane. Il mare grosso da nord-ovest e la notte piuttosto fosca lasciavano sperare che la navigazione non sarebbe stata turbata da avvistamenti da parte nemica. Invece la formazione fu presto avvistata da ricognitori che la seguirono segnalando a Malta ogni suo movimento.
Alle 23,00 intanto era sorta la luna che con la sua luce favoriva i velivoli avversari che si mantenevano nel cielo delle nostre navi. Alle 23,55, considerato che ormai era mancata la sorpresa, che il nemico era in allarme, come poteva presumersi dato il suo intenso traffico RT, che il mare era in aumento e avrebbe causato ritardi nell’orario di marcia esponendo più a lungo le nostre navi alla probabile offesa nemica, l’Ammiraglio Toscano ordinò alla Divisione di invertire la rotta e tornare a Palermo.
Giunte di nuovo in prossimità di Marettimo, alle 03,30, i due incrociatori subirono infatti un attacco di aerosiluranti che fu sventato manovrando. Le unità rientrarono a Palermo alle 08,20 del giorno 10.
10-11 DICEMBRE 1941 – TRASFERIMENTO DEL “BANDE NERE” A PALERMO
Il Bande Nere, che il giorno prima aveva eseguito giri di bussola presso la diga foranea, cessando di essere sede del Comando della Forza navale Speciale, lasciò La Spezia alle 16,25 del 10 dicembre e giunse a Palermo, dove riprese il suo posto nella IV Divisione, alle 15,05 dell’11.
La sera stessa il Bande Nere caricò viveri e benzina in fusti (circa 500 tonn.). La sua partenza per la Libia assieme alle altre due unità della Divisione, fissata per il giorno 13 venne rinviata di 24 ore essendosi verificata una infiltrazione di acqua di mare nel condensatore principale di prora. Dopo l’affondamento degli altri due incrociatori, la missione per il Bande Nere verrà definitivamente annullata.
DEL “DI GIUSSANO”. – AFFONDAMENTO DEI DUE INCROCIATORI
Già dai primi di dicembre, sempre per l’urgenza di rifornire le truppe italo-tedesche in Libia, Supermarina aveva progettato una vasta operazione intesa a far giungere a Bengasi, contemporaneamente, tre convogli composti complessivamente, di sei piroscafi, con la scorta diretta di 12 cacciatorpediniere e indiretta di 2 corazzate, 5 incrociatori e 9 cacciatorpediniere; oltre queste imponenti forze un altro gruppo composto dalle due corazzate da 35.000, 4 cacciatorpediniere e 2 torpediniere doveva prendere il mare per appoggiare l’operazione nel caso di incontro con superiori forze nemiche.
Nonostante il massiccio spiegamento di forze l’operazione – denominata M 41 – non ebbe l’esito desiderato perché Supermarina, in possesso di informazioni non esatte circa la presenza in mare di una grossa formazione inglese, comprendente corazzate e incrociatori, diretta da Alessandria verso ponente (in realtà si trattava solo di 4 incrociatori leggeri) preferì sospendere l’operazione; ciò non evitò, nella rotta di rientro, il danneggiamento per siluramento della corazzata Vittorio Veneto e la perdita di due piroscafi che il giorno precedente la partenza del convoglio navigavano diretti a Taranto per riunirsi con le altre navi.
La protezione aerea del convoglio nella zona di arrivo avrebbe dovuto essere garantita dalle forze dislocate in Libia ma, queste erano tanto a corto di carburante da non poter assicurare che qualche sporadico volo. Occorreva quindi che, prima dell’arrivo del convoglio sulle coste libiche, le basi aeree fossero rifornite di benzina ed è per questo particolare motivo che il 13 dicembre, nonostante l’avaria del Bande Nere, fu sollecitata nuovamente la partenza degli altri due incrociatori della IV Divisione carichi dei fusti di benzina già imbarcati in occasione della prima fallita missione del 9-10 dicembre.
Il Da Barbiano e il Di Giussano, scortati dalla torpediniera Cigno uscirono da Palermo alle 18,30 del 12.
Il carico principale: 100 tonn. di benzina, 250 di gasolio e 600 di nafta, anziché nelle consuete lattine a chiusura ermetica usate per i trasporti con le unità da guerra, era in fusti che, non essendo a chiusura stagna, erano stati sistemati in coperta; le due navi imbarcarono inoltre 135 ufficiale e militari del CREM destinati a Tripoli.
Per cercare di sottrarre le navi alle ricognizioni aeree, Supermarina aveva ordinato alla formazione di passare molto a nord-ovest delle Egadi per poi puntare su Capo Bon e quindi costeggiare la Tunisia sempre mantenendo la velocità di 23 nodi.
Prima della partenza delle navi da Palermo alle 15,45 del 12, un velivolo da ricognizione del 51° Gruppo, aveva avvistato, al largo della costa algerina, 4 cacciatorpediniere avversari diretti verso levante alla velocità stimata di 20 nodi. Le quattro navi erano il Sikk (C.V. Stokes), il Maori e il Legion inglesi e l’Isaac Sweers olandese; avevano lasciato Gibilterra l’11 dicembre ed erano diretti a Malta da dove avrebbero dovuto proseguire per Alessandria. Alle 16,45 lo stesso velivolo ripeteva l’avvistamento confermando “nessun cambiamento nell’avvistamento precedentemente segnalato”.
Con questi dati Supermarina fu calcolato che se i 4 C.T. avessero continuato a navigare a 20 nodi, sarebbero giunti al traverso di Capo Bon dopo le 06,00 del giorno 13, mentre se avessero aumentato subito la loro andatura a 28 nodi, velocità considerevole per un trasferimento, vi sarebbero giunti verso le 03,00.
A quell’ora, se i nostri incrociatori avessero mantenuto la velocità a 23 nodi, sarebbero stati a circa 20 miglia oltre Capo Bon.
Per questo motivo, fidando su questo vantaggio non molto sensibile e dato che era urgente ed indispensabile far giungere il carburante in Libia, l’operazione non fu rinviata.
L’Ammiraglio Toscano, Comandante della divisione, sul Da Barbiano, ebbe notizia dell’avvistamento perché il messaggio di scoperta del Cant Z, ritrasmesso dalla stazione radio di Cagliari, fu intercettato dal servizio RT della nave.
Non altrettanto sembra sia accaduto al comando del Di Giussano perché la nave, ancora in porto, non aveva aperto l’ascolto.
Vi fu, evidentemente, da parte di Supermarina, una poco appropriata valutazione della situazione. Nota la certa presenza in mare di una formazione avversaria con rotta collidente con quella che dovevano percorrere i nostri incrociatori, fra l’altro menomati, nella loro efficienza bellica dal carico trasportato, si poteva, non già annullare l’operazione la cui effettuazione era ritenuta indispensabile, a me di rimandare tutta la progettata operazione M 41, ma prendere alcune precauzioni che, (naturalmente ragionando con seno del poi) dovevano essere evidenti, quali rinforzare la scorta avanzata che fu invece affidata alla sola torpediniera Cigno, sfruttare la velocità degli incrociatori per abbreviare la traversata del Canale di Sicilia, rendere edotto della situazione il Comando Divisione perché fosse preparato alle eventualità di un incontro, abbreviare il percorso Egadi-Capo Bon senza fare la deviazione a nord-ovest che allungò la navigazione di oltre due ore e non servì ad evitare l’avvistamento da parte della ricognizione avversaria, se già alla sera del 12 i due incrociatori furono scoperti da un ricognitore “Wellington” che ne segnalò i movimenti a Malta ed alla Squadriglia di cacciatorpediniere anglo-olandesi.
Il calcolo che dava come risultato lo scarto di un’ora nell’incrocio fra le due rotte risultò fallace perché la Squadriglia “Sikk” appena avuta notizia della presenza in mare delle nostre navi, aumento la sua velocità a 30 nodi riguadagnando il breve lasso di tempo che la separava dalle nostre navi.
La navigazione della nostra formazione avvenne senza incidenti fino alle 02,45 del 13. Le navi marciavano a 23 nodi con la Cigno in testa a circa 2000 metri dal Da Barbiano seguito dal Di Giussano.
Alle 21,45 Supermarina segnalò al Da Barbiano “Possibile incontro con piroscafi in uscita da Malta – Nessun piroscafo nazionale aut francese su vostra rotta”. Alle 23,15 le unità mandarono la gente a posto di combattimento.
La navigazione continuò ancora indisturbata e tranquilla nella notte molto buia, nonostante fosse già sorta la luna, a causa dell’annuvolamento partico9larmente intenso all’orizzonte; l’acqua aveva però una notevole fosforescenza che descriveva attorno alle navi una zona di visibilità.
Quando la luna superò la cortina nuvolosa tutto l’ambiente si fece chiaro.
Alle ore 02,10 fu battuto il posto di combattimento generale.
Nell’assetto di combattimento notturno le navi avevano i cannoni carichi metà a granata e metà a palla e i motori di brandeggio in moto. Nelle riservette interne agli scudi dei complessi da 100/47 vi erano 8 colpi illuminanti e 2 a granata per pezzo. In particolare risulta che sul Di Giussano per aumentare la celerità dell’intervento, i pezzi da 100/47 erano stati dotati di cartucce a prima carica V.R.: (vampa ridotta) metà con codetta luminosa e metà senza; i colpi illuminanti erano invece pronti all’impiego, in numero di 24, in una riservetta presso il complesso da 100/47 n. 3.
Tutte le mitragliatrici avevano, oltre la normale dotazione, 8 caricatori di riserva pronti presso le armi.
Alle 02,45, a circa 7 miglia da Capo Bon, fu distinto, chiarissimo, il rumore di un aereo che sorvolava la formazione a bassa quota.
La Cigno segnalò con il Donat “Aerei sul mio cielo”.
Dopo pochi minuti le navi che erano giunte a circa 2 miglia dal faro di Capo Bon, accostarono per 157° per scapolare il Capo tenendosi a poco più di un miglio dalla costa ed entrando nel settore oscurato del faro che fino ad allora le aveva illuminate a tratti.
Da quel momento, erano le 03,15, le navi avrebbero dovuto riprendere la rotta 180° costeggiando la Tunisia, quando all’improvviso il Da Barbiano accostò a sinistra fino a invertire la rotta, seguito per contromarcia da Di Giussano che a fine accostata risultò alquanto scartato sulla dritta dell’incrociatore che lo precedeva.
La Cigno che era in testa, non avendo ricevuto l’ordine e non essendosi accorta della manovra degli incrociatori, proseguì sulla rotta 180° fino alle 03,25, quindi accostò anch’essa trovandosi così in coda alla formazione e molto distanziata.
Il motivo dell’improvvisa inversione di rotta ordinata dall’Ammiraglio Toscano non è stato mai chiarito dato che l’Ammiraglio e tutti i componenti del suo Stato Maggiore scomparvero quella notte.
Può essere che la certezza di essere stati ormai avvistati dagli aerei che avevano sorvolato la formazione, abbia fatto maturare nell’Ammiraglio la decisione di tornare indietro per non esporsi agli attacchi che sarebbero certamente stati lanciati contro di lui, ma in questo caso sarebbe stato più logico assumere la rotta verso le Egadi per abbreviare il percorso e non verso nord-ovest. Può essere anche che l’inversione di rotta fosse un espediente per disorientare il ricognitore, se ancora era in volo sul cielo della formazione, sulla reale rotta delle nostre navi, per poi riprendere il cammino verso Tripoli non appena si fosse allontanato.
In ogni caso la misteriosa manovra non abbreviò che di pochi minuti l’incontro con i cacciatorpediniere avversari.
Questi ultimi, anziché navigare a 28 nodi, come era nelle ottimistiche previsioni del nostro Stato Maggiore, già dal tramonto del 12, non appena ricevuta la comunicazione di scoperta dal ricognitore “Wellington” che aveva avvistato la nostra formazione dopo le Egadi, stavano navigando a 30 nodi per non mancare l’incontro con le nostre navi delle quali avevano previsto, con esattezza e fortuna, rotta e velocità che era poi quella segnalata con altrettanta esattezza dal “Wellington”.
Alle 03,00 del 13 i cacciatorpediniere erano già in vista di Capo Bon e delle unità italiane che in quel momento stavano doppiando il Capo.
Per qualche minuto la massa del Capo nascose il Da Barbiano ed il Di Giussano, alla vista dei cacciatorpediniere inglesi, poi, doppiato anche essi il Capo tenendosi molto sotto costa per confondersi con essa, la nostra formazione riapparve loro mentre invertiva la rotta e si avvicinava rapidamente.
Il Sikk, che conduceva la formazione, si tenne ancor più sotto costa per defilare contro bordo ai nostri incrociatori, seguito dall’Isaac Sweers, il Maori ed il Legion seguirono una rotta leggermente più allargata che li portava più vicino alle nostre navi. L’azione fu brevissima; il Sikk da 1000 metri lanciò 4 siluri sul primo incrociatore, il Da Barbiano, e ne mise due a segno; anche il Legion poco dopo lanciò tutti i suoi siluri contro il Da Barbiano mettendone a segno uno, mentre un altro, mancata la nave di poppa, andò a colpire il Di Giussano che lo seguiva e ne era parzialmente coperto non trovandosi esattamente in linea di fila, il Maori lanciò e sparò contro il Di Giussano, l’Isaac Swers si limitò a tirare con le sue artiglierie.
Mentre i CT inglesi si allontanavano dalle nostre navi mortalmente colpite, incontrarono la Cigno che tagliò la loro formazione, lanciò un siluro contro la nave più vicina e sparò a dritta e a sinistra contro le unità nemiche che defilavano velocissime. Poi le navi inglesi si allontanarono dalle acque dove avevano ottenuto una così fortunata e rapida vittoria e giunsero a Malta come era previsto.
Il Comandante Stokes fu decorato dell’Ordine del bagno “onorificenza inconsueta per un ufficiale del suo grado” dice Cunningham nelle sue memorie.
Sul Da Barbiano l’avvistamento del nemico avvenne quasi subito dopo l’accostata, ad opera del terzo DT, sulla controplancia. Subito dopo le unità nemiche furono anche avvistate dall’Ammiraglio e dal suo Capo di Stato Maggiore, Capitano di Vascello giordano in plancia ammiraglio. Gli ordini dati in successione furono: di aumentare alla massima forza, di trasmettere l’ordine “Vela 30” (velocità 30 nodi) al Di Giussano e infine di aprire il fuoco, dato per portavoce della plancia comando, sottostante a quella ammiraglia e per RT al Di Giussano.
Mentre si susseguivano questi concitati ordini il Sikk, giunto al traverso del Da Barbiano, defilando, di contro bordo e sparando con le mitragliere, aveva lanciato i suoi siluri.
Nella relazione del T.V. Raiani, aiutante di Bandiera dell’Amiraglio Toscano, si legge ““Dopo qualche istante il C.S.M. ha gridato nel portavoce “ha lanciato. Tutto a sinistra” ripetetendo ancora “aprite il fuoco”.
“L’unità ha accostato un poco a sinistra ma subito è arrivato il primo siluro a prora a sinistra determinando un primo sbandamento. Intanto tutta la nave era investita da un furioso fuoco di mitragliere e le codette luminose dei proiettili erano visibilissime. Subito dopo è arrivato un secondo siluro e numerosi colpi a bordo che hanno fatto esplodere il carico di benzina determinando un gigantesco incendio che avvolgeva tutta la nave. Il terzo siluro è giunto dopo brevi istanti.
“frattanto continuavo il furioso fuoco delle mitragliere e dei cannoni. Varie scariche hanno investito la plancia i cui vetri sono andati in frantumi. Una di esse ha colpito in pieno il C.V. Giordasno che ho visto abbattersi sul pagliolato. Non ho avuto l’impressione che l’ammiraglio fosse stato colpito perché egli è rimasto immobile nell’angolo sinistro della plancia””.
Il primo siluro aveva colpito il Da Barbiano verso prora all’altezza delle torri da 152, il secondo lo colpì al centro mettendo fuori uso le macchine e provocando la falla più grossa, il terzo lo colpì più a poppavia.
La nave fu messa immediatamente fuori combattimento perché mancò immediatamente l’energia e iniziò subito lo sbandamento. Soltanto le mitragliere di sinistra ebbero la possibilità di sparare qualche colpo prima che i colpi di mitragliera nemici, che spazzavano la coperta causando numerose perdite tra il personale che era alle armi, facessero esplodere i bidoni di benzina.
Mentre la gente cercava di mettersi in salvo, la nave sbandava sempre più rapidamente tanto che molti che si gettarono in mare per ultimi dissero, nelle loro relazioni, che la coperta era quasi verticale.
In pochi minuti il Da Barbiano si capovolse e affondò. Sul punto dell’affondamento continuò ad ardere un gran rogo che non si spense che al mattino; molti di coloro che si gettarono per ultimi non riuscirono ad allontanarsi dalla zona in fiamme.
Se il Da Barbiano non sparò neppure una salva prima di essere colpito, fu forse per un momento di esitazione del C.V. Rodocanacchi comandante della nave, perito anch’egli in quella notte, che temeva che l’ombra improvvisamente apparsa sulla sinistra fosse la Cigno. Una comprensibile esitazione perché al rapidissimo corso di quegli avvenimenti, e di notte, era difficile avere subito una visione esatta della situazione.
Se la Cigno avesse eseguito l’accostata ad un tempo assieme agli incrociatori, in quel momento avrebbe potuto trovarsi in quella posizione per riprendere il suo posto in testa alla formazione.
“Ho sentito che il Comandante Cavallini, 1° DT, riferiva al Comandante Rodocanacchi che le torri erano pronte, cariche e in punteria”, dice il G.M. Niccolini nella sua relazione “ma non si sparò”.
““Il Comandante Ghiselli urlò “perché non si spara?”. Il Comandante Rodocanaccchi era attaccato al portavoce che comunicava con l’Ammiraglio e gridava “Sopra! Ammiraglio!”. In quel momento giunse il siluro””. Nelle torri il claxon d’allarme era suonato alle 03,30 circa e il personale era tutto al suo posto pronto a far fuoco. Dice il T.V. Maniscalco, 2° D.T.: “Ho fatto subito seguire la punteria alla torretta ed ho sentito subito un vociare confuso nella torretta di comando posta sotto la torretta del 2° D.T.. Dall’A.P.G. del 2° D.T. non si è visto il bersaglio e neppure dalla punteria della torretta. Si seguivano solo a controindice le indicazioni della colonnina. Dopo pochi secondo ho sentito uno scossone violento; mentre aspettavo il rumore dei nostri cannoni che reagivano ho sentito un altro scossone più violento che ha fatto sussultare la nave. Siccome non sentivo ancora sparare, ho fatto aprire la porta della torretta ed ho fatto affacciare un sottufficiale che mi ha riferito che la nave era ferma, sbandata sulla sinistra e che affondava. Dopo altri 30 secondi ho sentito un altro scossone più lontano. Ho detto al personale di mettersi in salvo”
Anche sul di Giussano, l’avvistamento delle navi nemiche avvenne subito dopo l’accostata, anche se qualcuno aveva già notato delle sagome scure a dritta prima dell’accostata stessa.
I primi avvistamenti avvennero dalla plancia comando, dalla controplancia e dalla plancia mitragliere “Ombre di prora al Da Barbiano. Due, tre, quattro piroscafi”, forse pensando a quei piroscafi da Malta che Supermarina aveva preannunciato.
In quel momento il Da Barbiano si trovava spostato di circa 20° sulla sinistra del Di Giussano coprendolo rispetto ai cacciatorpediniere inglesi e il Di Giussano manovrava per riportarsi in linea di fila.
Il C.V. Marabotto, comandante dell’incrociatore, ordinò di passare in punteria sui bersagli che spuntavano sulla sinistra dietro il Da Barbiano e nello stesso istante giunse dalla nva ammiraglia, in chiaro l’ordine “Vela 30” che fu subito passato alle macchine che probabilmente non ebbero il tempo di eseguirlo.
Dopo una trentina di secondi si videro colpi di mitragliera partire dalle navi nemiche verso il Da Barbiano che subito dopo fu avvolto da una grande fiammata, si fermò e cominciò a sbandare. L’aver avuto qualche decina di secondi in più a disposizione, prima di essere investito dal fuoco avversario, servì al Di giussano per far partire tre salve con le torri di prora e due con le torri di poppa. Anche i complessi da 100/47 e le mitragliere di sinistra spararono alcuni colpi e a bordo si ebbe l’impressione di aver messo qualche colpo a segno perché si vide una fiammata ed una esplosione su brandeggio 300° a 1500 metri circa. Si trattò evidentemente solo di una impressione, perché da notizie successive le navi inglesi non riportarono danni importanti dalla breve azione di fuoco.
Il Di Giussano tentò un’accostata a sinistra per presentare la prora ai siluri che si avvicinavano, ma impedito dal Da Barbiano ormai fermo dovette rimettere barra al centro ed un siluro passato di poppa al Da Barbiano, lo colpì a mezza nave.
Immediatamente il timone si immobilizzò, le comunicazioni mancarono, le torri cessarono il fuoco e la nave sbandò di 15° sulla sinistra. Non erano passati più di due minuti fra l’avvistamento e il siluramento.
Il siluro colpì la nave nel locale caldaie 5 e 6 causando la rottura dei collettori di vapore e provocando l’arresto delle macchine e delle turbodinamo. Subito si sviluppò un violento incendio nel locale macchina di prora dovuto forse a qualche colpo nei depositi nafta o al cedimento della paratia con il locale caldaie.
Le fiamme invasero il locale e uscirono con violenza in coperta attraverso l’osteriggio, ma non vi fu incendio del carico di carburante.
Lo squarcio nello scafo causato dal siluro, e probabilmente anche dall’esplosione delle caldaie, dato che le lamiere contorte erano rivolte verso l’esterno, e l’allagamento subito ordinato del deposito munizioni centrale fecero entrare nello scafo una grande massa d’acqua che compromise la resistenza delle strutture della nave che dopo essersi immersa rapidamente fino ad un metro dalla coperta con un certo sbandamento sulla sinistra, si spezzò al centro.
La prora e la poppa si sollevarono dall’acqua, poi i due tronconi discesero lentamente verso il fondo, la prora quasi verticalmente tanto che qualcuno pensò che avrebbe toccato il basso fondale rimanendo in parte fuori.
Tra il siluramento e l’affondamento trascorse poco più di mezz’ora. Alle 04,20 il Di Giussano era scomparso.
L’ordine di abbandonare la nave fu dato 10-15 minuti dopo il siluramento quando la nave, essendo vani i tentativi di domare l’incendio e di ristabilire la galleggiabilità dello scafo, fatti dal personale sotto la guida del Comandante in 2^ C.F. Morisani e dal Direttore di macchina Magg. G.N. Cingano – scomparso poi nell’affondamento – era ormai da considerarsi perduta.
Durante il breve scontro a fuoco il Di Giussano era stato colpito anche da due proiettili da 120, di cui uno esplose contro la frigoria del deposito munizioni centrale, e da numerosi colpi di mitragliera che avevano provocato morti e feriti. Il complesso da 100/47 di sinistra fu messo fuori uso, dopo il siluramento, dal cedimento del basamento.
La Cigno fu impotente testimone della tragedia.
Rimasta distaccata dagli incrociatori per l’improvvisa inversione di rotta, vide chiaramente il siluramento dei due incrociatori, gli incendi sviluppati, il brevissimo combattimento del Di Giussano. Alle 03,25, quando il duello delle artiglierie era cessato, avvistò, a 10°-15° dalla prora, una unità velocissima che avanzava di controbordo.
Dopo averla individuata per nemica accostò contro di essa e lanciò un siluro, sparando con i cannoni e le mitragliere. Contemporaneamente altre unità passarono a dritta della Cigno, che si era incuneata in mezzo alla formazione avversaria.
Lo scambio di colpi di cannone e di mitragliatrice non causò danni particolari; data l’estrema rapidità dell’azione il puntamento fu sommario.
La Cigno ricevette alcuni colpi di mitragliera a poppa ed ebbe qualche ferito; gli inglesi non riportarono danni anche se, come sempre accade, la Cigno ebbe la certezza di aver colpito due o tre volte il primo cacciatorpediniere avvistato che, secondo quanto è scritto nella relazione del Comandante, portava la sigla H64. Evidentemente si trattava di un errore dovuto al brevissimo tempo in cui la sigla fu visibile ed alla confusione del momento; la sigla H 64 apparteneva infatti alla Duchess, affondato nel dicembre 1939. Si trattava forse del Legion che aveva la sigla F 74 o del Maori che aveva la sigla F 24.
La gente del Da Barbiano ebbe poco tempo per mettersi in salvo. Solo pochi zatterini (Carley) furono messi a mare ed i naufraghi, spesso sprovvisti di salvagente, si trovarono nell’acqua gelida aggrappati a qualche rottame.
Basta riportare due brani della relazione dei sopravvissuti per comprendere la loro tragedia.
Ecco cosa diceva il S.T.V. Figari ““Mi sono avvicinato ad una zatterina di legno tipo De Bonis da 12 persone. Vi si trovavano aggrappate una quindicina di persone e sono rimasto anch’io con loro ……. Nuotando ci siamo allontanati con lo zatterino per non essere travolti dalle fiamme. Intanto, a causa del freddo, ogni tanto qualche marinaio si abbandonava, reclinava la testa e lasciava la presa.
“Alle 08,30 passa nelle vicinanze la torpediniera Cigno che sta raccogliendo naufraghi e ci dice che verrà anche da noi. Intanto eravamo rimasti in sette. Finalmente alle 11,30 circa siamo stati salvati da un MAS che ci portò sulla torpediniera. Eravamo ancora tre persone””
Ed ecco un brano della relazione del Ten. Crem Bardi ““Dopo circa trenta minuti che mi trovavo in mare vidi l’albero di una imbarcazione di bordo e mi afferrai. In breve la gente attaccata all’albero salì a 8 persone di cui il fuochista Urlara che invocava soccorso e visto che era sprovvisto del salvagente gli diedi il mio e tanto bastò per farlo tornare alla calma ed alla fiducia. Dalle ore 5 alle 06,30 molti attaccati all’albero si abbandonarono. Rimanemmo in due, io ed il fuochista Urlara. L’incendio si estinse all’alba”.
Molti raggiunsero nuotando la costa non lontana. Sulla spiaggia di Keliba furono raccolti una cinquantina di naufraghi di cui 4 feriti, altri 25 a Ras Hauria e tre feriti a Ras Adar. Molti, anche, perirono nel tentativo perché deboli, feriti o poco resistenti al nuoto. “Durante il mio percorso verso la costa ho incontrato il 2° capo Cipriani che i disse che era stato ferito ad una spalla ed il S.C. Della Pasqua che però non era ferito e mi chiese quanto la costa era lontana” narra il G.M. Niccolini: “Ci chiamavamo per tenerci vici finché il Cipriani non dette più alcun segno e successivamente anche l’altro””.
L’Ammiraglio Toscano non fu più visto dopo che la sua nave affondò. Dalla relazione del S.C. Vincenzo Antro possiamo immaginare quali fossero gli ultimi momenti della sua vita: ““Mentre imboccavo l’ultima scaletta che immetteva in coperta sentii la sua voce fioca di persona sofferente, mi avvicinai e riconobbi l’Ammiraglio che mi diceva: “Aiutami sono ferito” – e stava faticosamente in piedi aggrappato con una mano alla ringhiera della plancetta. Nei pressi non c’era nessuno. Mi prodigai a soccorrerlo, lo presi sulle spalle e riuscii a stento a portarlo nei pressi dell’hangar. Dato lo stato in cui si trovava doveva essere ferito gravemente. Corsi a prora per cercare aiuto e una zattera ma non trovai né zattera né persone che potessero aiutarmi. Tornai presso l’Ammiraglio nell’intento di essergli di qualche utilità ma per l’oscurità fitta per l’intenso sbandamento ogni sforzo riuscì inutile. L’Ammiraglio non poteva assolutamente muoversi perché versava in gravissime condizioni. Riuscì appena ad articolare queste parole – “Lasciatemi qui, salvatevi”. – Solo allora decisi di gettarmi in mare””.
Anche il Comandante della nave C.V. Giorgio Rodocanacchi non fu più visto dopo che ebbe dato il suo salvagente al S.C. Bettini che ne era sprovvisto.
L’affondamento del Di Giussano avvenne più lentamente e vi fu tempo di mettere a mare gli zatterini, di lanciare fuori bordo materiale galleggiante e soprattutto di ammainare la lancia di sinistra che, col Comandante a bordo, riuscì a raccogliere moltissimi naufraghi portandoli sulla Cigno o a terra, prodigandosi alla ricerca fino a mattino inoltrato. La lancia di dritta invece, che sarebbe stata pure utilissima, non fu ammainata per l’inclinazione già assunta dalla nave e per errori e confusione del personale, soprattutto quello di passaggio, che vi si affollava intorno. Nel salvataggio del maggior numero di naufraghi ebbe gran parte la Cigno che nella notte e per tutto il mattino fino a quando, alle 14,00 abbandonò le ricerche non essendovi più nessuno in mare riuscì a recuperare oltre 500 superstiti.
Durante la notte la sua opera fu ostacolata da aerei nemici che sorvolavano la zona lanciando bengala obbligando la torpediniera a manovrare, a distendere cortine fumogene e a reagire con armi di bordo.
A collaborare alle operazioni di salvataggio dalla Sicilia giunsero la torpediniera Sirtori, alcuni MAS e un idrovolante Cant Z 506 che, ammarando, salvò due naufraghi.
Le autorità francesi della costa tunisina e le popolazioni locali, da parte loro, fecero quanto possibile per aiutare i naufraghi che giunsero sulla costa a nuoto, con zatterini o con la lancia del Di Giussano.
PERDITE UMANE NELL’AFFONDAMENTO DEGLI INCROCIATORI
“DA BARBIANO” E “DI GIUSSANO”
“DA BARBIANO” |
||||
|
Caduti |
Dispersi |
Feriti |
Incolumi |
Personale presente a bordo il 13 dic. 1941 compreso il personale del Comando Divisione e 81 ufficiali e militari di passaggio: Ammiraglio 1 Ufficiali 43 Sottufficiali 121 Sottocapi e comuni 606 Militarizzati e personale aeronautica 13
|
1 5 18 52 2 |
-- 18 71 360 7 |
-- 4 8 40 1 |
-- 16 24 154 3 |
TOTALE 784 |
78 + |
456 |
53 + |
197 |
|
|
534 |
|
250 |
“DI GIUSSANO” |
||||
|
Caduti |
Dispersi |
Feriti |
Incolumi |
Personale presente a bordo il 13 dic. 1941 compresi 54 ufficiali e militari di passaggio: Ufficiali 32 Sottufficiali 113 Sottocapi e comuni 562 Militarizzati e personale aeronautica 13
|
2 4 20 -- |
14 56 180 7 |
2 1 9 -- |
14 52 454 6 |
TOTALE 720 |
26 + |
257 |
12 + |
425 |
|
|
383 |
|
437 |
AVVENIMENTI SUCCESSIVI RELATIVI ALL’ATTIVITA’ DEL “BANDE NERE” FINO ALL’AFFONDAMENTO DELL’UNITA’
Dopo l’affondamento dei due incrociatori della IV Divisione, la missione analoga che avrebbe dovuto compiere il Bande nere fu definitivamente rimandata.
La nave sbarcò la benzina imbarcata e, lasciata Palermo alle ore 00,10 del 15 dicembre, per rotte costiere e scortata dalla torpediniera Climene, giunse a Messina alle 08,24 ormeggiandosi al pontile Etiopia. Nella stessa mattinata sbarcò la rimanenza del suo carico in viveri. L’unità passò temporaneamente alle dipendenze dell’VIII Divisione.
Ordine di imbarcare viveri e quindi di sbarcarli nuovamente.
Ordine di imbarcare materiali e militari per trasportarli a Tripoli. Ordine revocato la sera stessa.
Il Bande Nere facente parte ora dell’VIII Divisione entra a far parte della 2^ Squadra.
Il mattino del 30 giunse a Messina il Principe ereditario che salì a bordo del Gorizia, poco più tardi giunse a Messina il Maresciallo Goering che andava ad ispezionare le basi tedesche in Sicilia. Il 31 il Principe visitò il Bande Nere poi i due personaggi ripartirono salutati dagli equipaggi schierati delle navi presenti.
In gennaio le nostre truppe in Libia, dopo aver ripiegato fino ad El Ageila passarono alla controffensiva ricacciando l’VIII Armata britannica fino allo stretto di Ain-el-Gazala. Per alimentare l’offensiva occorrevano sempre maggiori quantità di rifornimenti. L’offensiva aerea su Malta e la perdita di navi subita dagli inglesi nel mese di Dicembre (la flotta inglese nel Mediterraneo Orientale era ridotta a 6 incrociatori leggeri ed una dozzina di CT), avevano volto a nostro favore le condizioni del traffico con la Libia tanto che nel mese di gennai oi materiali destinati oltre mare giunsero quasi tutti a destinazione.
La neutralizzazione di Malta in particolare ebbe effetti molto positivi per la sicurezza dei nostri traffici.
In occasione del passaggio del convoglio K 7, nessun aereo riuscì a decollare da Malta; gli attacchi che questo convoglio subì, furono condotti da aerei che avevano le loro bassi nei più lontani aeroporti egiziani.
L’operazione K 7 prevedeva il passaggio di due convogli di 3 navi ciascuno, uno proveniente da Messina ed uno da Corfù. La scorta a distanza era formata dalla corazzata Duilio con 4 CT e dagli incrociatori Gorizia, Trento, Bande Nere con 3 CT.
La Divisione Gorizia lasciò Messina alle ore 18,30 del 21 febbraio (il Bande Nere alle 17,30) e accompagnò il convoglio sino all’inizio della rotta costiera per Tripoli, invertendo la rotta alle 10,30 del 23 per rientrare a Messina alle 12 del 24 (il Bande Nere alle 13,05).
La scorta aerea costituita prevalentemente da velivoli tedeschi con base in Sicilia, operò con efficacia inconsueta per le nostre navi. Gli inglesi tentarono di portare degli attacchi aerei che furono respinti dalla efficientissima caccia tedesca.
La navigazione di un convoglio di 4 piroscafi inglesi verso Malta, scortati da 4 incrociatori leggeri e 17 cacciatorpediniere al comando dell’Ammiraglio Vian, dette origine ad un’azione di contrasto effettuata dalle nostre Forze navali che portò ad una confusa azione di fuoco nel pieno di una burrasca di scirocco, nota come 2^ battaglia della Sirte.
Il bande Nere partecipò all’operazione in una formazione piuttosto eterogenea composta dal Gorizia, dal Trento e dal Bande Nere stesso, scortati da 4 cacciatorpediniere.
L’incrociatore salpò da Messina alla mezzanotte ma dovette attendere quasi un’ora il Gorizia che a causa del fortissimo vento aveva difficoltà a lasciare gli ormeggi.
Alla stessa ora era partita da Taranto la corazzata Littori con 4 cacciatorpediniere. Alle 07,30 il Gorizia catapultò un aereo che dovette però subito rientrare a Siracusa per avaria al motore.
Alle 08,16, quindi, fu catapultato l’aereo del Bande Nere che dopo aver esplorato a 100 miglia verso sud-est, senza nulla avvistare rientrò ad Augusta.
L’avvistamento delle navi nemiche già segnalato da aerosiluranti e da bombardieri della 2^ CAT e da un ricognitore lanciato dal Trento, avvenne, per il gruppo Gorizia intorno alle 14,20 e, in particolare, dal Bande Nere, alle 14,22, furono avvistati due piroscafi e alcune navi da guerra nemiche.
Occorre ricordare che le condizioni del tempo erano in continuo peggioramento. Il forte vento da scirocco aveva fatto montare il mare a forza 5, tanto che per far diminuire il tormento, soprattutto dei cacciatorpediniere, l’Ammiraglio Parona comandante del gruppo Gorizia aveva dovuto ridurre la velocità a 28 nodi.
Le condizioni di visibilità erano a tratti confuse perché il cielo era coperto da nuvole basse. L’azione di fuoco frammentata in diversi episodi e assai confusa iniziò alle 14,35, a distanza di 21.700 metri dal nemico, cessò alle 14,43, riprese dalle 14,53 alle 15,13, poi dalle 16,45 (il gruppo Gorizia si era ricongiunto con il gruppo Littorio) alle 17,11, quindi dalle 18,30 alle 18,39 ed infine dalle 18,48 alle 18,46.
L’unico colpo a segno da parte delle nostre navi sugli incrociatori inglesi è da attribuire al Bande Nere. Un proiettile da 152, alle 16,44, raggiunse il Cleopatra, la nave di bandiera dell’Ammiraglio Vian. Il proiettile esplose all’angolo destro del ponte di comando uccidendo 15 uomini. Anche il tiro inglese fu ben centrato anche se non fortunato; nella prima fase del combattimento il Bande nere fu centrato dalle salve inglesi del Cleopatra e dell’Eurialus che sparavano da 19.000 metri ma non fu colpito.
A bordo delle nostre navi caddero però schegge di proiettili esplosi molto vicino. D’altra parte il mare grosso, le condizioni di visibilità in continuo peggioramento e le cortine di nebbia stese in continuazione dalle navi inglesi per coprire il convoglio ed occultare i loro movimenti resero molto difficile il puntamento.
Il mare grosso al traverso se causava un notevole rollio delle nostre navi, causava degli sbandamenti paurosi, fino a 27°, al Bande Nere a causa della nota instabilità di queste navi.
Lo scontro cessò poco prima delle 19,00 per la sopravvenuta oscurità. La nostra formazione riprese rotta a nord, verso le nostre basi in linea di fila con i cacciatorpediniere in scorta laterale ravvicinata.
Nonostante la velocità ridotta il Bande Nere che ballava in modo tale da correre pericolo di ingavonarsi, alle 19,48 chiese libertà di manovra per seguire la rotta 60° con la quale riusciva a tener meglio il mare.
Pochi minuti dopo l’Ammiraglio Jachino comandante della nostra Squadra, ordino di accostare per 25° e di ridurre la velocità a 20 nodi; alle 20,26, modificò la rotta in 10° e due minuti dopo autorizzò il Bande Nere a seguire la rotta che aveva in precedenza proposta, finché fosse necessario per lo stato del mare.
L’unità navigò nella notte nel mare giunto alla massima violenza, ed arrivò a Messina, con difficoltà alle 13,00 del giorno 24.
Anche le altre unità ebbero serie difficoltà a rientrare separatamente alle basi, soprattutto i cacciatorpediniere.
Come è noto, in quell’occasione, per la violenza della tempesta andarono perduti i due cacciatorpediniere Lanciere e Scirocco.
1° APRILE 1942 – AFFONDAMENTO DEL “BANDE NERE”
Il 1° aprile 1942, alle ore 06,00, il Bande Nere con la scorta dei cacciatorpediniere Aviere e Fuciliere e, per un tratto più breve, della torpediniera Libra lasciò Messina diretto a La Spezia dove doveva seguire i periodici lavori di grande manutenzione.
La formazione era sorvolata da un aereo Cant Z 501 in funzione antisommergibile. Fuori delle ostruzioni la Libra comunicò di avere l’ecogoniometro in avaria e subito il Fuciliere comunicò di avere la macchina di dritta bloccata. Il Comandante superiore in mare, il C.V. Ludovico Sitta del Bande Nere, dette facoltà al Fuciliere di rientrare a Messina, ordinando al Libra di rimanere di scorta fino a Napoli. Alle 08,30 la formazione di fronte con Bande Nere al centro, Aviere sulla sinistra e il Libra sulla dritta distanziati di meno di un miglio.
Alle 09,00, a 8 miglia a sud-est di Stromboli, mentre le navi avanzavano con un andatura di 18 nodi, non zigzagando, in un mare leggermente mosso (forza 3) che rendeva difficoltoso, da bordo, l’avvistamento di scie di siluri il Bande Nere fu colpito sulla sinistra al centro da un siluro lanciato da brevissima distanza dal sommergibile inglese Urge che si trovava nello spazio compreso fra l’Aviere e l’incrociatore. Lo scoppio provocò l’allagamento del locale caldaie 5 e 6 e infiltrazione di acqua nelle zone adiacenti che causarono un lieve sbandamento della nave.
Subito dopo la nave fu colpita un poco più a proravia da un secondo siluro a cavallo fra la zona 6 e 7 (maccina di prora) e si spezzò in due mettendo subito, al, la coperta sott’acqua mentre i due tronconi si impennavano in alto. In pochi secondi il troncone di prora, quasi verticale, ma girato sulla sinistra e quello di poppa pure esso verticale si infilavano in mare e scomparivano.
Nella relazione del Comandante Sitta si legge: ““Dopo l’arrivo del primo siluro ordino alle macchine di arrestarsi, ma subito dopo un secondo siluro colpisce la nave un poco a proravia del primo. L’esplosione squarcia il bastimento in due parti e la coperta al centro va subito sott’acqua. Ho dato ordine di buttare a mare le zattere per l’abbandono del bastimento. Credo che l’ordine abbia potuto essere eseguito solo parzialmente per l’impossibilità di poterne sganciare qualcuna data la rapidità dell’affondamento.
“Il troncone di prora si è sbandato sulla sinistra e quando l’ala di plancia era a circa tre metri dal mare insieme ad alcuni marinai che si trovavano vicino a me, ci siamo buttati in acqua. A poca distanza da noi cadevano congegni della direzione del tiro. Non appena buttatici a mare, il troncone di prora assumeva rapidamente una posizione verticale e si inabissava quasi contemporaneamente a quello di poppa.
Il tempo trascorso tra il siluramento e la scomparsa della nave, è stato, secondo il mio apprezzamento, non più di tre minuti””.
Subito dopo l’affondamento il Libra iniziava a soccorrere i naufraghi mentre l’Artigliere eseguiva infruttuosamente una caccia antisommergibili scaricando le sue bombe a distanza della zona del naufragio per non causare vittime fra gli uomini in mare.
Durante questa fase avvistò le scie di altri due siluri segno che il sommergibile nemico si manteneva ancora in zona.
Su 772 componenti dell’equipaggio del Bande nere ne furono salvati 391. Perirono nel sinistro 16 ufficiali, 57 sottufficiali, 295 sottocapi e comuni, 5 militarizzati e 8 militari dell’Aeronautica.
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Con l’affondamento del Bande nere tutte le unità della classe avevano raggiunto il fondo del mare. Il loro contributo alla guerra era stato limitato a causa delle deficienze loro attribuite. Molto probabilmente quelle unità sarebbero state molto più utili alla Marina se avessero subito, negli anni precedenti il conflitto, la progettata trasformazione in unità antiaeree, cosa che invece hanno fatto gli inglesi con apprezzati risultati sulle loro unità classe C (Caledon classi Ceres, Capetown, Delhi) ben più anziane perché costruite fra il 1916 e il 1919.