LA SPERONARA

 

La speronara era un tipo di naviglio usato principalmente dai siciliani e dai maltesi. Hennique, nel 1882, scriveva che questi legni erano di costruzione esclusivamente maltese; ma, poiché egli descriveva speronare di proprietà di armatori tunisini, è probabile che questa informazione si riferisse alle speronare tunisine.

Vi erano 21 speronare in Sicilia, secondo una statistica ufficiale del Regno delle due Sicilie del 1859; di queste, 11 erano nel compartimento di Siracusa, e 4 in quello di Messina. Nel 1867 la statistica del Regno d’Italia ne riporta 35, di cui ben 30 a Porto Empedocle. Nelle statistiche ufficiali successive al 1872, la speronara non compare più, ma dobbiamo guardarci bene dal credere che essa fosse sparita dai nostri porti. La causa della sparizione è invece un colpo di mano burocratico, che brevemente descriveremo: tutte le imbarcazioni da commercio o da diporto che uscivano dalle acque nazionali dovevano essere in possesso dell’”atto di nazionalità”, una specie di libretto di navigazione, nel quale, fra l’altro, veniva specificato il tipo dell’imbarcazione. Nel 1872, appunto, venne regolata per Regio Decreto “la denominazione dei tipi di bastimenti a vela” ai fini della concessione dell’”atto di nazionalità”. Dopo questa data, insomma, negli atti di nazionalità le imbarcazioni vennero denominate solo in base ai tipi previsti nel Regio Decreto sopra detto, che erano 20 in tutto. Si pensi che la statistica siciliana del 1859 comprendeva 33 tipi di navi e barche solo per la Sicilia, e che in rappresentanza della marineria adriatica, ricchissima di tipi, nel Regio Decreto compare – incredibilmente – il solo trabaccolo. Poiché le statistiche ufficiali erano basate sui registri, tenuti nei singoli porti, degli atti di nazionalità concessi, si può concludere che esse, dopo il 1872, debbono essere interpretate con molta prudenza, espressione gentile per significare che esse divennero in buona parte prive di significato. Il sopruso burocratico sopra descritto non sorprenderà probabilmente chi per personale esperienza sa che molti nostri uffici pubblici sono istituiti e tenuti in vita principalmente per erogare stipendi, e che i loro regolamenti sono concepiti in primo luogo in vista delle comodità degli stessi funzionari che li sottopongono all’approvazione delle autorità responsabili. Probabilmente ai piccoli armatori italiani dell’epoca sembrò anzi di dover essere grati, che i legni non compresi nella tipologia ufficiale potessero ancora veleggiare, sia pure sotto falsa denominazione, e non fossero condannati alla demolizione. Tornando alle notizie storiche raccolte sulla speronara, la menzione più antica risale al Pantera, dunque all’inizio del 1600; questo uomo d’armi, capitano di galere pontificie, nel suo trattato sulla marineria militare, trova la speronara degno di menzione, e non la attribuisce ad un’area determinata, e da questo possiamo dedurre che forse la sua diffusione fosse maggiore delle sole acque siciliane e maltesi. Il Guglielmotti la definisce “comunissimo legnetto delle coste siciliane e calabresi”. Esistono numerose testimonianze di autori dell’Ottocento, comunque, che attestano che in quell’epoca la speronara era usata particolarmente dai maltesi. Gli autori antichi concordano nell’attribuire alla speronara ottime qualità nautiche, essendo specialmente ragguardevole la velocità. Hennique, anzi ci informa che, certo in considerazione di quest’ultimo aspetto, la speronara era usata dai Maltesi soprattutto per il contrabbando, “mestiere tenuto da loro in grande onore”. Deve restare insoddisfatta la nostra curiosità sul punto, se i siciliani ed i calabresi non fossero capaci di usare le loro speronare per lo stesso mestiere.

A parte lo strano sperone (o tagliamare) questa barca si distingueva per una carena piuttosto affilata, e per la costruzione relativamente leggera.

Le dimensioni degli esemplari misurati da Hennique andavano da 14 a 15,5 metri di lunghezza, con un rapporto lunghezza-larghezza di 3,5:1 ed un pescaggio a pieno carico di 1,20 metri, mentre da scarica la barca pescava appena mezzo metro (forse uno dei motivi per cui i contrabbandieri maltesi la preferivano ad altre barche). In sezione la carena ha una parte piana e le murate svasate, un tipo di sezione che ricorda quello delle galee.

Molte congetture sono state fatte circa la funzione dello strano tagliamare delle speronare, ma sono tutte riconducibili a due tesi, che si tratti cioè di un elemento ornamentale o di un rinforzo della prora. L’elemento ornamentale, in queste barche, era fortemente presente, e non solo per la vivace coloratura. La ruota di prora era continuata fino a notevole altezza, ed anche quella di poppa proseguiva in un ritto, sebbene non altrettanto elevato. La poppa era a spigolo, ma nelle speronare più grandi vi era una sovrastruttura, formata dalle impavesate e da uno specchiodi poppa, e la coperta era continuata da un carabottino, simile a quello degli sciabecchi. Altra caratteristica delle speronare era una tuga che occupava buona parte della coperta verso poppa e serviva da riparo per l’equipaggio, formato da quattro-cinque uomini. La stessa tuga dal tetto ad arco, costituito probabilmente da tela catramata, si ritrova in un battello rappresentato in un’incisione del Bayard (verso il 1820) e ivi definito “speronara messinese”. Questo battello ha infatti tutte le caratteristiche della speronara, ad eccezione proprio dello sperone (o tagliamare) che saremmo altrimenti indotti a considerare tipico. Questo naturalmente ci rende molto infelici, perché ci fa sorgere il sospetto che quella forma, rilevabile principalmente dagli schizzi di Hennique, fosse presente solo nella versione maltese. Un altro elemento di cui non sappiamo con certezza se fosse presente di regola sulle speronare sono le falchette (quelle tavole che potevano essere inserite in appositi alloggiamenti sui bordi delle barche per elevare un poco le impavesate per esempio in corrispondenza degli scalmi per i remi). Bayard le riporta, e così anche Bonnefoux e Paris in una illustrazione, peraltro molto schematica.

Le speronare erano attrezzate con uno, due o tre alberi a vela latina, e potevano portare uno o più fiocchi. Bonnefoux e Paris, per la verità, mostrano la loro speronara attrezzata con una singola vela a tarchia, ma non crediamo veramente che questa fosse un’attrezzatura frequentemente adottata da queste barche.

La costruzione leggera permetteva di alarla in secco con relativa facilità. A questo scopo, essa era munita su ambedue i bordi di bande in ferro, postate sulle cinte di rinforzo del fasciame e fortemente imperniate nella struttura dello scafo, che portavano i ganci di alaggio.

L’impiego di queste barche sembra fosse il trasporto di merci, passeggeri e posta su piccole distanze, mentre nessun autore ne ricorda l’impiego per la pesca. Ai nostri giorni, Rocco Scisci ha rintracciato due piccole speronare catanesi, molto ornate di pitture alla maniera tradizionale, ed apparentemente in buono stato. In questi esemplari, il tagliamare “alla maltese” è ancora presente, sia pure con dimensioni ridotte, ma compare anche un vero e proprio sperone alla maniera delle galee, che non sembra esistesse nei tempi antichi.

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